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S. Alfonso Maria de Liguori
Istruzione e pratica pei confessori

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Capo XX - Dei Privilegi

Punto I. De' privilegi in comune.

1. Differenza tra il privilegio, dispensa e licenza.

2. Quando il privilegio deroga al ius comune.

3. Quando il privilegiato è tenuto a servirsi del privilegio.

4. Se fuor del sagramento le censure, ecc.

5. Delle clausule, Ad instar etc. Quatenus sacris, can. non adversetur etc. Supplentes defectus etc.

6. 7. e 8. Dell'interpretazione de' privilegi.

9. 10. e 11. Della comunicazione.

12. De' privilegi de regol. rivocati, colle dichiar. di s. Pio.

13. De' rescritti di grazia e di giustizia, se spirano colla morte del papa.

14. In quanti modi cessa il privilegio.

15. Come cessi per la rivocazione.

16. Della rivocazione espressa.

17. Della tacita: e se bisogna intimarsi, o almeno pubblicarsi la rivocazione.

1. Il privilegio si definisce: Lex privata, aliquod speciale concedens beneficium. Il privilegio differisce dalla dispensa, la quale esime dalla legge, e perciò sempre è odiosa; e dalla licenza che si solamente a pochi atti. De' privilegi in particolare se ne parlerà appresso ne' propri luoghi; qui solamente noteremo alcune regole da avvertirsi circa i privilegi in comune.

2. E per I. Acciocché il privilegio deroghi al ius comune, non vi si richiede la clausura derogatoria di quello, perché si presume, che 'l principe già sappia le leggi comuni. Se n'eccettua nondimeno 1. Quando il privilegio non potesse aver effetto senza tale espressa derogazione. 2. Se nella legge a cui si deroga vi fosse la clausula, Non obstante quocumque privilegio; ciò non però s'intende, purché nel privilegio non vi fosse la clausula, ex certa scientia, o pure ex plenitudine potestatis2. 3. Quando il privilegio è contra qualche consuetudine, o legge municipale, perché queste non si hanno per derogate, se non se ne fa special menzione3.

3. Per II. Il privilegiato non è tenuto, regolarmente parlando, a servirsi del privilegio, reg. 6. iur. in 6. Ma se n'eccettua 1. Se il non servirsene recasse grave danno al prossimo: s'intende se 'l recasse, non già per conseguenza, ma per sé; per esempio se 'l confessore avesse il privilegio d'assolvere i peccati riservati, egli dopo aver intesa la confessione è obbligato a servirsene4. 2. Se 'l privilegio è in bene comune, ch'è quello dell'immunità, di cui ciascun è tenuto a servirsi, per lo c. Si diligenti, de foro compet. 3. Se 'l privilegio toglie l'impedimento ad osservare il precetto, per esempio se l'infermo tiene l'oratorio privato in casa, e facilmente può sentir la messa, è tenuto a servirsi del privilegio5. 4. Se 'l privilegio non è personale, ma reale, addetto al luogo, o pure alla dignità, o allo stato, come sono i privilegi concessi a' vescovi ed a' regolari6.

4. Per III. Chi ha il privilegio per lo foro penitenziale, per esempio di assolvere dalle censure, e pene ecclesiastiche, molto probabilmente può servirsene anche fuori del sagramento; e ciò quantunque la facoltà si esprime, data sacerdoti confessario7.

5. Per IV. Parlando delle clausule, la clausura ad instar importa, che allora vaglia il privilegio, quando l'altro (a simiglianza di cui è concesso questo secondo) sia stato valido, almeno da principio: benché sia stato poi rivocato, o non accettato, come avverte il p. Mazzotta. Altrimenti poi, se il primo privilegio


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è stato nullo, e nullo anche il secondo; purché in questo secondo non si esprimesse già quello che si concede1. Ciò non però corre (come dicono gli autori) quando dicesi ad instar; ma non già se si dicesse, Sicut concessum est, etc., come limitano Bonacina e Garzia appresso i Salmaticesi. La clausula: Quatenus sacris canonibus non adversetur, s'intende di que' soli canoni, dove sta espresso: Non obstante quocumque privilegio2. La clausula, supplentes singulos defectus, s'intende solo de' difetti di quelle cose che si ricercano solamente de iure positivo, e che sono solamente accidentali; ma non già de' difetti naturali, o pure sostanziali, come se 'l supplicante fosse scomunicato, o se la supplica fosse surrettizia, o fraudolenta, o se 'l difetto fosse circa la causa, o la persona del supplicante3. Altre clausule possono osservarsi appresso i Salmaticesi4.

6. Per V. Parlando dell'interpretazione de' privilegi, debbono notarsi più cose. Si noti 1. Che ogni privilegio deve interpretarsi in modo, che al privilegiato non sia né inutile, né oneroso5. 1. I privilegi solamente il principe, o altri a cui il principe il commettesse, può interpretarli autenticamente, o sia giuridicamente. Dottrinalmente poi può interpretarli qualunque uomo dotto, alla cui risoluzione può lecitamente starsi, come dicono tutti; e quando nel privilegio si proibisce ogn'interpretazione, s'intende della sola autentica e giuridica6; o al più s'intende dell'interpretazione fatta ex professo, come si è detto delle leggi al capo II. n. 80. 3. Sta proibito da Clemente IV. e da altri pontefici a' vescovi l'interpretare giuridicamente i privilegi de' regolari; solamente ciò sta concesso da Alessandro VI. e Paolo III. (quando non può consultarsi la sede apostolica) a' iurisperiti, e ad altri giudici in favor de' regolari. E lo stesso sta concesso a' generali, ed a' visitatori, ed anche a' provinciali, e prelati immediati, consigliandosi co' periti. E lo stesso corre per l'interpretazione delle regole, costituzioni, e consuetudini. E così ancora possono i suddetti prelati togliere, o limitare a' sudditi l'uso de' privilegi7.

7. Si noti per 4. Parlando in generale de' privilegi, ogni privilegio regolarmente deve interpretarsi largamente, come si ha dal c. Olim. 6., de verb. sign., dove dicesi: Cum beneficia principum interpretanda largissime etc. E dalla l. Ult. ff. de constit. princ. All'incontro i privilegi odiosi debbono strettamente interpretarsi, come sono tutti quelli che derogano al ius comune8, o agli statuti, e consuetudini particolari: purché tali statuti non sieno contra il ius comune, o purché il privilegio non sia inserito in corpore iuris, che perciò dicono Sanch., e Mazzotta9, che tutti i privilegi reali debbono interpretarsi largamente, poiché per la loro perpetuità si hanno come inseriti nel ius comune. Di più se n'eccettua, s’l privilegio altrimenti si rendesse inutile, o se vi fosse la clausula ex certa scientia, o vero ex motu proprio; o pure se 'l privilegio sia d'assolvere, dispensare, o di comunicarlo ad altri10. I privilegi poi in pregiudizio altrui, come ad ottenere più beneficii, o conferire i vacanti, o contro l'osservanza regolare, questi debbono strettamente interpretarsi, ancorché sian concessi ex motu proprio11.

8. Ciò nondimeno che si è detto, corre per li privilegi concessi a' particolari, ma i concessi a qualche ordine, convento, comunità, o altra causa pia, tutti debbono interpretarsi non solo largamente, ma larghissimamente, ancorché sieno contro il ius comune, o del


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terzo, come dicono comunissimamente i dd.1, perché i privilegi dati alle comunità si presumono tutti rimuneratorii de' servigi fatti, e perciò tutti si hanno come favorabili, per la l. Sicut personae, ff. de relig.2.

9. Per VI. Parlando della comunicazione de' privilegi, si noti per 1., che le religioni mendicanti comunicano appieno tra loro de' privilegi passati e futuri, così circa le persone, come circa i luoghi, festività, ed indulgenze, secondo si ha dalle bolle di Sisto IV. Clemente VIII. e Leone X.3. E ciò quantunque la religione, a cui è concesso il privilegio, non l'abbia accettato, o non se ne sia mal servita. Di più, quando si accresce il privilegio dato ad una religione, s'intende accresciuto anche all'altre4. Di più queste religioni mendicanti comunicano ne' privilegi di tutte l'altre religioni, o congregazioni, o collegi monastici, e non monastici5. E ciò corre, ancorché nel privilegio concesso ad altra religione o congregazione vi sia la clausula, che non si comunichi; mentre nelle altre bolle poi della comunicazione si dice, che si toglie ogn'impedimento di comunicazione6. E di questi privilegi godono poi così i conversi, perch'essi son veri religiosi7, come i novizi, secondo dichiarò Clemente VIII., ed è sentenza comune, checché si dicano alcuni pochi con Suar., Sanchez, Castropal., ed altri8; ed ancora ne godono i religiosi fatti vescovi, purché non sieno cosa, di cui, servendosi i vescovi, ne avverrebbe pregiudizio alla religione, come l'abitare in convento, dar la voce, ec.9. I terziari poi e le terziarie (o siano beate) suddite a' mendicanti, e che portano l'abito della religione, ed hanno il voto di castità (eccettuate alcune cose), ancora godono de' loro privilegi in quelle cose, di cui son capaci. I confratelli dello scapulare, del cordone, e simili, godono solamente, e partecipano di tutte le indulgenze e remissioni de' peccati, ma non d'altro10. Ed all'incontro tutte le altre religioni non mendicanti partecipano tutti i privilegi de' mendicanti, e non mendicanti, e di tutti i luoghi pii, in quella guisa appunto come se fossero mendicanti; dovendosi però sempre attendere le clausule delle loro bolle, tanto per la restrizione, quanto per l'amplificazione. Vedi i Salmaticesi tr. 18. n. 90. in fin.

10. Si noti per 2., che le monache, così degli ordini mendicanti, come non mendicanti, godono de' privilegi de' monaci del loro ordine, e per conseguenza di ogni altro ordine, in tutto ciò ch'è favorabile. E questo corre, ancorché il privilegio nominasse solamente gli uomini, come si ricava dalla bolla di Leone X. E così all'incontro i frati godono de' privilegi delle monache di tutti gli ordini, per ragione ch'essi comunicano (come si è detto di sopra) ne' privilegi dati ad ogni religione, congregazione, o monastero11. Ma ritornando alle monache, di tali privilegi godono ancora quelle che son soggette al papa, o al vescovo; e così, quando si concede a' religiosi il privilegio d'essere assoluti, o dispensati dal lor prelato, le monache soggette al vescovo dal medesimo ben posson essere assolute e dispensate. E ciò ancorché nel privilegio si nominassero solamente le monache, che vivono soggette a' regolari12.

11. Si noti per 3., che i privilegi non si comunicano, quando sono odiosi e contrari agli statuti propri, sicché pregiudichino al bene, o sia all'osservanza


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comune della religione1. Si noti per 4., che i privilegi concessi ad alcuno, non come particolare, ma a riguardo del suo officio, o dignità, o come membro di quella comunità, s'intendono concessi a tutti gli altri dello stesso officio, o della stessa comunità. Ed i privilegi dati a' sudditi o a' prelati inferiori, s'intendono concessi anche a' superiori2. Parimente i privilegi dati ad un convento, o chiesa, o a' particolari di alcun convento, ma come membri di quello, s'intendono dati a tutti gli altri religiosi, così di quell'ordine, come degli altri, che comunicano, quando milita la stessa o simile ragione3. Ma ciò non s'intende de' privilegi che si danno a qualche congregazione a tempo determinato, o pure per brevi particolari ad alcun monastero per qualche speciale ragione, o pure quando son di cose che soglion difficilmente concedersi4.

12. Per VII. È certo, come si ha dalla prop. 36. dannata da Alessandro VII., che i religiosi non possono più servirsi de' privilegi rivocati dal concilio tridentino. Ma ciò non ostante debbonsi attendere alcune dichiarazioni del concilio fatte da s. Pio V. nella sua bolla Etsi mendicantium. Queste sono 1., che i secolari possono sentir le messe e le prediche nelle chiese de' regolari. 2. Che 'l vescovo non possa dar licenza di entrare ne' monasteri delle monache esenti. 3. Che la quarta funerale non s'intende, se non di ciò che si apporta5. 4. Che i confessori delle monache esenti, ed i predicatori regolari delle proprie chiese non sieno esaminati dall'ordinario; ma in quanto a' confessori tal privilegio è stato derogato da varie costituzioni apostoliche, e specialmente dalla bolla Apostolici ministerii d'Innocenzo XIII. nel 1723., confermata da Benedetto XIII. a' 23 settembre 1724. Ivi nel §. 18. si dichiara, che i confessori delle monache esenti debbono esaminarsi ed approvarsi dal vescovo diocesano, remota quacumque contraria consuetudine, etiam immemorabili.

13. Per VIII. Bisogna distinguere, il rescritto di grazia, come di assolvere, dispensare, ec., e 'l rescritto di giustizia, come d'esercitar giurisdizione, d'appellare, ec. Nel rescritto poi di grazia si dice, grazia fatta, quando il delegato si ha come mero esecutore necessario: Grazia facienda, quando si la facoltà di dispensare, e si lascia in arbitrio del delegato. Il rescritto di giustizia spira colla morte del principe, purché l'affare non sia cominciato; e lo stesso dicesi del rescritto di grazia facienda. Ma corre l'opposto della grazia fatta, come d'assolvere e di ricevere gli ordini extra tempora, dell'oratorio privato, ec.6. Il privilegio dato colla clausula, donec voluero, è probabile che non ispiri dopo la morte del concedente7; vedi ciò che si è detto al capo XVI. nu. 82. E se nella concessione si esprime l'officio del delegato, morto il delegato, passa quella anche al successore8.

14. Per IX. Il privilegio in molti modi può cessare, e 1. per lo decorso del termine assegnato. 2. Per la cessazione della causa finale: s'intende quando il privilegio è concesso sotto la condizione di detta causa; ma quando fosse dato assolutamente, è opinione molto probabile, che ancora cessando la causa finale non cessi il privilegio; né cessi per esserne fatto uso una volta9, giusta ciò che si disse della dispensa al capo II. n. 66. in fin. 3. Per la rinunzia del privilegiato; nel che si noti, che i particolari non posson rinunziare a' privilegi della comunità; e che per esser valida la rinunzia, dev'ella farsi in mano di chi ha dato il privilegio, e dal medesimo accettata10. 4. Per l'uso contrario, o per lo non uso; in dubbio nondimeno la presunzione sempre è per l'uso. Bisogna poi in ciò avvertire, che i privilegi


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graziosi, che non sono di gravame ad altri, come di assolvere, dispensare, o di digiunare, e simili, questi non si perdono mai per lo non uso, ed anche per l'uso contrario, quantunque di tempo lunghissimo1. I privilegi all'incontro che sono gravosi al terzo, come di non pagar le decime, e simili, questi si prescrivono per l'uso contrario, ed anche per lo non uso privativo (non già solo negativo), ch'è quando il privilegiato, consapevole già del suo privilegio, date le occasioni, spontaneamente non ha voluto servirsene. Ma ciò s'intende, purché nel privilegio non vi sia la clausula di servirsene a suo arbitrio2. In oltre ciò s'intende per lo foro esterno, poiché in coscienza non perde il privilegio chi non ha l'animo di rinunziarvi3. Può cessare anche il privilegio per l'abuso che se ne faccia, in tutto, o in parte4.

15. Cessa per 5. il privilegio per la rivocazione del principe. Ma in ciò bisogna distinguere i privilegi gratuiti da' rimunerativi e dagli onerosi. Se 'l privilegio è mero gratuito, può rivocarsi validamente, anche senza giusta causa: benché ciò non si scuserebbe almeno da peccato veniale, se non v'è scandalo5. Ma se col privilegio si fosse trasferito il dominio di alcuna cosa nel privilegiato, quello non può rivocarsi, né lecitamente, né validamente, se non per causa urgentissima del bene comune, o di grave delitto, o pure per quelle cause, per cui può rivocarsi ogni donazione6. Se poi il privilegio è rimuneratorio, o per giustizia, o per gratitudine, sempre si richiede la giusta causa per rivocarsi validamente. E se di più è oneroso, per esempio è concesso per prezzo ricevuto, o per qualche peso imposto al privilegiato, per rivocarsi (oltre la causa giusta) si richiede la compensazione. Lo stesso dicesi de' privilegi rimuneratorii per giustizia, come dicono comunemente i dd.7.

16. La rivocazione poi de' privilegi altra è l'espressa, altra la tacita. In quanto all'espressa, regolarmente parlando, basta la clausola generale, non obstantibus privilegiis etc., a rivocare tutt'i privilegi in contrario. Se n'eccettuano nondimeno per 1. i privilegi concessi per modo di contratto, o sieno onerosi, o rimunerativi per giustizia (come si è detto di sopra), in cui si faccia special menzione de' meriti in particolare. Per 2. I privilegi che han seco la clausola di non intendersi derogati, se non se ne fa menzione particolare. Per 3. I privilegi de' regolari, i quali anche richiedono special menzione, perché sono rimunerativi, e perché hanno la clausola derogatoria della futura revocazione, se non si fa di loro special menzione, come dicono Rodriquez, Portel., e Miranda appresso il p. Mazzotta. Per 4. I privilegi inseriti in corpore iuris; perché questi son vere leggi, onde per esser rivocati richiedono la clausola speciale, non obstantibus legibus in contrarium8. Lo stesso dicono Bon., Sanch., Castrop., ed i Salm. con Molin., Pellizzario, ed altri molti (contro Ponzio) de' privilegi concessi per alcun concilio generale, che non s'intendono rivocati, se non colla clausola espressa, non obstante quacumque constitutione, etiam a concilio generali edita, come si raccoglie dal c. Ex parte, et c. ult. de capell. mon.9. Oppone a ciò Ponzio la pratica della chiesa, ed una dichiarazione di s. Pio V. in contrario; ma Castrop. con Garcia risponde, che tutto ciò gratis s'asserisce; solamente dice, che Garcia rapporta un


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moto proprio di s. Pio, dove dicesi, che le concessioni segnate di propria mano del papa non richiedono alcuna rivocazione del tridentino, né generale, né speciale. Del resto Castrop. ragionevolmente non approva quel che dice Sanchez, che le costituzioni del tridentino debbono essere di più nominatamente rivocate. Vedasi quel che si dirà al num. 38. in fin. Tutte non però le suddette limitazioni di sovra mentovate s'intendono valere, se non costa della mente contraria del derogante, come tutti i suddetti dd. dicono comunemente; onde se nella legge rivocatoria vi è la clausola ex certa scientia, o pure ex motu proprio, o de potestatis plenitudine, allora si rivoca ogni privilegio, quantunque qualificato, eccettuati gli onerosi, o quando la rivocazione pregiudicasse al ius dal terzo acquistato1.

17. In quanto poi alla rivocazione tacita, i privilegi prima concessi s'intendono rivocati per qualche legge universale in contrario, ancorché in quella non vi sia alcuna clausola rivocatoria, quando la suddetta legge, o nuovo privilegio dato ad altri, non potesse avere l'effetto inteso, se non rivocati i privilegi prima concessi; poiché non si presume, che il legislatore voglia fare una legge inutile, o dare un privilegio (o sia generale, o speciale) elusorio. Ciò nondimeno s'intende correre, quando i privilegi prima dati sian noti al principe, come si presumono noti tutti i privilegi inseriti in corpore iuris; il che all'incontro non si presume degli altri, che sono extra ius; onde di questi si richiede special menzione2. Dicono alcuni, come Soto, Enriquez, e Quintanad., e v'aderiscono i Salmat. in un luogo3, che 'l privilegio resta in vigore, sintanto che la rivocazione non è intimata alla città, o religione. Ma gli stessi Salmat. con ragione si rivocano appresso in altro luogo4, dicendo con Laym., Suar., Portel., e Lezana, che basta ad invalidare il privilegio (come si disse, parlando delle leggi al capo II. dal n. 5. ad 8.), che se ne pubblichi la rivocazione, e che passino due mesi dalla pubblicazione, sì che possa pervenire la notizia a' privilegiati, benché di fatto non pervenisse.

Si è trattato sinora de' privilegi in comune: ne' seguenti capitoli si tratterà de' privilegi in particolare, degli ecclesiastici, de' vescovi, e de' religiosi.




2 Salm. 18. n. 42. et 43. cum aliis.



3 Suar. de leg. l. 8. c. 14. n. 4. Castr. tom. 1. tract. 3. d. 4. p. 10. n. 9. et Salm. loc. cit. c. 1. n. 8. cum Pelliz. Tambur. etc.



4 Salm. tr. 18. n. 11. cum aliis.



5 Suarez c. 35. n. 8. Pal. p. 7. n. 3. Sanchez de matr. lib. 6. d. 6. n. 14. et Salmant. c. 1. n. 12. cum Sylvestro, Avila etc.



6 Salmant. c. 1. n. 17. et 18.



7 Suarez lib. 8. cap. 6. n. 15. Castropal. d. 4. p. 2. §. 5. num. 6. et Salmantic. cap. 1. n. 33. cum Sylv. Tab. etc., contra alios qui probabiliter etiam negant.



1 Suarez c. 15. n. 2. Castrop. d. 3. p. 2. §. 8. n. 1. Salm. c. 1. n. 39. cum Bonacina etc. et p. Mazzotta t. 1. de privil. pag. 22. v. Sexto.



2 Salm. c. 1. n. 50. cum Nav., Suar., Garc. etc.



3 Salm. c. 1. n. 51. cum Barbosa et Tamb.



4 Ibid. et n. 40.



5 Ibid. n. 70. et 71.



6 Salm. n. 72. et 73.



7 Salm. c. 1. n. 74. 75. et 76.



8 Ita communiter Sanchez de matr. l. 8. d. 1. n. 1. et 5. Bonac. de privil. d. 1. q. 3. p. 7. §. 1. n. 5. Suarez de leg. l. 8. c. 27. Salmantic. tr. 18. c. 1. n. 79. et alii passim.



9 Sanchez de matr. l. 8. d. 1. n. 8. et Mazz. loco cit. p. 223. c. 2. v. Resp.



10 Salm. tr. 18. c. 1. n. 78. ad 80.



11 Salm. n. 83. et 84.



1 Suarez c. 27. n. 7. Castrop. d. 4. p. 10. n. 6. Mazzotta loco cit. Salm. c. 1. n. 27. et 28. et n. 85. et 86. cum Azorio, Laymann, Sylv., Bonac., Henr., Coninch., Lezana, Bord. et aliis.



2 Salm. c. 1. n. 23. ad 27.



3 Ibid. n. 88. et 89.



4 Ibid. n. 98. et 99.



5 Ita communissime Salmant. tr. 18. c. 1. n. 90. cum Rodr., Pelliz., Tambur. etc.



6 Ibid. n. 170. cum Rodr., Basseo, Miranda, Bonacina, Diana, Donato etc.



7 Salm. tr. 15. de statu rel. c. 1. n. 33.



8 Suarez tom. 4. de rel. tract. 10. lib. 9. c. 1. n. 18., et Salmant ibid. cap. 3. n. 85. cum Sanchez, Castrop. Lezana, Pelliz. et aliis.



9 Salmant dict. tract. 15. cap. 5. n. 43. cum Suarez, Lezana et Castropal.



10 Salm. tr. 15. n. 94. cum aliis.



11 Salm. tr. 18. de privil. c. 1. n. 91.



12 Suar. de leg. l. 8. c. 10. n. 7. Bonac. d. 1. q. 3. p. 7. §. 2. n. 2. et Salm. tr. 18. c. 2. n. 92. cum Castropal., Lezana, Pelliz., Bord., Boss. et aliis contra paucos.



1 Castropal. d. 4. §. 9. n. 2. et Salm. c. 1. n. 100. Suarez, Pelliz., Portel., Tamb., Bord. etc.



2 Salm. c. 1. n. 110. et 111.



3 Ibid. cum Pell., Garcia, Quint., Tamb. etc.



4 Salm. c. 1. n. 118. cum Peyr., Tamb., Mer. etc.



5 Salm. tr. 18. c. 1. n. 137.



6 Castr. d. 3. p. 16. §. 4. n. 11. Sanch. de matr. l. 8. d. 38. n. 41. Salm. c. 1. n. 141. - 146. cum Suar.



7 Salm. tr. 18. n. 149.



8 Ibid. n. 150.



9 Ibid. c. 2. n. 3. et 4.



10 Salm. tr. 18. c. 2. n. 1. ad 8.



1 Suar. de leg. l. 8. c. 34. n. 17. Bon. d. 1. q. 3. §. 5. n. 4. Castr. tr. 3. d. 4. p. 18. n. 3. et p. l. 2. n. 4., et Salm. c. 2. n. 13. cum Laym., Pont., Lezz., Garcia etc.



2 Castrop. p. 18. n. 4. Bonac. n. 3. et Salm. n. 14. cum Laym., Garc., Lez. etc.



3 Salm. c. 2. n. 18.



4 Ibid. n. 37.



5 Pontius l. 8. c. 19. n. 15. Castrop. p. 21. §. 3. n. 3. , et Salm. c. 2. n. 37. cum Suar., Sanch., Bon. etc.



6 Castr. p. 21. §. 2. n. 2. Bon. p. 8. §. 2. n. 5. Suar. l. 8. c. 37. n. 7. , et Salm. c. 3. n. 20. cum Pont., Gaet., Lez. etc.



7 Suar. loc. cit. n. 6. et 7. Pont. n. 13., et Salm. tr. 18. c. 2. n. 30. et 35. cum aliis.



8 Suar. l. 8. c. 38. n. 1. Bon. tr. 2. d. 3. p. 8. §. 4. n. 11. Castr. tr. 3. d. 4. p. 21. §. 3. a n. 2. Pont. l. 8. c. 19. a. 17. Mazzot. to. 1. de privil. qu. 2. c. 1. p. 23. , et Salm. c. 2. n. 39. et 40.



9 Bon. n. 13. Castr. §. 4. n. 6. Sanch. de mat. l. 3. d. 26. n. 7. , et Salm. tr. 18. c. 2. n. 41. cum Pelliz. , Bassez etc. contra Pontium n. 19.



1 Salm. c. 1. n. 40. et 42.



2 Suar. l. 8. c. 39. n. 2. Pont. l. 8. c. 19. n. 19. Castr. d. 4. d. 21. §. 4. n. 10. Bon. d. 3. p. 8. 4. n. 14. Salm. c. 2. n. 43. et 44., et cum aliis communiter.



3 Salm. tr. 10 de censur. c. 2. n. 80.



4 Tract. 8. de privil. c. 2. n. 5.






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