- VOLUME IV
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- 367. A [Gennaro Riverti], Governatore della chiesa di A.G.P.
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367.
A [Gennaro Riverti], Governatore della chiesa di A.G.P.
Raccomandazione di un galantuomo vergognoso
Arienzo1, 17 luglio 1775.
Ill.mo, e
Rev.mo Signore,
Il povero galantuomo vergognoso N. N. di questa Terra
d'Arienzo vi espone come ave una numerosa famiglia tutta languente. Desidera un
largo soccorso dalla chiesa di A.G.P.2 per riparo de suoi urgenti
bisogni, il che riceverà ut Deus.
Raccomandiamo il povero Supplicante alla pietà del sig.
Governatore della chiesa di A.G.P. per una competente limosina.3
Arienzo li 17 Luglio 1775.
Alf. M. Vesc. di S. Ag. a.4
Dichiaro io qui sottoscritto di aver ricevuto la suddetta
somma di carlini venti, e l'ho consegnati al sudetto Supplicante.
Giustiniano Bruno Confessore.5
Trascrizione secondo la fotocopia inviata in A G.
dal P. Luigi Gravagnuolo. Il testo originale è rintracciato dal P. Luigi
Gravagnuolo a Moiano (Benevento), presso la signora Leonilda Oropallo in
Moiano, Via S. Sebastiano, 2: che li custodisce gelosamente quali reliquie pregiate.
Presso questa famiglia con tradizione inalterata si rammenta che sant'Alfonso
recandosi in paese per motivi pastorali era ospite gradito degli antenati. Il
santo vescovo dimorò certamente in quella borgata nel gennaio del 1767, come
risulta dall'epistolario: non dubitiamo che nel 1763-66 siasi recato più volte
per rendersi conto della situazione morale dei singoli luoghi della diocesi.
Prima però questi documenti, opiniamo non senza ragioni
plausibili, dovevano esser custoditi presso l'archivio della chiesa
dell'Annunziata di Arienzo annessa al monastero A.G.P. cioè "Ave Gratia
Plena". Le monache che vi abitavano avevano le regole o statuti dei
Canonici lateranensi, e si chiamavano ordinariamente «Rocchettine».
Il territorio di Arienzo, che nel '700 era parte integrante
e importante della diocesi di S. Agata dei Goti, ne è stato staccato e
appartiene da pochi decenni alla giurisdizione della contigua diocesi di
Acerra.
Analisi del testo fatta dal P. Oreste Gregorio.
Pubblicata in Spicilegium Historicum, Roma, 21
(1972), p. 6.
1 Ai tempi di sant'Alfonso vescovo (1762-1775) si
contavano in Arienzo cinque conventi: Agostiniani, Domenicani, Carmelitani,
Cappuccini e Benedettini di Monte Vergine. Oltre le monache dell'Annunziata vi
era pure un Conservatorio regolato da religiose, che seguivano gli statuti
dell'Ordine delle Serve di Maria. Il monastero che disponeva di più copiose
finanze era quello di A.G.P. I poveri di Arienzo lo sapevano, per cui
indirizzavano al Governatore del medesimo le richieste di aiuto non
direttamente ma mediante l'appoggio del vescovo che consideravano «padre dei
poveri» molto influente con le sue commendatizie. Sant'Alfonso sempre sensibile
alla voce dei poverelli, accoglieva con animo deferente i loro Memoriali e
convalidatili con una calda raccomandazione stesa dal Segretario vi apponeva la
propria firma autografa.
2 Come consta da note dell'archivio diocesano
santagatense, la chiesa A.G.P. in Arienzo era officiata da 19 cappellani, che
avevano coro con recita del breviario: vi era un Procuratore eletto dalle
religiose per l'amministrazione delle pingui rendite, e un Governatore creato
con suffragio popolare, che dirigeva l'andamento disciplinare e quello
economico: a lui toccava decidere l'impiego delle eccedenze del bilancio in
elemosine ai bisognosi (Arch. dioces. di S. Agata, Miscellanea, vol. 181, fol.
110-11). A tale carica era assunta una persona facoltosa e ineccepibile nei
costumi.
3 Il p. Tannoia a proposito di queste suppliche della
povera gente, che in quel periodo non era scarsa, rileva: «Nella folla di tanti
Memoriali, che per vari motivi capitavano dalla diocesi, se taluno ne ritrovava
di qualche povero, dir soleva allegro: Oh! questo sì che mi piace: è Memoriale
per limosina» (III, 503).
4 Il p. Berruti in un capitolo denso di notizie ci
fa capire le abituali disposizioni interiori del santo, che fu nella longeva
esistenza un autentico signore, munifico verso i poveri, per quanto austero con
se stesso e con i suoi parenti. Nessuno forse più di lui riconobbe la funzione
sociale del denaro.» La liberalità di questo santo è stata così grande da farlo
paragonare ai più rinomati eroi della religione, e nei tempi a noi più vicini
ad un Tommaso da Villanova, ad un Carlo Borromeo, ad un Francesco di Sales».
Nel Regno di Napoli risuonò la sua carità squisita e piena d'iniziative, in
modo distinto, durante la terribile carestia del 1763-64 (Lo spirito di S.
Alfonso, cap. 19).
5 Ciascuna Petizione era composta di tre parti: la
prima contiene il testo del Supplicante rivolto al vescovo; la II ha il testo
della raccomandazione fatta da sant'Alfonso al governatore; la III è
l'attestato del sacerdote incaricato di consegnare l'elemosina al povero
richiedente.
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