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S. Alfonso Maria de Liguori Lettere IntraText CT - Lettura del testo |
124. AL SIG. GIAMBATTISTA REMONDINI.
Gl'indica come inserire tutte le aggiunte nell'edizione 5ª già fatta della Morale, e nell'altra da intraprendersi; e lo prega a dargli subito notizie d'una Risposta che si vuole opporre ad una sua Dissertazione, che dice non ritratterà mai se pure non venga convinto in contrario ne' punti sostanziali: il che crede quasi impossibile.
Viva Gesù, Maria e Giuseppe!
SANT'AGATA, 31 MARZO 1764.
Illmo Sig. Sig. e Pne colmo.
Ricevo la sua ultima, e sommamente la ringrazio di tanti belli libri che mi manda.
Subito che qui nel seminario comincierà il nuovo corso della Morale, io farò cominciare a smaltire le sue copie dell'Homo Apostolicus.
Sento il suo pensiero di far aggiungere in fine della Morale le mie aggiunte, e desidera di sapere il mio sentimento.
Penso che parli dell'ultima edizione già fatta; mentre dice già nella sua lettera per poche copie. E ciò sarebbe buono; ma il revisore in ogni aggiunta dovrebbe, ivi in principio, notare a qual luogo va quella aggiunta.
In quanto poi alla nuova ristampa, certamente tutte le aggiunte debbono mettersi a' luoghi propri; perché molte cose sono aggiunte, e molte sono meglio aggiustate; sicché molti pezzi vengono tolti, a' quali hanno da venire altri surrogati.
Ringrazio poi V. S. Illma sommamente della notizia, che mi dà, che il mio stimatissimo P. Patuzzi già risponde alla mia Dissertazione.
Io l'aspetto con tutta la premura, e la prego ad anticiparmela1 quanto più presto può, mandandomi i fogli dentro le lettere subito che può averle; giacché io ho promesso, così nella Dissertazione come nella Lettera [apologetica], di rivocarmi, anche per pubblica scrittura, subito che resterò persuaso della sentenza contraria.
Del resto, sopra questo punto io ho consultato molti uomini dotti e spassionati, e della stessa Religione del P. Patuzzi e P. Berti, i quali, avendo letta senza passione la mia Dissertazione, mi han risposto che quel che io dico è chiaro, anzi che la mia non è opinione, ma dimostrazione; e più di un dotto, che prima era di sentenza contraria, leggendo la mia Dissertazione, si è rivocato, dicendo che non v'è che rispondere.
Quando taluno, per altro, vuole rispondere solamente per rispondere, non gli mancherà che dire, appigliandosi a certe cose non sostanziali. Ma io ho scritto, nella mia Dissertazione e Lettera, che voglio esser capacitato ne' punti sostanziali; altrimenti, certamente non posso rivocarmi in coscienza, e se bisogna, di nuovo risponderò.
Io molto stimo il P. Patuzzi e P. Berti; perché sono uomini veramente dotti, ma solamente Iddio e la Chiesa sono infallibili.
Il dire poi ch'io ho scritto per passione o per seguitare i Gesuiti, è un caricarmi d'un errore troppo grande; in voler dire che io conosco la verità, e per non lasciare i Gesuiti o il mio impegno, sono ostinato a difendere una sentenza falsa.
Questa sentenza io la difendo: perché questa tengo doversi seguire in coscienza; e tengo che non istà in buona coscienza chi vuole obbligare i penitenti a seguitare l'opinione più tuta, quando il penitente ha confessati i suoi peccati ed all'incontro le opinioni sono egualmente probabili. Ed a questi tali che tenessero la rigida sentenza, io non mi fiderei, senza scrupolo di coscienza, dar loro la facoltà di sentir le confessioni. E questa è la verità che confesso avanti a Dio. Del resto, dicano quel che vogliono. E pregherei V. S. Illma, se mai ne avesse il modo, di far leggere a Mgr Patriarca1 quell'ultima Lettera2, che poi si è stampata dietro al Confessore di campagna.
Di nuovo la ringrazio poi di tante cortesie che V. S. Illma mi fa, e dell'affetto che mi mostra ed anche delle difese che prende per me.
Mi confermo e resto
Di V. S. Illma Umo e divmo servitore vero
ALFONSO MARIA, Vescovo di Sant'Agata.
Conforme all'originale che si conserva nel nostro archivio generalizio di Roma.