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S. Alfonso Maria de Liguori
Istruzione e pratica pei confessori

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Punto VII. Della riserva dei casi.

128. La riserva è restrizione di giurisdizione.

129. Gl'ignoranti non sono scusati dal caso, ma sì bene dalla censura. Differenza tra' casi papali e vescovili.

130. Chi possa riservare ecc. De' casi de' regolari.

131. Della riserva ingiusta; e se il superiore assolvendo possa rimettere per li non riservati ecc.

132. Se i peccati veniali, o interni, o non consumati, ecc.

133. Quando l'inferiore possa assolvere, ecc.

134. Se si nega ingiustamente la facoltà ecc. Se si nega dal prelato regolare.

135. De' pellegrini, quando il caso è riservato solo fuori; o solo nella patria.

136. Come s'intende, in fraudem reservationis.

137. Se chi pecca nella patria possa assolversi fuori, da chi ha la facoltà.

138. Se può esser assoluto nella patria chi pecca fuori. E se chi pecca nella patria, possa essere assoluto fuori dalla censura. E se peccando fuori incorra la censura ivi riservata.

139. Chi riceve in buona fede l'assoluzione dal semplice confessore.

140. Chi si scorda del riservato col superiore ecc.

141. Se per la confessione nulla col superiore ec.

142. Se il semplice possa assolvere il dubbio riservato.

143. Chi dopo la confessione conosce per certo il riservato.

144. Chi pecca in confidenza della licenza.

145. Se la licenza si stenda a' peccati fatti dopo quella.

146. Delle facoltà de' vescovi e de' regolari rimessivamente.

128. La riserva de' casi si definisce comunemente: Est negatio iurisdictionis circa aliquod peccatum. Quindi si noti per 1. esser comunissima la sentenza con Sanchez, Castropal., Holzm., Tamburr., Wigandt, Concina, Antoine, Fagnano, Croix, ed altri (contra Roncaglia, Salmat., Ciera ec.), che gl'ignoranti non sono scusati dalla riserva ancorché invincibilmente l'avessero ignorata; perché la riserva non è pena che


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riguarda i peccatori, come suppongono i contrari, ma è restrizione di giurisdizione, che direttamente riguarda i confessori; e ciò chiaramente apparisce dal tridentino1, che parlando de' riservati, dice: Nullius momenti absolutionem esse debere quam sacerdos in eum profert, in quo ordinariam aut subdelegatam (nota) non habet iurisdictionem. Onde si conclude ivi in fine, che sacerdotes nihil possint in reservatis. vale il dire co' Salmaticesi e Roncaglia, che quantunque la riserva direttamente riguardi i confessori, e limiti la loro facoltà, nondimeno il fine della riserva riguarda direttamente i sudditi, acciocché si astengano dalle colpe riservate; ond'è che cessando il fine adequato negli ignoranti, cessa ancora la riserva. Perché si risponde, che il fine della riserva non è solo, affinché i fedeli si guardino da' riservati, ma ancora (come ben dicono Fagnano, ed altri), affinché i caduti ricevano le convenienti penitenze, ammonizioni, e rimedi, che non conviene applicarsi da altri che da' superiori, i quali sempre sono stimati più prudenti ed esperti, siccome sta espresso dallo stesso concilio: Patribus nostris visum est, ut atrociora crimina non a quibusvis, sed a summis dumtaxat sacerdotibus absolverentur. Dal che si deduce evidentemente, che anche negli ignoranti non cessa il fine adequato della riserva2.

129. Da ciò si deduce in conseguenza, come ancora dicono comunissimamente gli autori citati per la nostra sentenza, che anche ne' casi da' vescovi riservati a' quali è annessa la censura, sebbene gl'ignoranti della censura sieno scusati perché in essi manca la contumacia necessaria per incorrer la censura, nulladimeno non sono scusati dalla riserva; poiché questa è la differenza tra' casi papali e vescovili, che i papali (eccetto due che si trovan riservati senza censura, cioè l'accusa di sollecitazione contro d'un sacerdote innocente, come si ha nella bolla, Sacramentum, di Benedetto XIV., e 'l ricevimento de' doni da' religiosi, come si disse al c. XIII. n. 8. in fin.), tutti gli altri casi papali son riservati principalmente per la censura. E perciò gl'ignoranti sono scusati da quelli circa la riserva, come insegnano comunemente Suarez, Castropal., Sanchez, Laym., Molina, Gaet., Gonet, Wigandt, Abelly, Salmat., Croix, Ciera, Viva, ec. (contro il p. Conc. che solo trovo contrario); mentre l'ignoranza certamente scusa dalla censura, come diremo al cap. XIX., e come sta espresso nel cap. 2. de constit. in 6.3. All'incontro ne' casi vescovili, perché principalmente si riserva il peccato (benché vi s'ingiunga la censura) perciò gl'ignoranti, siccome non sono esenti dal peccato, così neppur dalla riserva, mentre, come si è detto, per ragion della riserva su quel peccato è tolta affatto al confessore la giurisdizione4.

130. Si noti per 2. che possono riservare i casi tutt'i superiori che hanno la potestà ordinaria, come sono il papa, i vescovi, i prelati delle religioni, ed anche quel che hanno la potestà quasi episcopale, siccome ha dichiarato la s. c. del concilio appresso Fagnano; ma non già i parrochi; poiché ad essi almeno dalla consuetudine è stata abrogata questa facoltà5. Si è detto che i prelati delle religioni possono anche riserbare i casi, ma, come stabilì Clemente VIII., solamente undici possono riservarne e non più, senza il consenso del capitolo generale, per tutta la religione, o del provinciale per la provincia. I casi furono poi determinati da Clemente, e questi sono 1. L'apostasia. 2. L'uscita notturna e furtiva dal monastero. 3. Il sortilegio. 4. Il peccato mortale contro la povertà. 5. Il furto mortale delle robe del monastero. 6. Il peccato carnale consumato coll'opera. 7. Lo spergiuro in giudizio. 8. La cooperazione all'aborto di feto animato. 9. La percussione grave di qualunque persona. 10. La falsificazione della mano o del sigillo degli officiali del monastero. 11. L'impedimento


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o l'apertura delle lettere de' superiori a' sudditi, ed e converso. Se poi i prelati possano metter la censura sopra qualche altro caso, senza riservarlo, l'afferma Busemb., ma più comunemente e più probabilmente lo negano Lugo, Sanchez, Diana ed Holzm.1. E di ciò il continuatore di Tournely2 ne adduce un decreto della s. c. de' vescovi e regolari a' 7. di luglio 1717.

131. Si noti per 3. che la riserva non può mettersi senza giusta causa: onde dicono alcuni che la riserva ingiusta è invalida, perché il tridentino ha data la facoltà a' prelati di riservare i casi in aedificationem, non in destructionem; ma la sentenza più comune e più vera con Laym., Suarez, Lugo, Holzm., Ciera ec., dice ch'ella sarebbe già gravemente illecita, ma valida; perché siccome può il prelato non concedere la facoltà per alcuni casi, così può anche riservarla3. Se poi possa il superiore assolvere da' peccati riservati, e per gli altri rimettere il penitente all'inferiore: altri l'ammettono per consuetudine; ma questa consuetudine si nega comunemente da Suarez, Cano, Nav., Laym., Castropalao, Salmatic., Croix ecc. Solamente ciò si concede da' suddetti autori in qualche caso rarissimo di gran necessità, v. gr. se 'l superiore stesse impedito da gravissimo negozio, ed all'incontro il penitente fosse in necessità di comunicarsi, ed avesse ripugnanza a dover confessare due volte il suo peccato4.

132. Si noti per 4., che ben possono riservarsi anche i peccati veniali, come comunemente ammettono Suarez, Lugo, Ciera, Holzm., Concina, contro Vasquez, perché sebbene non vi sia obbligo di confessare i veniali, nondimeno essi non possono esser rimessi nel sagramento, se non per la giurisdizione della chiesa; e perciò com'ella può negarla, così anche può limitarla5. E così parimente dicono Soto, Silvio, Suarez, Croix, Antoine, ec. Né osta il dire, che la chiesa non giudica de' peccati occulti; mentre si risponde che la chiesa, riservando, non è già che giudichi de' peccati interni, ma giudica dell'assoluzione di quelli, la quale è atto esterno6. Del resto la prudenza vuole (e questo è il solito), che non si riservino se non i peccati mortali, ed i più gravi (secondo la norma data dal concilio, che dice atrociora et graviora crimina), ed esternamente grave; onde insegnano comunemente Lugo, Sanchez, Suarez, Bonac., Granada, Ciera, ecc., che il peccato leggiero, in quanto all'esterno non cade sotto la riserva, ancorché internamente fosse grave; perché i superiori non intendono riservare se non i peccati esterni gravi, e di più consumati, e perfetti nella loro specie. Hinc recte ait p. Mazzotta, non reservari incestum, et sodomiam extra vas peractam; neque sodomiam imperfectam, puta intra marem et feminam, ut dicunt insuper Sylvius, Azor., Bon., Tournely ec.7.

133. Si noti per 5., che quando non può ricorrersi al superiore, può l'inferiore indirettamente assolvere da' riservati, se v'è qualche causa urgente, v. gr. di evitare lo scandalo, nota d'infamia, o se 'l penitente altrimenti restar dovesse lungo tempo in peccato mortale, per ragione che 'l superiore sta lontano; così comunemente Suarez, Laym., Castropalao, Concina, Wigandt, Salmat., Ciera, Viva, ecc.8. Si è detto indirettamente, perché cessando l'impedimento è tenuto dopo il penitente di presentarsi al superiore, per esser da lui direttamente assoluto da' riservati: la ragione si è perché i confessori semplici, come ha dichiarato il tridentino9, extra articulum mortis nihil possunt in reservatis. Onde fuori dell'articolo di morte, ancorché l'impedimento fosse perpetuo, se 'l caso è vescovile, e l'impedimento per caso poi cessasse, sempre dee ricorrersi al vescovo per l'assoluzione diretta. E se 'l caso è papale, e l'impedimento è perpetuo,


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e 'l penitente non avesse potuto ricorrere neppure al vescovo, come dovea, non potendo presentarsi al papa), pure, dopo che è stato assoluto in caso di necessità dal confessore semplice, deve almeno dopo presentarsi al vescovo1; vedasi ciò che si dirà al capo XX. n. 45. Ed avvertasi, che allora, se 'l peccato è riservato con censura, non presentandosi, ricade nella censura, come si disse al num. 96. Quando poi taluno tenesse peccati riservati, ed avendo necessità di comunicarsi, non vi fosse la facoltà, se costui sia tenuto di confessarsi al confessore semplice; e se confessandosi debba dire al medesimo così i peccati riservati come i non riservati; vedasi quel che si disse al capo XV. num. 27. e 28., dove dicemmo, ch'è obbligato a manifestarglieli, almeno quando ciò è necessario, acciocché il confessore possa far certo giudizio della di lui disposizione; onde aggiungiamo qui che se 'l confessore l'interroga, deve dir tutto; poiché, come bene avverte il card. de Lugo, benché il penitente non sia tenuto per sé a palesare qualche peccato, tuttavia è obbligato a dirlo, quando lo dimanda il confessore, il quale ha diritto di conoscer tutto lo stato della coscienza del penitente così per discernere la di lui disposizione, come per applicare i rimedi; nelle quali due cose egli è vero giudice2. Se poi ogni confessore in caso di necessità possa assolvere da' casi papali, presente il vescovo, vedi capo XVI. num. 97.

134. Si noti per 6. che ancorché il superiore ingiustamente negasse la facoltà, neppure può l'inferiore assolvere da' riservati, secondo comunemente insegnano Soto, Suarez, Lugo, Laym., Ciera, Salmat. ecc., checché si dicano Enriquez, e Diana, poiché siccome è valida la riserva ingiusta (conforme si è detto al num. 131.), così anche è valida l'ingiusta negazione della facoltà3. Del resto peccano gravemente senza dubbio i vescovi, che ingiustamente negano la licenza; e peccano anche contro la giustizia, quando dal negarla ne avviene notabil danno all'anime de' loro sudditi; così comunemente Lugo, Suarez, Concina, Quintanad., Fagund., Diana, e Ciera, da s. Tommaso; specialmente (dice Ciera), se il penitente non potesse ridursi a presentarsi al superiore. All'incontro il superiore giustamente può sempre negare la facoltà sin tanto che 'l penitente non dia la notizia necessaria per riparare a qualche pubblico scandalo o danno, poiché altrimenti costui non può essere assoluto da niuno come indisposto, Suarez, Lugo ecc.4. Avvertasi qui nonperò circa i religiosi per 1. che (come si ha nella bolla 26. d'Urbano VIII.) dichiarò Clemente VIII., che se 'l superiore regolare nega la facoltà al confessore deputato, può il confessore pro ista vice (come parla la bolla) assolvere il penitente; e così comunemente asseriscono i dottori Lugo, Gabr., Aversa, Busemb., Salmat. col p. Viva, il quale dice, che pro ista vice s'intende ogni volta che 'l superiore nega ingiustamente la facoltà. E lo stesso dicono Pelliz., Diana, Quintanad., se la nega ad un altro religioso più dotto e prudente, ancorché non deputato; e lo stesso dice Bellizzario, se si nega al medesimo penitente. Avvertasi per 2. che per privilegio concesso a' frati minori tutti i religiosi per una sola volta possono essere assoluti da' riservati da' loro confessori, ancorché per li riservati non abbiano la facoltà; Suarez, Diana, e Rodriq.5.

135. Si noti per 7. circa i pellegrini. I pellegrini in quanto alla riserva de' casi regolarmente debbon giudicarsi secondo le leggi della diocesi dove si trovano. Ond'è, che se il peccato è riservato solo in quella diocesi, non può il pellegrino esser assoluto dal semplice confessore, ancorché quello non sia riservato nella sua patria; così tiene (contro d'altri) la sentenza più comune e più vera con Suarez, Lugo, Bonac., Conc., Wigandt, Ciera, Diana, Salm., ec., con una dichiarazione della s. c. La ragione è, perché oggidì i pellegrini stante


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la comune consuetudine non si assolvono già per lo consenso presunto de' loro ordinari, come suppongono i contrari, ma per la volontà della chiesa universale. All'incontro la riserva non riguarda i penitenti, come si è detto al num. 128., ma solamente i confessori: onde i medesimi non possono assolvere quei peccati, su' quali vien loro limitata la facoltà1. All'incontro, se il peccato è riservato solamente nella patria, e non già in quella diocesi, ben può il pellegrino esser assoluto da ogni confessore, come rettamente insegnano s. Antonino, Gaet., Lugo, Suarez, Con., Cabassuz., Conc., Ronc., Croix, Mazzotta, Salmat. ec., perché questa è la consuetudine approvata comunemente da' vescovi, ed anche da' pontefici, come da Eugenio IV. (secondo attesta Lugo) e singolarmente da Clemente VIII. nella sua bolla, Superna, data a' 21. di giugno 1670. Purché (limitò Clemente) non fosse che 'l penitente si partisse dalla sua patria in frode della riserva: Posse autem (son le parole del pontefice) regularem confessarium in dioecesi, in qua est approbatus, confluentes ex alia dioecesi a peccatis in ipsa reservatis, non autem in illa ubi idem confessarius est approbatus, absolvere: nisi eosdem poenitentes noverit in fraudem reservationis ad alienam dioecesim pro absolutione obtinenda migrasse. La bolla parla propriamente de' confessori regolari, come si vede; ma s'intende ancora per li secolari, come ben dicono La-Croix, Viva, Roncaglia, e come ha dichiarato ancora la s. c.2 *.

136. Come poi s'intenda quello, in fraudem reservationis, vi sono molte e diverse opinioni. Il p. Mazzotta con Tambur. ed altri, l'intende quando il caso è dedotto al foro contenzioso; ma questa spiegazione non è congrua, mentre il papa parla del foro sagramentale, non dell'esterno. Monsign. Milante l'intende quando il penitente avesse peccato in confidenza dell'assoluzione, ma non quando andasse altrove per essere più facilmente assoluto; ma neppure so accordarmi a questa spiegazione, poiché il papa non parla di coloro che peccano, ma di coloro che partono in frode della riserva. Altri danno altre spiegazioni; ma più comunemente e più probabilmente Lugo, Ronc., Viva, con Port. e Fag. e l'Istruttore, per li nov. confessori con Passer. l'intendono, quando il penitente parte per unico o principal fine di ottenere altrove più facilmente l'assoluzione, e di evitare il giudizio del proprio pastore, perché allora si dice propriamente che v'interviene la frode, quando si elude la legge; e ben elude la legge della riserva chi principalmente si parte dalla patria per essere in altra diocesi più facilmente assoluto. All'incontro non va in frode, chi va altrove per qualche altro onesto fine, come per guadagnar l'indulgenza, per trattare altro suo negozio, o per confessarsi più presto, o con meno incomodo, o pure per trovare un confessore che non lo conosca, o più prudente che meglio possa dirigerlo, e da cui speri maggior pace di coscienza3.

137. Dice poi Roncaglia, che il penitente il quale si parte per isfuggire il giudizio del suo pastore, non può essere assoluto in altra diocesi, anche da' confessori che hanno ivi la facoltà de' riservati, perché allora anche v'interverrebbe la frode4. Ma a ciò contraddicono Milante e Viva con Suar., Nav., Lugo, Bon., e dicono che quando è riservato nell'una e nell'altra diocesi, liberamente può assolvere il forastiere chi tiene la facoltà; e questa opinione non pare


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improbabile, perché in verità non pare che allora il penitente commetta frode contro la riserva, andando ad un confessore approvato anche per quel caso riservato1. In oltre dice Mansi, e v'aderisce anche Roncaglia, che neppure può esser assoluto fuori della patria il penitente, che fuori avesse commesso il peccato riservato a questo fine, per ottenerne poi fuori l'assoluzione; ma anche in ciò io sento il contrario, perché il peccatore allora non è, che sarebbe partito in frode della riserva per ottener l'assoluzione, ma sarebbe andato altrove per non incorrer la riserva2.

138. All'incontro ben dicono Castropal., Suarez, Coninch., Concina (checché si dicano alcuni), che non può esser assoluto nella patria del riservato il penitente che ha peccato nel monastero de' regolari benché esente; perché quantunque probabilmente i monasteri de' regolari, siano esenti anche circa il luogo, come si disse al capo II. num. 44., nulladimeno non per questo può assolverlo il confessore, a cui vien limitata la giurisdizione su di tal caso. E lo stesso corre per la stessa ragione se 'l penitente avesse peccato fuori della diocesi, benché ivi tal caso non fosse riservato. Così anche diciamo con Ronc. e Wigandt, contro d'altri, che 'l penitente non può essere assoluto dal confessore semplice fuori della diocesi dalla censura, che nella patria è riservata, perché tutta la facoltà de' confessori semplici ad assolvere dalle censure l'hanno dal cap. Nuper, de sent. excom. in 6., dove espressamente si dice, che non possono i confessori assolvere dalle censure riservate3. Diciamo ancora con Aversa e Mazzotta, che 'l pellegrino, se pecca in altra diocesi, dove quel caso è riservato; neppure può esser ivi assoluto dal confessore semplice, sì perché ivi per ragion del delitto già incorre la riserva, sì perché il confessore (siccome già si disse al num 135.) non può assolvere i forastieri, se non secondo i limiti della giurisdizione che ha dal suo ordinario. Si avverta nonperò, che un tal pellegrino incorre già il caso riservato, come si è detto, ma non incorre la scomunica a quello annessa, come rettamente insegnano Suarez, Silvio, Con., Salmat., Avila, Sairo, Mazzotta, ec. contro d'alcuni; poiché nel cap. A nobis, de sent. excom. in 6., si dice, solos subditos comprehendi sub excommunicatione lata ab episcopo pro futuris delictis. E la ragione si è perché la scomunica non s'incorre se non da coloro che non solo sono sudditi, ma sono anche contumaci; il pellegrino all'incontro, benché si renda suddito per lo peccato, nulladimeno non può dirsi contumace4.

139. Si dimanda per 1. se 'l penitente, che si confessa in buona fede del peccato riservato al confessore semplice, o pure se ne dimentica, resti direttamente e validamente assoluto. Lo nega Antoine, dicendo, che 'l semplice confessore niente può circa i riservati; onde non può neppure indirettamente assolvere da quelli. Ma è comune la sentenza contraria, che l'afferma (come confessa lo stesso Antoine) con Suarez, Castrop., Lugo, Conc., Salmat ec., ed anche è più probabile, perché il confessore semplice sebbene è privo di giurisdizione circa i peccati riservati, non è però privo circa i non riservati, onde allora vengono già i non riservati direttamente assoluti, e indirettamente i riservati, poiché ne' peccati mortali non può uno essere assoluto senza l'altro; ed essendo questa sentenza comune, e molto probabile, se mai non fosse vera, almeno supplisce la chiesa per la giurisdizione, secondo quel che si disse al n. 91.5.

140. Si dimanda per 2. Se 'l pentente, che confessandosi col superiore si dimentica di dire il peccato riservato, possa dopo essere assoluto da qualunque confessore. La prima sentenza l'afferma con Lugo, Sanchez, Castropal., Ciera, Salmat., ec. dicendo, che allora si presume, che 'l superiore assolvendolo voglia liberarlo ancora da ogni


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vincolo di riserva, siccome parimente si disse al n. 69., parlando del giubileo. La seconda sentenza all'incontro di Suarez, Silvio, Ang., Concina, Antoine ecc., lo nega, perché a toglier la riserva (come si è detto al num. 128.) si richiede, che 'l peccato si sottoponga al giudizio del superiore, acciocché da lui si riceva l'opportuna penitenza e medicina; sicché non si dee stimar tolta la riserva, se non v'è speciale presunzione, che 'l superiore abbia voluto toglierla. La ragione è molto forte, onde questa seconda sentenza parmi più probabile, a differenza della sentenza riferita al num. 68.,; perché ivi per ragione del giubileo si concede al penitente il privilegio di poter essere assoluto da qualunque confessore. Con tutto ciò la prima sentenza non posso dirla improbabile (eccettoché se non vi fosse special presunzione che 'l superiore avrebbe differita l'assoluzione, se avesse intesa la confessione anche del riservato)1.

141. Si dimanda per 3. Se si tolga la riserva per la confessione del riservato al superiore, ma invalida. Si risponde: Se la confessione è invalida, ma senza colpa del penitente, è comune la sentenza che l'afferma con Gaet., Suarez, Lugo, Wigandt., Castr., Bonac., Ronc., Con., Silv., Holzmann, Croix e Salm. (contro Concina), perché allora già da una parte il superiore intende attualmente ed assolutamente di liberare il penitente, come dal peccato, così dalla riserva; e dall'altra parte già il penitente sottopone il suo peccato al giudizio del superiore, e da esso già riceve così i rimedi, come la penitenza: la quale sempre sarà tenuto a soddisfare, benché intenda appresso, che la confessione è stata invalida, come avverta Bonacina. Né vale il dire, che 'l superiore, e tanto meno il delegato, non tolgono la riserva, se non per mezzo dell'assoluzione sagramentale; perché in quanto al superiore, ben egli può toglierla senza l'assoluzione, ed in tal caso ben presumesi che la tolga; ed in quanto al delegato, benché questi non possa toglierla senza l'assoluzione, nondimeno allora si stima che possa toglierla secondo la volontà dello stesso superiore, o almeno in virtù della consuetudine approvata dalla comune autorità de' dd.2. La maggior difficoltà si fa, quando la confessione è sacrilega; allora dicono assolutamente Holzm., Viva, Ronc., Conc., e Croix, che non si toglie la riserva, perché non si presume, che 'l superiore voglia che 'l suddito riporti comodo dal suo delitto. Ma pure più comunemente l'affermano Suarez, Lugo, Castr., Bonac., Vasq., Filliuc., Salmat., Gaet., Coninch., ec., e non improbabilmente, perché altro è il fine della confessione, che è di togliere il peccato, altro della riserva, che è di sottomettere il peccato al giudizio del superiore, e questo già s'ottiene; e benché il superiore non vorrebbe colla volontà interpretativa, nondimeno già vuole toglier la riserva colla volontà attuale. Altrimenti poi dee dirsi (come ben avvertono Lugo, Suar., e Vasq.), se 'l penitente tacesse il peccato riservato colpevolmente; o pure, come ben soggiunge il p. Suarez, s'egli confessasse il riservato, ma senza proposito di evitarlo, o di adempire la penitenza, purché appresso non mutasse intenzione3. Ed altrimenti ancora corre della confessione sacrilega, o invalida fatta nel giubileo, come si disse al n. 66., perché ivi corre altra ragione.

142. Si dimanda per 4. Nel dubbio se 'l penitente abbia incorso o no nel riservato, se possa essere assoluto dal confessore semplice. Si risponde: Quando il dubbio è di fatto, cioè se 'l peccato sia stato veniale o mortale, o se 'l mortale sia stato consumato o no, allora è certo appresso tutti (fuori di Wigandt) che può; così Suarez, Lugo, Sanchez, Concina, ed altri; perché la riserva come odiosa è di stretta interpretazione, onde si deve intendere de' peccati certi, gravi, e consumati, come si dice al n. 132. Se poi il dubbio è di ius, cioè quando si controverte tra' dd. se alcun


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peccato sia riservato o no al confessore, in questo caso lo nega Concina, Wigandt, ed Antoine con Armilla, dicendo, che il confessore non può assolvere colla giurisdizione, che allora gli si è renduta dubbia. Ma anche in tal caso, oltre gli aa. citati, comunemente l'affermano Filliuc., Hurtad., Bon., Sa., Enriquez, Anacl., Elbel, Viva, Sporer, Salm. ec., e ciò, o che 'l dubbio sia negativo o positivo, perché nell'uno e nell'altro corre la stessa ragione, mentre nel dubbio il confessore possiede la facoltà d'assolvere. Oltreché essendo questa sentenza comune, e probabilissima, nel caso mai che fosse falsa, supplisce la chiesa. Né osta il dire, che Clemente VIII. con suo decreto proibì a' confessori privilegiati l'assolvere da' casi della bolla Coenae, ancorché fossero dubbi riservati; e che similmente nell'estrav. Perlectis sta vietato ai vescovi l'assolvere dalla percussione grave del chierico, anche nel dubbio se sia grave o leggiero; perché si risponde, che queste due proibizioni anzi confermano la nostra sentenza; dunque diciamo, negli altri casi dubbiamente riservati, fuori de' due nominati, ben può darsi l'assoluzione, poiché exceptio firmat regulam. Ma qui dee notarsi, che Clemente (come portano Roncaglia ed Antoine) nel 1602. moderò il mentovato decreto, togliendone quelle parole etiam dubiis reservatis1. Limitano poi la nostra sentenza Sanchez, Bon. ecc., nel caso che quel peccato riservato si riputasse certo nel foro esterno; ma questa limitazione con ragione anch'è rifiutata da Lugo, Escob., Spor., Tamb., e Salmat., perché differisce il foro esterno dall'interno: in quello si attende alla presunzione, e non si fede al penitente: ma in questo sagramentale in tutto si crede al penitente, finché non costa il contrario2.

143. Si dimanda per 5. Se chi si confessa al confessore semplice del peccato dubbiamente riservato, resti sciolto dalla riserva, ancorché appresso avvertisse, che quello certamente era riservato. Lo nega il p. Concina; ma l'affermano comunemente Lugo, Dicast., Aversa, Sporer, Viva, da Sanchez, ed i Salmaticesi con altri; perché essendo stato già confessato il peccato come dubbio riservato, già direttamente è stato assoluto (come confessa lo stesso p. Concina), e perciò resta direttamente tolta la riserva. Altro è il caso, come dicemmo al n. 34., quando il penitente si confessa del peccato come dubbio, e poi si ricorda ch'è stato certo; perché allora è obbligato egli a confessarlo di nuovo come certo, per supplire all'integrità, ed esporlo al confessore, siccome veramente è stato nella coscienza: ma nel caso nostro, tolto il peccato, e tolta già (come si è detto) la riserva, onde cessa l'obbligo di presentarsi al superiore per essere sciolto da quella3.

144. Si dimanda per 6. Se possa essere assoluto da' riservati chi ha peccato in confidenza della licenza. Alcuni ne han dubitato, ma è comune la sentenza che l'afferma con Sanchez, Lugo, Fill., Bonac., Molfes., Salm., Aversa ec. La ragione è, perché, quantunque non vuole il superiore, che il suddito prenda ansa a peccare per occasione della licenza, nulladimeno non intende poi negar l'assoluzione al penitente, che veramente si duole del suo peccato, e propone d'evitarlo. Lo stesso dicemmo, parlando del giubileo al n. 69.4.

145. Si dimanda per 7. Se la licenza data d'assolvere i riservati si stenda ancora a' peccati commessi dopo di quella. Si risponde: Non si stende già, se la licenza si per li soli peccati specialmente nominati, o pure per li determinati di numero. Altrimenti poi se si concede indefinitamente: così comunissimamente Lugo, Ronc., Bonac., Passer., Prepos., Aversa, Dic., Salm., ec. Se n'eccettua nonperò se quel penitente, per cui specialmente è stata data la licenza, commettesse di nuovo il peccato dopo un tempo notabile, v. gr., dopo un mese, o pure se la licenza fosse concessa a riguardo di qualche festività particolare5.


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146. Circa poi le facoltà de' vescovi di assolvere da' casi papali occulti, e le persone impedite, si osservi quel che si dirà al capo XX. al punto III., e circa le facoltà de' regolari si veda nello stesso capo dal num. 97.




1 Sess. 14. c. 7.



2 Lib. 6. n. 581.



3 N. 580.



4 N. 581. dub. 2.



5 N. 578.



1 L. 6. n. 583.



2 N. 589. Tour. t. 6. p. 2. p. 125.



3 Lib. 6. n. 579.



4 N. 595.



5 N. 583. d. 1.



6 Ibid. dub. 2.



7 Ibid. dub. 3.



8 N. 585.



9 Sess. 14. cap. 7. in fin.



1 Lib. 6. n. 585. dub. 1.



2 Ib. dub. 2. et 3.



3 N. 586. ad 3.



4 Ib. ad 6.



5 Ib. ad 5.



1 Lib. 6. n. 588. dub. 1.



2 N. 589. v. Idque in fin.



* Avvertenza. Si è detto al capo XVI. n. 135., che il pellegrino che tiene casi riservati nella sua diocesi, e viene a confessarsi in altra diocesi, dove tali casi non sono riservati, purché non venga in frode della riserva, ben può essere assoluto da ogni confessore. Qui si avverta, che siccome da quel confessore può essere allora assoluto da' peccati riservati nella diocesi di esso penitente, così anche può essere assoluto dalle censure annesse agli stessi peccati, benché sieno riservate; e questa è dottrina comune presso i Salmaticesi tract. X. de censur. cap. 2. n. 38., con Avila, Giballino e Candido. La ragione, perché i penitenti non possono essere assoluti da' peccati, se non sono prima assoluti dalle censure; onde a chi si la facoltà di assolvere da' peccati, s'intende data anche dalle censure.



3 Lib. 6. n. 589. v. Quomodo.



4 Ibid.



1 Lib. 6. n. 587.



2 N. 589. v. Quomodo.



3 N. 590.



4 N. 591.



5 N. 596. Qu. 1.



1 Lib. 6. n. 597.



2 N. 598.



3 Ibid. Qu. 4.



1 Lib. 6. n. 600. Qu. 1.



2 Ibid. v. Limitant.



3 Ibid. Qu. 2.



4 N. 601.



5 Ibid. Qu. 4.






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