- CAPO III - Riflessioni sulla Flagellazione, Coronazione di spine e Crocifissione di Gesù Cristo
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CAPO III - Riflessioni sulla Flagellazione,
Coronazione di spine e Crocifissione di Gesù Cristo
Sulla flagellazione.
1.
Scrive S. Paolo di Gesù Cristo: Semetipsum
exinanivit formam servi accipiens (Philip. II, 7). Soggiunge poi S.
Bernardo su questo testo e dice: Non
solum formam servi accipiens ut subesset; sed etiam mali servi ut vapularet.1 Volle il nostro Redentore, ch'è il
Signore di tutti, non solo prender la condizione di servo, ma anche di servo
cattivo per esser castigato qual malfattore e così soddisfare per le nostre
colpe.
È certo che la
flagellazione fu il tormento più crudele che abbreviò la vita al nostro
Redentore; poiché la grande effusione di sangue - da lui già predetta quando
disse: Hic est enim sanguis meus novi
testamenti, qui pro multis effundetur (Matth. XXVI, 28) - fu la causa
principale della sua morte. È vero che questo sangue fu sparso prima nell'orto,
fu sparso anche nella coronazione di spine e nell'inchiodazione; ma la massima
parte fu sparso nella flagellazione: la quale primieramente fu a Gesù Cristo di
gran rossore ed obbrobrio; poiché questa era pena che si dava a' soli schiavi,
come si ha dalla L. servorum. ff. de
poenis;2 che per ciò i
tiranni dopo aver condannati alla morte i santi martiri, gli faceano prima
flagellare e poi uccidere; ma nostro Signore
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fu flagellato prima di
esser condannato a morte. Egli già prima in sua vita avea predetta a' suoi
discepoli particolarmente questa flagellazione che dovea patire: Tradetur... gentibus et illudetur et
flagellabitur (Luc. XVIII, 32). Significando loro il gran dolore che doveva
recargli questo tormento.
2.
Fu rivelato a S. Brigida che un manigoldo prima comandò a Gesù Cristo che da se stesso si spogliasse delle sue vesti; egli ubbidì e poi abbracciò la
colonna, ove fu ligato e flagellato sì crudelmente che il suo corpo restò tutto
lacerato. Dice la rivelazione che i
flagelli non solo ferivano, ma solcavano le sue carni sagrosante: Iubente lictore, seipsum vestibus exuit,
columnam sponte amplectens ligatur et flagellis non evellendo, sed sulcando
totum corpus laceratur (Revel. 1. IV, c. 70).3 E fu
lacerato in modo che, come si dice nelle stesse rivelazioni (L. I, c. 10), nel
petto gli si vedeano le coste scoverte: Ita
ut costae viderentur.4 Al che
si uniforma quel che scrisse S. Girolamo (In Matth.): Sacratissimum corpus Dei flagella secuerunt,5 e quel che scrisse S. Pier Damiani,
dicendo che i carnefici si affaticarono a flagellar nostro Signore sino a venir
meno loro le forze, usque ad
defatigationem.6 Tutto
ciò fu già prenunziato da Isaia con quella parola: Attritus est propter scelera nostra (Is. LIII, 5). Attritus significa lo stesso che stritolato o sia pestato.
Eccomi, Gesù mio, io
sono uno de' vostri più crudeli carnefici che vi ho flagellato co' miei
peccati, abbiate pietà di me. O amabile mio Salvatore, è troppo poco un cuore
per
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amarvi. Io non voglio più vivere a me stesso, voglio vivere solo
a voi, mio amore, mio tutto. Onde vi dico con S. Caterina da Genova: O amore, o amore, non più peccati.7 Basta quanto vi ho offeso, ora io spero
di esser vostro; e colla vostra grazia voglio esser sempre vostro per tutta
l'eternità.
1
«Filius erat et factus est tamquam servus. Non solum formam servi accepit, ut
subesset; sed etiam mali servi, ut vapularet; et servi peccati, ut poenam
solveret, cum culpam non haberet.» S. BERNARDUS, In feria IV Hebdomadae Sanctae, sermo de
Passione Domini, n. 10. ML 183-268.
2 «In
servorum persona ita observatur, ut exemplo humiliorum puniantur. (In margine : Humiliorum: .... Subaudi
hic: ad minus; quia statim ponit, quod plus servus quam alius humilis.) Ex quibus causis liber fustibus caeditur, ex iis
servus flagellis caedi, et domino reddi iubetur. (In margine: Flagella plus
dolent: quasi parata ad plus dolendum.) Et ex quibus liber fustibus caesus in
opus publicum damnatur, ex iis servus sub poena vinculorum ad eius temporis
spatium flagellis caesus domino reddi iubetur. (In margine : Maior poena est stare in
vinculis, quam laborare in agro seu opere pubblico.)» DIGESTORUM lib. 48, titulus 19: de poenis, X.
3
«Iubente lictore, seipsum vestibus exuit: columnam sponte amplectens, recte
ligatur, et flagellis aculeatis infixis aculeis, et rectractis, non evellendo,
sed sulcando, totum corpus eius laceratur.» Revelationes
S. BIRGITTAE, a Card. Turrecremata recognitae, lib. 4, cap. 70.
4
«Flagellabant corpus eius ab omni macula et peccato mundum. Ad primum ergo
ictum, ego, quae adstabam propinquius, cecidi quasi mortua, et resumpto
spiritu, vidi corpus eius verberatum et flagellatum usque ad costas, ita ut
costae eius viderentur.» Idem opus,
lib. 1, cap. 10, Verba Virginis Mariae.
5
«Sciendum est Romanis eum (Pilatum) legibus ministrasse, quibus sancitum est,
ut qui crucifigitur, prius flagellis verberetur. Traditus est itaque Iesus
militibus verberandus, et illud sacratissimum corpus, pectusque Dei capax,
flagella secuerunt.» S. HIERONYMUS, Commentaria in Evang. Matthaei, lib. 4, in cap. XXVII, 26. ML
26-208.
6 «Porro sex
fuisse qui Christum flagellarunt, quidam ex Chrysostomi et Hieronymi doctrina
depromunt: nec remisse sed usque ad defatigationem, ut in ea re liceat hominum
crudelitatem spectare.» A. SALMERON, S. I., Commentarii
in Evangelicam historiam et in Acta Apostol., Tom. X, Coloniae Agrippinae,
1613, tract. XIX, pag. 246.
7 Nel punto
della sua conversione, Caterina, «per quei sentimenti d' immenso amore, e delle
offensioni fatte al suo dolce Iddio, fu talmente tirata per affetto purgato
fuor delle miserie del mondo, che restò quasi fuor di sé; e perciò di dentro
gridava con affocato amore: «Non più mondo! non più peccati!» ed in quel punto
se ella avesse avuto mille mondi, tutti gli avrebbe gettati via. Partendosi
(dalla chiesa di S. Benedetto, dove avvenne la sua conversione) ritornò a
casa... ed entrò in una camera più segreta che poté, dove pianse e sospirò
molto con gran fuoco... Ma volendo il Signore accendere intrinsecamente più l'
amor suo in quest' anima, e il dolore de' suoi peccati, se le mostrò in ispirito
con la croce in ispalla, piovendo tutto sangue, per modo che la casa tutta le
pareva piena di rivolti di quel sangue, il quale vedeva esser tutto sparso per
amore: il che le accese nel cuore tanto fuoco, che ne usciva fuor di sé, e
pareva una cosa insensata, per lo tanto amore e dolore che ne sentiva. Questa
vista le fu tanto penetrativa, che le pareva sempre di vedere - e con gli occhi
corporali - il suo Amore tutto insanguinato, e inchiodato in croce. Vedeva
ancor le offese che gli aveva fatto, e però gridava: «O Amore, mai più, mai più
peccati.» MARABOTTO e VERNAZZA, Vita, cap.
2, n. 1, 3, 4, 5.
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