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S. Alfonso Maria de Liguori
Istruzione e pratica pei confessori

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Punto II. De' privilegi degli ecclesiastici.

18. In quali cose gli ecclesiastici sieno esenti dalla podestà laicale.

19. De' privilegi del canone e del foro, in quanto alle persone.

20. In quanto ai beni.

21. Chi goda questi privilegi.

22. De' beneficiati.

23. De' tonsurati.

24. Di quei che han lasciato l'abito.

25. a 28. Dell'immunità de' luoghi pii.

18. Gli ecclesiastici per legge divina sono esenti dalla podestà secolare in quanto alle materie spirituali, o meramente ecclesiastiche, come sono le ordinazioni, elezioni di prelati ec., siccome costa dal can. 3. del concilio romano. In quanto poi alle persone e luoghi degli ecclesiastici, è questione se sieno o no esenti per legge divina. Molti lo negano, come Lessio, Gaetano, Becano, ed i Salm.5. Molti altri l'affermano, come Suarez, Azorio, Laymann ec., e lo provano da più testi, e specialmente dal c. Quamquam, de gentib. in 6., e dal tridentino sess. 15. c. 20. de ref.: Ecclesiae, et personarum ecclesiasticarum immunitatem Dei ordinatione et canonicis sanctionibus esse constitutum. È certo non però, che gli ecclesiastici così per ius canonico, come civile, non sono soggetti al foro laicale6. Del resto sono essi tenuti in coscienza a quelle leggi civili che non ripugnano al loro stato, non vi coercitiva, come dicesi, sed directiva, cioè per uniformarsi alla comunità7.


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19. Godono dunque per I. gli ecclesiastici l'esecuzione circa le loro persone. Oltre il privilegio del canone, per cui incorre la scomunica chi ingiustamente li percuote (del che si è parlato al cap. XIX. num. 48. e seg.), godono essi l'immunità di non poter esser puniti dalla corte laicale; come apparisce dalle leggi riferite da Becano1. E benché il ius civile non gli esima che nelle cause civili, e nelle criminali s'abbia riserbato il dritto di riconoscerle, senza però condannarli se non dopo la degradazione; nulladimeno il ius canonico gli ha totalmente esentati2. Ma ciò non ostante, in qualche caso può la podestà laicale cercare i chierici, come quando ne trovasse alcuno che di notte portasse armi proibite, o andasse travestito, o lo trovasse in fragranti commettendo qualche delitto, allora può prenderlo per rimetterlo alla curia ecclesiastica; e trovandolo di giorno, sempre può spogliarlo dell'armi proibite. Può ancora in qualche caso castigarlo (ma non con pena di morte), se quegli macchinasse ribellione contro del principe, o facesse commozion di popolo, e dal suo vescovo non ne fosse punito. E di più è probabile, che può castigare i chierici che son notorii sodomiti; poiché questi da Leone X. e da s. Pio V. stan privati d'ogni privilegio clericale3. Del resto per ogni altro delitto i chierici non possono essere castigati dalla corte secolare, cap. fin. de vita, et hon. cler. et c. In audientia, 25. de sent. excom.

20. Per II. Gli ecclesiastici godono l'esenzione dal foro laicale in quanto ai loro beni così ecclesiastici, come in qualunque modo acquistati; onde per quelli non sono tenuti a pagare alcuna imposizione, come si ha dal cap. Quia, e cap. Clericis, de immun. eccles. in 6., e dalla l. Sancimus 22. c. de sacr. eccl.4. I chierici non però negozianti circa i beni meramente ecclesiastici, applicati al negozio, son privati d'ogni esenzione, cap. Quamquam. 4. de censib. in 6. Circa poi gli altri beni propri, ne sono privati dopo la terza monizione5. Di più si noti qui, che in caso di necessità urgente può il principe estrarre dalle case, e vendere il grano degli ecclesiastici6.

21. Quei che godono le suddette esenzioni in quanto alle persone, ed in quanto ai loro beni, sono per prima tutti i regolari coi loro novizi e terziari, ed anche le beate del terzo ordine francescane, carmelitane ec., che portano l'abito col voto di castità, come ha dichiarato la s. c. Di più i cavalieri di s. Giovanni, di s. Giacomo, d'Alcantara e Calatrava, come provano Bonac., Filliuc., Diana7. Di più tutti i chierici ordinati in sacris. Degli altri ordinati in minoribus, o semplicemente tonsurati, il tridentino sess. 23. cap. 6., dice così: Fori privilegio non gaudeat, nisi beneficium ecclesiasticum habeat, aut clericalem habitum et tonsuram deferens, alicui Ecclesiae de mandato episcopi inserviat; vel in seminario clericorum, aut aliqua schola, vel universitate de licentia episcopi quasi in via ad suscipiendos maiores ordines versetur. E di questo privilegio godono ancora i chierici coniugati, che portano l'abito e tonsura, e servono alla chiesa; ma nel cap. ult. de temp. ord. in 6. si vieta dar la tonsura a' coniugati, se non vogliono farsi religiosi, o pure ordinarsi in sacris colla licenza della moglie8.

22. Sicché godono il privilegio del foro per 1. I beneficiati, ancorché non servano ad alcuna chiesa, né portino l'abito e tonsura, come probabilmente si ricava dal concilio secondo dicono i Salm. con Filliuc., Diana e Rodriq., contro Suar. con Filliuc., Diana e Rodriq., contro Suar. Ed ancorché non percepiscano i frutti del beneficio, né la possedano; poiché basta che se ne abbiano il titolo, come dicono Garcia, Filliuccio, e Diana coi Salm. Basta ancora la cappellania, o prestimonio, che si hanno


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per veri beneficii, ma non già la pensione1.

23. Per 2. godono i chierici in minoribus, e i tonsurati, purché portino insieme l'abito e la tonsura, secondo quel che dice il concilio, Clericalem habitum et tonsuram deferens; e come più probabilmente sentono molti dd. con Castrop. e Barbosa, contro i Salmat. ed altri, che interpretano la particola et per la particola vel, sicché dicono bastare l'uno o l'altro2. E purché di più servano alla chiesa; ma in quanto al servizio della chiesa (purché sia spirituale, perché non basta il temporale), basta che servano ad alcuna delle chiese, ancorché non sia destinata dal vescovo, come sta dichiarato dalla s. c. appresso il card. Lambertini3.

24. Acciocché poi i chierici minoristi sieno privati del foro (perché altrimenti corre del privilegio del canone), non già si richiede solamente per li beneficiati, e per gli ordinati in sacris, come si ricava dal cap. Contingit, de sent. excom., o pure per li minoristi, che s'impiegano in negozi secolareschi, come dal cap. Ex literis, de vita et hon. cleric.4; ma basta che abbiano dimesso l'abito e la tonsura, come più volte ha dichiarato la s. c. , e come dicono comunemente i dd.5, purché l'abbiano lasciato per lungo tempo, come notano i Salmat., con Bonac., Suarez, Barbosa, ed altri. Quantunque nonperò tali chierici non possono allegare il foro, nondimeno il vescovo può ripigliarseli dal foro secolare, secondo la dichiarazione della s. c. approvata dal papa6. Quei chierici poi, che riassumono l'abito, ben godono il privilegio, purché non lo facciano in frode; la quale frode allora si suppone, quando alcuno in qualche causa civile già fosse stato citato al foro laicale, o in causa criminale già fosse carcerato, o pure uscito dalla carcere sotto la sicuranza, come dicono i Salm. con Bonac. (contro Guttierez e Ceballos), ed il card. Lambertini con più decreti della s. c.7. È gran questione poi, se la podestà laicale possa conoscer le cause degl'innocenti contra gli ecclesiastici. Altri teologi l'ammettono assolutamente; ma altri più comunemente li permettono sol quando non può, o difficilmente, ricorrersi a' superiori ecclesiastici maggiori8.

25. L'immunità poi ecclesiastica de' luoghi, in quanto al rifugio de' delinquenti, ella compete per ius ecclesiastico e civile a tutte le chiese, benché interdette, o pollute, ed anche dirute (se non sieno affatto dissagrate con autorità del prelato), ed alle loro cappelle, sagristie, cimiteri, anche separati dalla chiesa, mura, campanili, tetti, atrii, e gradi degli atrii, con 40. passi di più per le cattedrali, e 30. per le altre chiese (s'intende ciò solo per quelle che stan fuori le mura della città, o del paese), purché non vi s'interponga via pubblica, o casa di secolari; altrimenti s'è casa di alcun chierico9. Godono la stessa immunità gli spedali, dov'è cappella pubblica, gli oratorii eretti dal vescovo, il palagio del vescovo, e le case de' regolari coi loro dormitorii, claustri, orti, e portici avanti la chiesa, o monasteri10. Ma secondo il concordato colla corte di Napoli cap. 2. oggi godono le sole chiese che stanno in città, o luoghi abitati; ma non le rurali, se non sono parrocchie, o filiali di esse, o dove sta il venerabile. L'esenzione poi in dette chiese non si stende, se non agli atrii circondati di mura, a' portici, scala, porte, e facciata anteriore della chiesa; ed alle sole case che comunicano colla chiesa immediatamente, purché v'abiti un ecclesiastico destinato alla di lei cura.

26. Tutti poi i delinquenti, purché sieno cristiani, ancorché eretici, o interdetti, o carcerati, che rotta la carcere siansi rifugiati ne' suddetti luoghi


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sagri, godono quest'immunità. Ed in ciò si riprova ogni consuetudine in contrario: cap. Noverint, de sent. excom. et authent, de sacros. eccl.1. Se n'eccettuano nondimeno nella bolla di Gregorio XIV. i ladroni pubblici, guastatori de' campi, quei che commettono omicidio per proditorio, o per assassinio (ma Benedetto XIV. n'ha eccettuati tutti gli omicidi per tutta la chiesa), o nella stessa chiesa, o cimiterio; di più gli eretici ed i ribelli contro la stessa persona del principe2. E ne' casi chiaramente eccettuati può il giudice secolare da per sé estrarre i delinquenti dalla chiesa, secondo la comune pratica. In dubbio non però il giudizio dell'eccettuazione spetta al vescovo; così dicono i Salmat. con altri3. Fuori poi de' delinquenti eccettuati, tutti gli altri godono l'immunità, come anche la godono i debitori che si rifugiano nella chiesa4.

27. È questione poi se i chierici e religiosi godano la stessa immunità a rispetto de' loro prelati. Molti l'affermano, come Barbosa, Bordone, Guttierez con una dichiarazione della s. c., ed è probabilissimo, come dicono i Salmaticesi; nulladimeno essi colla sentenza comunissima di Suarez, Castrop., Laymann, Bonacina, Silvestro, ed altri lo negano, così per la bolla di Gregorio XIV., dove parlandosi di detta immunità, si parla solamente de' laici: Ut laicis ad ecclesiam confugientibus etc., come per la comune e ricevuta consuetudine; altrimenti i religiosi che stanno sempre nel monastero, difficilmente potrebbono esser puniti. Siccome poi possono i superiori ecclesiastici (vescovi, e loro vicari) estrarre i loro sudditi dalla chiesa, così ancora quando è necessario possono dar licenza d'estrarli alla corte secolare5. Il vescovo nondimeno non può estrarre i suoi chierici dalle chiese de' regolari; e ciò non per ragione dell'immunità, ma perché quelle sono luoghi esenti dalla sua giurisdizione6.

28. Gli estraenti poi, o quei che han tentata l'estrazione, incorrono Ipso facto la scomunica, dalla quale non possono essere assoluti, che dal papa, o pure dal vescovo, poiché il decreto di Clemente VIII. toglie la facoltà solo a' confessori semplici, benché regolari7. Si avverta qui, che i religiosi i quali discacciassero dalle loro chiese, o monasteri, alcun delinquente, per liberarsi da qualche pericolo o incomodo, questi non offendono l'immunità, e ben possono farlo8.*.




5 Tract. 8. de ord. c. 7. n. 6.



6 Iura co: Less. de iust. l. 2. c. 31. dub. 3.



7 Est commune cum Salm. l. 8. c. 7. n. 16.



1 De sacram. c. 26. q. 9.



2 Salm. tr. 8. c. 7. ex n. 24.



3 Salm. tr. 8. a. n. 27. ad 29. et a n. 18. ad 20.



4 Ibid. c. 7. n. 35. et 55.



5 Ibid. n. 51. cum Less., Mol. etc.



6 Ibid. p. 7. n. 17. cum Diana, Molf.



7 Salm. c. 7. n. 87.



8 Lib. 6. n. 827. in fin.



1 Salm. tr. 8. c. 7. n. 62. et 63. cum aliis



2 L. 6. n. 827.



3 De synodo l. 7. c. 69. n. 4.



4 Lib. 6. n. 827.



5 Card. Lambertini de synodo L. 5. c. 12. ex n. 1. et Salm. tr. 8. c. 7. n. 65.



6 Lamb. de syn. l. 5. c. 12. ex n. 1.



7 Salm. tr. 8. c. 7. n. 67. et c. Lamb. de syn. c. 67. n. 1.



8 Ibid. c. 7. ex n. 76.



9 Sal. tr. 18. c. 3. n. 86.



10 Ib. n. 84. ad. 88.



1 Salm. tr. 18. c. 3. n. 89.



2 Ibid. n. 96. cum Suar., Castrop., Pelliz. Guttier. etc.



3 Salm. tr. 18. ex n. 96.



4 Ibid. n. 95.



5 Salm. tr. 18. c. 3. n. 120.



6 Ibid. n. 123.



7 Ib. n. 117.



8 Ib. N. 118.



* Avvertenza. Al capo XX. de' privilegi al n. 28. si trova scritto, secondo l'opinione de' Salmaticesi tr. 18. de privil., c. 3. n. 116. 117. con Bonac., Castr. ed altri, che coloro i quali hanno incorsa la scomunica per aver estratto qualche delinquente dalla chiesa, possono essere assoluti dal vescovo: per ragione che Clemente VIII. toglie tal facoltà solo a' confessori semplici, benché regolari, ma non a' vescovi. Ma fatta migliore riflessione, dee tenersi il contrario con Fagnano in cap. Cum pro causa de sent. excom., Farinacio ed altri; poiché Gregorio XIV. dichiarò che i violatori dell'immunità incorrono tutte le censure e pene prima imposte da' canoni, concili o altri pontefici contra i violatori della libertà, del ius e dell'immunità ecclesiastica: Declaramus (sono le parole della bolla) eum ipso facto censuras et poenas ecclesiasticus incurrere quae contra libertatis, iuris et immunitatis ecclesiasticae violatores per sacros canones et conciliorum generalium, nostrumque praedecessorum constitutiones sunt promulgatae. All'incontro si ha dall'extrav. 3. Intercommunes, de poenit. et rem., di Paolo II., che stava già imposta la scomunica papale contra i violatori della libertà ecclesiastica. Né vale a dire, che prima stava riservata la sola violazione della libertà, che riguarda le persone, ma non già la violazione dell'immunità che riguarda i luoghi; e che poi da Gregorio fu imposta bensì la scomunica contra i violatori dell'immunità, ma non la riserva, la quale non s'intende fatta, se non è espressa; perché si risponde, che avendo Gregorio imposto quella stessa censura alla violazione dell'immunità che stava prima imposta alla violazione della libertà, se la censura era già riservata per la lesione della libertà, è riservata ancora per quella dell'immunità. Tanto più che Clemente VIII. ne' due decreti che fece sovra i casi riservati al papa ed a' vescovi, nel primo decreto proibì a tutti i confessori l'assoluzione da qualunque caso riservato al papa, nel secondo poi tra i casi papali, che ivi numera, dice, esservi appunto la violazione dell'immunità in termini della bolla di Gregor. XIV., ed in detto secondo decreto nella prima parte tratta de' casi riservati al papa., nella seconda de' riservati al vescovo. Del resto bastava, che la lesione dell'immunità si chiamasse già caso papale, acciocché i vescovi non potessero assolverlo. E di ciò Fagnano in fine del n. 36. ne adduce una decisione della s. c. del concilio.






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