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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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841. AL MEDESIMO.

Ancora delle pratiche per l'approvazione suddetta, dell'accettazione d'un legato, delle missioni in Sicilia e di un Breve del Papa a favore del Santo.

Viva Gesù, Maria e Giuseppe!

NOCERA, 3 DICEMBRE 1776.

Ho letto la vostra, senza data e senza firma.

Tutto va bene, e tutto si eseguirà come V. R. ha pensato.


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Io perciò ho impedito a Massoni che dasse alcun passo o colla Congregazione [de' Vescovi e Regolari o quella del] Concilio, o col Cardinal Negroni, prima che V. R. non fosse intesa di tutto.

Scriverò dunque a Massoni che io non voglio mutare la prima via della Datarìa, impresa per mezzo dell'abate Eugenio, e ch'esso Massoni, dell'affare nostro, non ne faccia parola con anima vivente.

Onde non dubitate di Massoni; perché esso circa l'approvazione non ci avrà niuna mano.

Sì signore: subito domani darò l'incombenza a Napoli e farò comprare li 8 presciutti, quattro paia di caciocavallo ed una scatola di dolci. In quanto alla scatola di dolci, io voglio mandare all'abate Eugenio una scatola famosa di mostacciuoli e pasta di mandorle abbruscate. Basta: piglierò i migliori dolci, che per la via non si guastino, e non diventano brenna arrivando a Roma.

Oggi ancora scrivo che facciano in Napoli le due fedi di 20 e di 15 [ducati]; e per sicurtà, se mai si perdessero per la via, mi ha consigliato qui il P. Villani, nella girata si metterà che non si paghino se non dopo la metà di gennaro.

Io aspettava dal canonico Roberto, o sia da Sant'Agata, più danari; ma non ho ricevuto più che ducati 260, e li 60 già se l'ha pigliati questa casa di Nocera, per comprare l'olio e il vino che mancavano.

Spero non però, per il mese di marzo e forse anche prima, altri ducati 150.

Dico ciò, acciocché V. R. si faccia il conto per la spesa dell'approvazione colla Dataria, dove forse non ne usciremo per meno di 150 scudi.

Del resto, in caso di necessità, se vi bisognano più danari, procurerò di trovargli ad imprestito; e se bisogna, anche pigliandoli ad interesse.

Pertanto tenetemi avvisato, perché sino alla vendita dei grani (che si farà ad ottobre dell'anno venturo) poco potrò


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esigere da Sant'Agata; ma tenetemi avvisato, perché vedrò in tutti i modi di rimediare a' bisogni.

Io vi manderò subito le due picciole fedi, ed avvisatemi poi quando volete altri danari, perché subito vi manderò quello che tengo. Le due fedi già si mandano qui acchiuse; avvisatemi quando le avrete ricevute.

In quanto al legato di Sora, così va: noi non possiamo fare niuno patto o scritto di accettazione. Ma se il vescovo, o pure il duca di Sora, ce lo volesse lasciare o rassegnare, sempre che noi non ne facciamo alcun atto di accettazione, non siamo tenuti a dar conto de' fatti alieni.

In quanto alle missioni di Sicilia, il Cardinal Branciforte si sta aspettando dal Padre Maione, per consegnargli la lettera mia, fatta coll'intelligenza di D. Gaetano Celano.

In quanto al resto, faccia Dio!

Circa le missioni, sì a S. Germano o alla Romagna, disponga Vostra Riv. come meglio le pare.

Ultimamente io mandai al Papa le ultime mie operette della Condotta1 e delle Dissertazioni teologiche; ed il Papa mi ha risposto colla lettera di cui mando qui la copia, per consolazione di tutti, in vedere con quanta cortesia mi scrive e con quanto affetto verso la Congregazione, che io semplicemente nella mia lettera gli ho raccomandata in generale, senza nominare né l'approvazione di Frosinone, né altro. La legga e la faccia leggere a' nostri compagni.2

 


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Per ora che si sta manipolando da Eugenio l'approvazione, non occorre che V. R. vada a Roma. Io credeva che fosse necessaria l'andata vostra per trattare e conchiudere il negozio con Eugenio; ma giacché egli vi scrive con tanta cortesia e sta per mandarvi (come mi scrivete) anche la copia della Bolla, la vostra andata ben si può differire.

Dico differire; perché, dopo l'approvazione, io la stimo necessaria, acciò il Papa abbia cognizione di alcuni della Congregazione che dimostrino spirito ed abilità: giacché sinora il Papa non conosce altri che me, per nome e per via di lettere, e solo conosce il P. Landi ed alcuni altri compagni simili, i quali andarono a Roma nell'Anno Santo.

E perciò vorrei che il Papa parlasse appieno con V. R., che gli dasse conto compiuto dell'Opera nostra, e de' travagli passati in Napoli per causa de' malevoli. Altrimenti, il Papa non potrà formare pieno concetto dell'utilità dell'Opera nostra.

Io son cionco e non posso parlare col Papa, e fra poco tempo mi toccherà di entrare nell'eternità; voi siete quelli che avete da mantenere l'Opera, e perciò bisogna che voi procuriate di farvi conoscere. Credo di essermi spiegato abbastanza, senza più parole.


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Benedico V. R. e tutti i compagni, e la prego di mantenermi notiziato, non continuamente ogni settimana, ma quanto più spesso può; perché le notizie che ricevo di Napoli e di Sicilia poco sono di consolazione. Solamente quelle della Romagna mi consolano.

Per li dolci, io penso mandare la scatola insieme colla roba di dispensa.

Penso, a questa scatola, di spendervi almeno cinque o sei ducati, per avere roba buona, come di mostacciuoli scelti di monache e cose simili, come di pasta di mandola abbruscata Bisogna che siano cose dure, che resistano al viaggio; altrimenti ogni cosa arriva, fatta brenna, a Roma.

Per queste cose poi, bisogna aspettare sino a S. Lucia, quando le monache mandano i regali al Cardinale; e dallo speziale che le compra, bisogna comprare questa scatola onde il tutto arriverà in Roma verso le feste di Natale.

Di V. R.

Fratello ALFONSO MARIA.

[P. S.] Già si è cominciato a trovare li presciutti; onde tutto si manderà a Benevento, acciò giungano a Frosinone.

Conforme all'Originale che si conserva nel nostro archivio generalizio di Roma.




1 Il Santo aveva dedicato al Papa la sua opera Condotta ammirabile della divina Providenza in salvar l'uomo per mezzo di Gesù Cristo.



2 La lettera, a cui si accenna, è del tenore seguente: Pius PP. VI.

Venerabilis Frater, salutem et apostolicam benedictionem.

Liberalitatem erga te nostram, tum in augenda pensione, tum in minuendis ipsius expediendae pensionis sumptibus, de qua liberalitate plurimas gratias agis litteris tuis, abunde quidem remuneratus videris duobus illis libellis quos dono misisti, et quorum unum nostro etiam nomine dicatum voluisti. Nihil nobis gratius, nihil acceptius fuit: et hac de causa majores tibi debemus gratias, quam si, quae pretiosa et amplissima vulgo existimantur, munera nobis obtulisses. Illos quidem nos hac illac versavimus, et cursim attigimus, perlecturi aliquando, si a tot tantisque curis, quibus detinemur, respirandi locus erit. Non dubitamus tamen, quin in iis mirifice eluceat studium perpetuum et ardentissimum pascendi, quoad potes, Christi Gregis: ita quidem ut, episcopatu abdicato, nunquam tamen episcopalis animi vim et munus abjecisse videaris. De Societate SSmi Redemptoris, quam Nostro et Apostolicae Sedis patrocinio commendas, et aequa petis, et nihil est quod nos tibi eidemque Societati, pro vestra eximia pietate, non libenter concessuri simus. Interim, nostrae charitatis certissimum pignus, accipe apostolicam benedictionem, quam tibi, Venerabilis Frater, peramanter impertimur.

Datum Romae, apud S. Mariam Majorem, XVI Kalendas Decembris 1776, Pontificatus nostri anno secundo.

Venerabili Fratri Episcopo ALPHONSO DE LIGUORIO.






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