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S. Alfonso Maria de Liguori
Opera dogmatica...eretici pretesi riformati

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SESSIONE XXIII. Del sacramento dell'ordine.

1. Gli eretici moderni si sono molto affaticati in toglier dal numero de' sacramenti il sacramento dell'ordine: onde il concilio volle che con molta cura ed esattezza fosse esaminata questa materia in più sessioni da' teologi così minori come maggiori. E prima di tutto si notarono sette articoli, ne' quali si conteneano gli errori degli avversarj contra il sacramento dell'ordine.

2. Art. I. Che l'ordine non è sacramento, ma solo un certo rito di eleggere i ministri della parola di Dio e dei sacramenti. Art. 2. Che l'ordine è un'invenzione umana, ritrovata da persone non perite delle cose ecclesiastiche. Art. 3. Che l'ordine non è un solo sacramento, e che gli ordini inferiori non tendono come gradi al presbiterato. Art. 4. Che non vi è gerarchia ecclesiastica, ma che tutti i cristiani non sacerdoti: e che alla elezione si richiede la chiamata del magistrato ed il consenso del popolo: e che chi una volta fu sacerdote può tornar laico. Art. 5. Che nel nuovo testamento non vi è sacerdozio visibile né potestà a consecrare ed offerire il corpo di Gesù Cristo né ad assolvere i peccati, ma solo l'officio di predicare il vangelo; e quei che non predicano cessano di esser sacerdoti. Art. 6. Che l'unzione e tutte le altre cerimonie


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non si ricercano nel conferire gli ordini, anzi che sono inutili e dannose; e che per l'ordine non si dà lo Spirito santo. Art. 7. Che i vescovi non sono superiori ai preti né hanno potestà di ordinare: e se l'hanno, esser ciò comune a' preti: e che le ordinazioni fatte da loro, senza il consenso del popolo, non sono valevoli.

3. Indi nella prima congregazione che si fece, discorse il Salmerone: disse per I. che il sacrificio e il sacerdozio sono fra loro non solo congiunti, ma inseparabili: onde alla dottrina dell'uno necessariamente succedea quella dell'altro. Per 2. disse che s. Agostino1 distinse l'ordine con cui si dispongono le cose e l'ordine ecclesiastico con cui si discerne il diaconato dal sacerdozio, e da questo il vescovado. Si prende ancora l'ordine per quella cerimonia sacra, come scrisse il maestro delle sentenze, con cui si dà potestà nella stessa chiesa; e disse che l'ordine, preso in quest'ultima significazione, è vero sacramento, come lo comprovò coi testi di s. Paolo: Noli negligere etc., Resuscites etc. e col concilio fiorentino e cartaginese IV. Disse per 3. che questo sacramento fu istituito da Cristo secondo la dottrina dei padri e dello stesso concilio, nella sessione antecedente 22 con quelle parole di s. Luca2 : Hoc facite in meam commemorationem. E con quelle altre parole: Accipite Spiritum sanctum: quorum remiseritis peccata etc.3 . Dove il Signore col soffio dello Spirito santo (insufflavit in eos) comunicò a' suoi discepoli la potestà nel corpo mistico, cioè di assolvere i peccati. Per 4 disse che come si legge nel cap. ult. di s. Marco, quando Cristo condusse fuori gli apostoli e li benedisse, allora li costituì vescovi, secondo insegnano s. Agostino e s. Clemente romano nel lib. 8 delle costituzioni apostoliche; e ciò ben convenne, poiché mandandoli a predicare ed a fondare la chiesa, era lor necessaria anche la potestà di crear nuovi sacerdoti e vescovi. Per 5. aggiunse che il diaconato è vero sacramento, secondo si narra negli atti4 , ove si dice: Orantes imposuerunt eis manus: colla quale imposizione si comunicò fra loro, in virtù del sacramento, la grazia dello Spirito santo, siccome si disse poi di s. Stefano ordinato in quel tempo diacono: Erat plenus Spiritu sancto et praedicabat; né esser vero che i diaconi furono ordinati per attendere alle mense terrene, ma alle sante del sacramento dell'altare, ricevendo allora la facoltà di dispensare l'eucaristia, come dissero Clemente, Evaristo, Ignazio martire, Cipriano, Girolamo, il concilio di Neocesarea e Beda. E benché in alcuni canoni del sesto concilio riferiscasi l'istituzione loro al ministerio da farsi alle mense delle vedove, disse que' canoni della chiesa non esser accettati; oltreché, ben può spiegarsi che i diaconi avessero avuto allora l'una e l'altra incumbenza delle mense temporali e spirituali.

4. E lo stesso dicesi di s. Paolo e s. Barnaba quando fu detto loro: Ite et praedicate: poiché allora lor furono imposte le mani, e poi fu lor comandato di andare a predicare; il che non poteva intendersi del sacerdozio, che già l'aveano ricevuto; onde s'intendea del vescovado. E di essi poi si racconta che costituivano per le città i preti; il che è proprio dei vescovi. Per ultimo disse che nell'ordinazione s'imprime il carattere spirituale; onde concluse non esser vero che l'ordine è semplice elezione a predicar la divina parola, ma che è vero sacramento e carattere, per la divina facoltà data alla chiesa. Inoltre impugnò il dire che i preti diaconi possano costituirsi da' magistrati laicali, essendo la lor potestà soprannaturalmente di pascer le pecorelle, come fu detto a s. Pietro qual primo pastore. E per tanto ciò fu proibito al popolo nel concilio VIII. dal lateranese e dal fiorentino. Che se qualche volta il popolo li aveva eletti, ciò fu per concessione apostolica; ma il diritto poi di confermare e dar la potestà spirituale spettava solamente alla chiesa.

5. Nel secondo congresso ragionò poi il p. Pietro Soto domenicano e disse, contra il 4 articolo, esservi nella chiesa la gerarchia, cioè la preminenza nel governo che aveano i vescovi sopra i sacerdoti, secondo il detto di s. Paolo: Posuit episcopos regere ecclesiam Dei5 . Di più addusse il detto dell'apostolo: Obedite, praepositis vestris et subiacete eis etc.6 . Dunque nella chiesa vi sono i superiori a cui dee ubbidirsi. Né ostare quel che dice s. Pietro7 : Vos autem genus electum, regale sacerdotium etc. Poiché disse ciò intendersi del sacerdozio corporale, non già spirituale. Parlò poi circa l'articolo 5 e provò che nella chiesa vi è vero sacerdozio. Indi contese contra Salmerone che prima veramente era data al popolo l'elezione de' ministri e lo provava con quelle parole: Tunc placuit apostolis et viris senioribus cum omni ecclesia eligere viros ex eis et mittere


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Antiochiam etc.1 . E volea che questa fosse vera tradizione apostolica; ma se gli oppose Melchior Cornelio, mandato dal re di Portogallo, sostenendo che il popolo assisteva solo per far la dovuta testimonianza, ma che non eleggeva.

6. Nel seguente congresso parlò il detto Cornelio e disse che dell'unzione de' sacerdoti, disprezzata dagli eretici, ne fa menzione Fabiano papa, s. Dionigi ed Innocenzo III.2 . Provò che il vescovo era superiore a' preti, e che non ostava il detto di s. Girolamo, ove pareva che eguagliasse l'uno cogli altri, provando che in molti altri luoghi il s. dottore parlava della preminenza de' vescovi, e che, in quel luogo che si oppone, il santo intendea parlare di quella sola potestà che ugualmente hanno così i sacerdoti come i vescovi. Finalmente dopo che ne' predetti ed altri congressi furono ben discussi i mentovati sette articoli de' novatori, il concilio formò quattro capi ed otto canoni sovra il sacramento dell'ordine.




1 - L. 19. de. civ. Dei.

2 - 22. 19.

3 - Io. 20. 22. et 23.

4 - C. 6. vers. 6.

5 - Act. 20. 28.

6 - Hebr. 13. 17.

7 - 1. Ep. 2. 9.

1 - Act. 15. 22.

2 - C. 1. de sacra unct.




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