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S. Alfonso Maria de Liguori
Apparecchio alla Morte

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PUNTO II

Il peccatore non solo ingiuria Dio, ma lo disonora. «Per praevaricationem legis Deum inhonoras» (Rom. 2. 23). Sì, perché rinunzia alla sua grazia, e per un gusto miserabile si mette sotto i piedi l'amicizia di Dio. Se l'uomo perdesse la divina amicizia, per guadagnarsi un regno, anche1 tutto il mondo, pure sarebbe un gran male, perché l'amicizia di Dio vale più che il mondo e mille mondi. Ma perché taluno offende Dio?


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«Propter quid irritavit impius Deum?» (Psal. 10. 13). Per un poco di terra, per uno sfogo d'ira, per un gusto di bestia, per un fumo, per un capriccio. «Violabant me propter pugillum hordei, et fragmen panis» (Ez. 13. 19). Allorché il peccatore si mette a deliberare di dare o no il consenso al peccato, allora (per così dire) prende in mano la bilancia, e si mette a vedere che cosa pesa più, se la grazia di Dio, o quello sfogo, quel fumo, quel gusto; e quando poi dà il consenso, allora dichiara in quanto a sé che vale più quello sfogo, quel gusto, che non vale la divina amicizia. Ecco Dio svergognato dal peccatore. Davide2 considerando la grandezza e la maestà di Dio dicea: «Domine, quis similis tibi»? (Psal. 34. 10). Ma Dio all'incontro, quando si vede da' peccatori posto a confronto e posposto ad una soddisfazione3 miserabile, loro dice: «Cui assimilastis me, et adaequastis me, dicit Sanctus?» (Is. 40. 25). Dunque (dice il Signore) valeva più quel gusto vile, che la grazia mia? «Proiecisti me post corpus tuum» (Ez. 23. 35). Non avresti fatto quel peccato, se avessi avuto a perdere una mano, se dieci ducati, e forse molto meno. Dunque solo Dio, dice Salviano,4 è così vile agli occhi tuoi, che merita d'esser posposto ad uno sfogo, ad una misera soddisfazione: «Deus solus in comparatione omnium tibi vilis fuit». In oltre, quando il peccatore per qualche suo gusto offende Dio, allora fa che quel gusto diventi il suo Dio, facendolo diventare suo ultimo fine. Dice S. Girolamo:5 «Unusquisque quod cupit, si veneratur, hoc illi Deus est. Vitium in corde, est idolum in altari». Onde


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dice S. Tommaso:6 «Si amas delicias, deliciae dicuntur Deus tuus». E S. Cipriano:7 «Quidquid homo Deo anteponit, Deum sibi facit». Geroboamo quando si ribellò da Dio, procurò di tirarsi seco anche il popolo ad idolatrare, e perciò gli presentò gl'idoli suoi e gli disse: «Ecce dii tui, Israel» (3. Reg. 12. 28). Così fa il demonio, presenta al peccatore quella soddisfazione e dice: Che ne vuoi fare di Dio? ecco lo Dio8 tuo, questo gusto, questo sfogo, prenditi questo e lascia Dio. Ed il peccatore, quando acconsente, così fa, adora per Dio nel suo cuore quella soddisfazione. «Vitium in corde est idolum in altari».

Almeno, se il peccatore disonora Dio, non lo disonorasse in sua presenza; no, l'ingiuria, e lo disonora in faccia di lui, perché Dio è presente in ogni luogo. «Coelum et terram ego impleo» (Ier. 23. 24). E questo lo sa già il peccatore, e con tutto ciò non si arresta di provocare Dio avanti gli occhi suoi. «Ad iracundiam provocant me ante faciem meam» (Is. 65. 3).

Affetti e preghiere

Dunque, mio Dio, Voi siete un bene infinito, ed io v'ho più volte cambiato per un gusto miserabile, che appena avuto è sparito. Ma Voi benché da me disprezzato, ora mi offerite il perdono, se lo voglio; e mi promettete di ricevermi nella vostra grazia, se mi pento d'avervi offeso. Sì, mio Signore, mi pento con tutto il cuore di avervi così oltraggiato; odio il mio peccato sopra ogni male. Ecco (come spero) ch'io già ritorno a Voi, e Voi già mi ricevete, e mi abbracciate per figlio. Vi ringrazio, bontà infinita. Ma aiutatemi ora, e non permettete ch'io vi discacci più da me. L'inferno non lascerà di tentarmi ma Voi siete più potente dell'inferno. So ch'io non mi dividerò più da Voi se sempre a Voi mi raccomanderò; questa è la grazia dunque che mi avete da fare, fate ch'io sempre mi raccomandi a Voi, e sempre vi preghi, come ora vi dico: Signore, assistemi, datemi luce, datemi forza, datemi perseveranza, datemi il paradiso; ma sopra tutto concedetemi l'amor vostro,


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ch'è il vero paradiso dell'anime. V'amo, bontà infinita, e voglio sempre amarvi. Esauditemi per amore di Gesu-Cristo.

Maria, voi siete il rifugio de' peccatori, soccorrete un peccatore che vuole amare il vostro Dio.




1 [27.] anche) ed anche BR2.



2 [9.] Davide) Davidde VR BR1 BR2.



3 [12.] soddisfazione) sodisfazione NS7: è un modo di Stasi che ritorna in tutto il volume, per cui non lo notiamo più.



4 [17.] SALVIANUS, De gubernatione Dei, l. VI, n. 7; PL 53, 116: «Omnia denique amamus, omnia colimus. Solus nobis in comparatione omnium Deus vilis est». CSEL 8, 134-135.



5 [22.] Probabilmente proviene da D. SERIO, Esercizi di missione, p. I, Sermoni per la sera, III la gravità del peccato mortale; Bassano 1781, ed. VI, 154: «Quaecumque vitia habemus, et quaecumque peccata, tot recentes deos habemus, scrive s. Girolamo (Sup. Ps. 82): iratus sum? Ira mihi est deus: vidi mulierem et concupivi? libido mihi est deus. Unusquisque enim quod cupit et veneratur, hoc illi deus est. Vitium in corde est idolum quod veneratur in ara». Vedi pure GISOLFO P., La guida de' peccatori, p. I, disc. III; I, Roma 1694, 62. Cfr. HIER., Epist. 22 ad Eustochium, n. 10; PL 22, 400: «Id enim colit unusquisque quod diligit». CSEL, 54, 158. Il testo citato sembra che sia di autore incerto, Breviarium in Psalmos, in Ps. LXXX; PL 26, 1060: «Quotcumque vitia habemus, quotcumque peccata, tot recentes habemus deos... Unusquisque enim quod cupit et veneratur, hoc illi deus est». Lo scritto si trova in appendice delle opere genuine di s. Girolamo ma non è autentico (Glorieux, 19; Clavis, 629).



6 [1.] S. THOMAS, Summa theol., I-II, q. I, a. 5, sed contra: «Unde quidquid aliquis sibi pro fine ultimo constituit in quo eius desiderium quiescit, potest dici deus illius. Unde cum habes pro fine delicias, tunc deliciae dicuntur deus tuus».



7 [2.] Ps. CYPRIANUS, Liber de duplici martyrio ad Fortunatum, n. 23; PL 4, 894: «Quidquid homo quivis Deo anteponit, sibi deum facit». CSEL 3 (3), 235. Quest'opera venne un tempo attribuita a s. Cipriano, ma è di epica posteriore (cfr. Glorieux, 9).



8 [6.] Io Dio) il Dio BR2.






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