Copertina | Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
S. Alfonso Maria de Liguori Visite al SS. Sacramento IntraText CT - Lettura del testo |
Introduzione di Ezio Marcelli
1 - L'Eucaristia nel secolo di sant'Alfonso de Liguori
Il secolo XVII ha segnato una fioritura di devozioni eucaristiche . Le esposizioni pubbliche del SS. Sacramento, particolarmente nel pomeriggio dei giovedì, erano così numerose che quel secolo fu chiamato "delle esposizioni frequenti".
All'usanza delle Quarantore si affiancarono altre due devozioni abbastanza simili: l'adorazione perpetua e l'adorazione riparatrice. Con la prima, l'Eucaristia veniva esposta alla preghiera e al culto dei fedeli, specialmente nei conventi, ininterrottamente, di giorno e di notte; con la seconda, si riparavano le offese fatte al Signore, specialmente nel periodo di carnevale.
Pure la partecipazione alla comunione era abbastanza frequente.
Ben radicata era la tradizione di recarsi in chiesa per visitare Gesù e fargli un po' di compagnia adorandolo.
Tale fervore eucaristico si prolungò nel 1700, fino a quando, anche in Italia, cominciarono a farsi sentire i malefici influssi dell'illuminismo e del giansenismo. Questi movimenti combatterono ferocemente il cristianesimo: il primo, attaccando tutte le verità rivelate; l'altro, allontanando i fedeli dai sacramenti, in modo particolare dalla comunione. È stato il momento più triste nella storia della Chiesa di quel secolo: per la fede e per le anime annunciava tragici sbocchi.
Si avvertì subito la necessità di un'azione intensa, capillare, ininterrotta per la vita della religiosità e per mantenere le anime disponibili ai sacramenti, specialmente all'Eucaristia, e alla loro azione salvatrice e santificante. Era forte il bisogno di una voce nuova che, capace di ascoltare, carica di un passato non ancora dimenticato, sapesse accogliere le esigenze del presente per mantenere e rivitalizzare la genuinità e l'essenzialità della fede.
La divina Provvidenza, costantemente vigile sulle necessità della Chiesa, provvide il suo popolo dell'uomo giusto per questa grandiosa missione: Alfonso Maria de Liguori, che contrastò i due movimenti transalpini con tenacia, con decisione e costanza, soprattutto con la ragione illuminata dalla fede, istruendo clero e fedeli, e guidando le anime verso il mistero eucaristico, portandole a un tenero amore verso la Madre di Dio e verso il Cristo sofferente.
Sant'Alfonso ha vissuto così intensamente quasi tutto il secolo XVIII da lasciarvi, in maniera pressoché indelebile, il segno della sua presenza e della sua azione di moralista, di missionario, di vescovo, di intramontabile scrittore di spiritualità, adatta particolarmente alla gente semplice.
2 - L'Eucaristia nella vita e nelle opere di sant'Alfonso
La pietà alfonsiana si esprime e si caratterizza per tre direttive o ideali: l'Eucaristia, la Passione di Gesù, il filiale e ardente amore verso Maria santissima. Ma il primo e più intensamente vissuto di questi suoi amori, è stato Gesù eucaristico. "La calamita che fin da secolare attiravagli il cuore - ricorda il suo primo biografo, p. Antonio Tannoia, che gli fu contemporaneo - era Gesù in Sacramento".
La viva partecipazione al mistero eucaristico farà di Alfonso l'innamorato, il poeta e il cantore che si smarrisce in estasi profonde contemplando l'Ostia: "Oh, potessi, mio dolcissimo Salvatore, lavare con le lagrime mie ed anche col mio sangue quei luoghi infelici nei quali fu in questo sacramento tanto oltraggiato il tuo amore e il tuo Cuore" (Visita XXIV).
Fin da piccolo, ha mostrato una tenerissima devozione verso l'Eucaristia. "Dava tenerezza in vedere un fanciullo di quell'età (circa nove anni) assistere ginocchioni e con una particolar devozione alla santa Messa e d accostarsi con tanto fervore di spirito a ricevere il divin Sacramento. Si apparecchiava con divoti libbricini che aveva alla mano, e ginocchioni, trattenevasi ancora in fare i dovuti ringraziamenti".
Nella quaresima del 1722, quando aveva 26 anni, invitato a partecipare a un corso di esercizi spirituali dal giovane cavaliere Francesco Capecelatro dei duchi di Casabona, Alfonso ne venne fuori rinvigorito nella fede e nell'impegno cristiano. Ma il frutto maggiore che ricavò da quegli esercizi fu una speciale confidenza ed una tenera devozione a Gesù sacramentato. Scrive p. Tannoia: "Oltre alla comunione, che frequentava più volte alla settimana, prese anche l'uso di recarsi ogni giorno a visitarlo in quella chiesa, lontano o vicina che essa fosse, ov'era esposto per le quarant'ore alla pubblica adorazione dei fedeli. Né vi si tratteneva già per momenti, come si suole da' mezzanamente divoti, ma stavasene ivi a contemplarlo per più ore".
Davanti al Santissimo, il tempo gli volava via senza accorgersene tanto che un giorno il confessore gli proibì di prolungare l'adorazione per più di un'ora e mezza.
Nel 1723, dopo quasi dieci anni di brillanti successi, in seguito all'unica, ma clamorosa sconfitta giudiziaria la conclusione della causa per altro era stata decisa in base a giochi politici, motivo per cui Alfonso abbandonerà l'attività forense -, poté superare l'amarezza e lo sconforto, e recuperare la serenità di spirito dopo lo sconvolgimento interiore, soltanto alla presenza di Gesù nel sacramento e nel servizio dei malati. "Avendo la Grazia - scrive p. Tannoia - preso maggior piede nell'Anima sua, non in altro trovava il suo compiacimento, che nel trattenersi di mattina parte in chiesa e parte nell'Ospedale degli Incurabili; o stando in casa, non si occupava che nel leggere vite de' Santi, o nel trattare con Dio, meditando libri devoti. Queste erano le sue giornaliere occupazioni. Soprattutto gustava un Paradiso anticipato, trattenendosi le ore due, ed anche le tre, in quelle chiese, ove ci erano le Quarantore, contemplando Gesù Sacramentato".
Nella Introduzione alle Visite, sant'Alfonso confessa che la decisione di abbandonare il suo mondo di nobiltà e di fortune materiali, per abbracciare una vita di sacrificio e forse di stenti, è maturata ai piedi dell'altare: "Bisogna ch'io palesi in questo libretto, almeno per gratitudine al mio Gesù sacramentato, questa verità: io per questa divozione di visitare il Santissimo Sacramento, benché praticata da me con tanta freddezza e imperfezione, mi trovo fuori dal mondo, dove per mia disgrazia son vissuto sino all'età di 26 anni".
Di frequente portava anche i fiori per adornare gli altari; fiori che lo rendevano così poeticamente geloso che un giorno si rivolse ad essi accoratamente: "Fiori, felici voi, che notte e giorno / Vicini al mio Gesù sempre ne state, / Né vi partite mai, finché d'intorno / Tutta la vita alfin non vi lasciate: / Oh, potess'io far sempre il mio soggiorno in questo luogo bel, dove posate! / Ahi! qual sorte saria la mia, qual vanto / Finir la vita alla mia Vita accanto!"
La visita quotidiana al Santissimo se la impose come impegno grave all'inizio della sua preparazione al sacerdozio. La diffuse durante e per mezzo delle missioni, a voce e con gli scritti; e la istituì in tutte le chiese e in tutte le case della Congregazione da lui fondata.
Appena arrivato, nel 1762, come vescovo a Sant'Agata dei Goti, introdusse nella chiesa cattedrale la visita quotidiana al SS. Sacramento ed a Maria Santissima. In seguito la estese in tutta la diocesi, dando a questa devozione una forma così semplice e popolare che ben presto si è radicata nella vita dei fedeli. I suoi meriti in quest'opera salutare furono pubblicamente riconosciuti da Pio IX quando, nel 1871, conferì a sant'Alfonso il titolo di Dottore della Chiesa; allora affermò che si deve a lui l'istituzione santificante della Visita eucaristica, come si attribuisce a san Domenico il Rosario, a san Francesco la Via Crucis, a sant'Ignazio gli esercizi spirituali.
Anche da vescovo, non tralasciò mai di visitare Gesù sacramentato ogni giorno e anche più volte al giorno. E se, durante i suoi novant'anni di vita, c'è stato qualche giorno in cui non si è recato davanti all'altare, ciò è avvenuto o per gravità della malattia o perché i suoi assistenti si sono rifiutati, per il suo bene, di condurlo in chiesa. Quando fu reso inabile a qualunque lavoro, "nel pomeriggio - scrive il Tannoia - altra consolazione non aveva che di starsene avanti al tabernacolo contemplando Gesù Sacramentato. Questo fu il suo Paradiso!".
L'amore e la venerazione verso Gesù eucaristico si rifletteva anche nella celebrazione della santa Messa, alla quale si preparava con preghiere e riflessioni scritte da lui stesso: "Signore, io mi accingo ad offrire il tuo sangue per i peccatori, ma anche per me, più perverso e più ingrato di tutti; mi accingo ad offrirtelo, per ottenere dalla tua misericordia le grazie delle quali ho bisogno, specialmente quella di celebrare sempre degnamente".
Alla Messa, non solo degnamente ma, ogni volta, misticamente celebrata, faceva seguire il ringraziamento che durava sempre più di mezz'ora.
Celebrò ogni giorno. E quando per l'età (aveva superato gli 84 anni) e per la malattia non poté più celebrare, dopo aver ascoltato una Messa nell'oratorio privato e terminato il ringraziamento alla comunione, si faceva accompagnare in chiesa. "Ivi, inchiodato per più ore sopra una sedia, assisteva alle cinque o sei messe. Nel pomeriggio di nuovo facevasi condurre in chiesa, e ivi trattenevasi per più ore avanti il sacro ciborio. Attesta fratel Francescantonio, che monsignore fra tutta la giornata stava per lo meno cinque o sei ore avanti il SS. Sacramento".
La fede e l'affetto per l'Eucaristia così intensamente vissuti, gli imponevano di trattarne sempre: non solo nella predicazione e durante le confessioni, ma anche negli scritti. Oltre all'aureo libretto delle Visite, ricordiamo: Aspirazioni amorose a Gesù sacramentato, Atti per la santa Comunione, Meditazioni per otto giorni nell'ottava del SS. Sacramento, La Messa e l'Ufficio strapazzati, Del Sacramento dell'Eucaristia (ses. XIII dell'Opera dogmatica contro gli eretici pretesi riformati"), Della frequenza dei Sacramenti e specialmente della SS. Comunione (nella "Istruzione e Pratica per i confessori", tomo 3, appendice I)
In moltissime delle sue 110 opere tornano riflessioni, considerazioni e accenni all'Eucaristia. Ne citiamo qualcuna soltanto: Apparecchio alla morte, Via della salute, Selva di materie predicabili, La vera sposa di Gesù Cristo, Istruzione al popolo sopra i precetti del decalogo.
Merita un'attenzione particolare l'impegno di sant'Alfonso a diffondere la comunione frequente, che , nel suo secolo, da una corrente teologica era osteggiata per il pericolo di irriverenza verso il corpo del Signore mentre da un'altra era spensieratamente concessa. L'insegnamento alfonsiano al riguardo si basa su due convinzioni: rispetto per la dignità del sacramento e bisogno delle anime. Per lui la comunione è anche medicina e potente mezzo di santificazione. "Quanto più uno si conosce debole - diceva - tanto più deve andare a prendere questo cibo dei forti. Volesse Dio che si trovassero molte di queste anime (che da alcuni appassionati per lo spirito del rigore sono chiamate irriverenti e temerarie) le quali, avendo già orrore per le colpe leggere, cercano di comunicarsi spesso ed anche ogni giorno, che certamente nel mondo si vedrebbe assai più amato Gesù Cristo".
3 - Un classico della pietà eucaristica e mariana
Per l'esiguo numero delle pagine, il librettino delle Visite è insignificante. Eppure l'operetta è un inno caldo e sincero di fede, di ringraziamento e di amore verso l'Eucaristia, da parte di un santo che - missionario, fondatore di un grande istituto religioso, vescovo - ha caratterizzato, in vita e dopo morte, per ben due secoli la vita religiosa italiana ed europea. Le Visite sono il più bel frutto non solo dell'amore dell'autore verso il Pane eucaristico, ma è anche il frutto dell'amore di tutta la Chiesa per il più caro dei sacramenti; il volumetto, infatti, raccoglie gli affetti e gli insegnamenti che in diciotto secoli di cristianesimo sono stati emessi sull'eucaristia.
Le oltre duemila edizioni, susseguitesi, dal 1745, al ritmo di nove ogni anno, come media, mentre, da una parte, propongono costantemente al cuore dei fedeli sentimenti e preghiere da effondere davanti al Santissimo Sacramento dell'altare ed alla Vergine Maria, dall'altra, parlano di un successo editoriale senza precedenti e senza confronti. Milioni di copie, lette e meditate, in quasi tutte le lingue e sotto tutti i cieli, fanno di esso un classico della pietà eucaristica e mariana.
Un successo che stordisce, tanto appare incredibile; e che sorprese lo stesso autore, naturalmente compiaciuto per il bene che per mezzo di esso procurava alle anime. Il 7 luglio 1756, scrivendo all'editore Remondini, a Venezia, affermava: "Ho fatto la Visita al SS. Sacramento con le considerazioni (riflessioni ed affetti) sulla Passione di Gesù Cristo, libretto di 30 fogli in circa: questo si è stampato nove volte in Napoli, e ho saputo che si sia stampato anche in Roma; ma non ho inteso che si sia stampato ancora in Venezia".
Il 15 aprile dell'anno seguente, rivolgendosi allo stesso editore scriveva: "L'ho inviata la scatoletta con tutte le mie operette spirituali, acciò ne faccia l'uso che le piace. Ma s'assicuri che, se stamperà almeno quel libro della Visita e quello della Madonna, ne farà un grande smaltimento. Lo dico per lo smaltimento che ne ho veduto qui nel regno di Napoli e della Sicilia, che tutto giorno seguitano a cercarli".
E il 14 aprile 175 8, rivolgendosi ancora a Giuseppe Remondini scriveva: "Mi meraviglio come almeno V. S. Illustrissima non ha stampato il libro della Madonna e quello del Sacramento o sia Visita unito colla Passione. Qui in Napoli, quello della Madonna già è stato stampato più volte, ed è piaciuto universalmente a tutti. Quello poi del Sacramento, con la Passione ed altri trattatini, sinora in Napoli è stato stampato 9 volte, di più migliaia la volta. Ed è stato stampato anche in Roma in due tometti.
"Di queste opere io non ne pretendo niente; solamente avrei a caro d'averne una copia, per vedere come è la stampa; del resto, non ne pretendo altro che la gloria di Gesù Cristo e di Maria. Ma le dico quel che l'ho scritto molte volte: che n'avrebbe uno smaltimento immenso per tutte le sorti di genti, e specialmente per li monasteri di monache. In questo sì la prego, se l'ha da stampare, le stampi di buona carta, e non importa che li venda qualche cosa di più".
Il successo dell'opera fu registrato, scrupolosamente, anche dal suo primo biografo: "Questo librettino incontrò subito da per tutto il compiacimento delle Anime divote, affezionò i popoli a visitare Gesù Sacramentato e Maria SS., e rara era quella persona, come lo è di presente, che presso di sé non l'avesse. Oltre del Regno, se ne vide piena l'Italia, e vivendo Alfonso, solo tra Napoli e Venezia, si contavano da venti e più edizioni".
"Passò ancora tradotto in varie lingue di là da' Monti, e nel 1777 fu rimesso ad Alfonso tradotto in francese sulla decimaquinta edizione italiana".
Il manoscritto delle Visite era pronto e in uso privato presso i novizi e i sacerdoti redentoristi nel collegio di Ciorani già dal 1744. L'occasione della prima stampa, avvenuta nel 1745, è stata raccontata dallo stesso autore nelle prime edizioni del libriccino: "Avendo io posto insieme alcune delle seguenti riflessioni ed atti per raccoglimento de' giovani della nostra minima Congregazione, nel fare, secondo le nostre costumanze, la Visita in ogni giorno al Santissimo Sacramento ed alla Beata Vergine Maria; e ritrovandosi un divoto secolare a fare gli Esercizi Spirituali nella nostra casa, egli l'intese leggere, gli piacquero, e volle che per bene comune si stampassero a sue spese; onde mi obbligò ad accrescerle acciocché i divoti se ne potessero servire per ciascun giorno del mese".
Il de Liguori, che credeva anche nell'apostolato attraverso gli scritti, non se lo fece ripetere due volte; ritoccò ed ampliò il manoscritto, spedendolo al canonico Sparano, a Napoli, per la revisione e per l'approvazione ecclesiastica, accompagnato da questa lettera spedita da Ciorani il 4 agosto 1744: "Signor canonico mio, io ho cercato e pregato il Sig. canonico Tomi, che commettesse la revisione di questo mio piccolo libretto del SS. Sacramento e di Maria SS. non ad altri che alla persona di V. S. Ill. ma, sperando certamente che ella me lo sbrighi presto. Pertanto di questo la prego, a lasciare ogni altra cosa e sbrigarmelo, dovendo sapere che lo stampa un divoto per limosina e, se passa tempo, temo che si spendano li danari e non si stampi più. Io penso che sia un libretto molto utile per chi vuol far la visita al SS. Sacramento e Maria Santissima, e dico di non averne veduto altro simile; perciò l'ho fatto. L'ho fatto anche commettere al V. S. Ill. ma perché sta malamente copiato, e per la fretta non vi è tempo di ricopiarlo. Ma ella ci avrà la pazienza di leggerlo com'è. Senz'altro spero presto la grazia vostra. Le invierò appresso le altre visite che ci mancano, perché desidero che presto si cominci a stampare, acciò il divoto si trovi impegnato nella stampa. V. S. Ill. ma ne avrà la paga da Gesù Sacramentato e da Maria santissima. Io l'ho fatto alla buona; V. S. Ill. ma corregga quello che le pare, ma non ci vada trovando troppe polizie".
Il 5 luglio 1759, scrivendo ancora all'editore preferito, consigliava: "Il libretto della Visita mandatelo a vedere alle monache di Venezia. Qui in Regno, quasi non ci è monaca che non lo tiene".
Don Giuseppe De Luca - grande studioso della pietà popolare, ammiratore del Santo ed entusiasta della sua spiritualità - presentando una ennesima ristampa di questa operetta, scrisse: "Non c'è tabernacolo, forse, nel mondo dinanzi al quale non siano state sillabate con amore, almeno una volta, quelle sue accesissime e care parole".
Migliaia e migliaia di fedeli hanno nutrito la propria vita cristiana con questo minuscolo e palpitante libretto. Gli analfabeti che non sapevano leggere e i poveri che non potevano acquistarlo, hanno ascoltato quelle parole e quei sentimenti amorosi in esso racchiusi, letti, nel silenzio delle chiese, dai loro pastori. Umili e potenti, dotti e ignoranti hanno nutrito il loro spirito di fede con quelle pagine così semplici, così scontate; eppure così nuove, e di volta in volta con qualcosa di meraviglioso e di sorprendente da dire al cuore.
Pio VI, questo libriccino, se lo teneva sulla scrivania, e di tanto in tanto se ne leggeva una paginetta.
La sorella di Luigi XVI, re di Francia, durante la sofferenza e le cattiverie della rivoluzione, cercava serenità meditando su di esso.
Lo statista irlandese 'O Connel lo portava sempre con sé.
E il generale francese, Francesco de Sonis, tornato in famiglia dai campi di battaglia, cercava la pace, e la trovava, in questo volumetto.
Giovanni XXIII, in un messaggio ai padri Sacramentini, il 28.2.1960, scrisse: "Quanto bene fa allo spirito il rifugiarsi nelle fervorose invocazioni di sant'Alfonso de Liguori, proprio per la visita al santissimo Sacramento":
E un grande studioso dell'opera alfonsiana, p. G. Cacciatore, scrive: "Non si rileggono senza commozione le sue Visite al SS. Sacramento dove egli ha fuso mirabilmente quanto di più caro e dolce v'è nel pensiero della Chiesa sull'eucaristia. Pare il linguaggio di un essere trasumanato dalla visione di Dio; ed assume gli atteggiamenti più vari, dalle parole di un amore timoroso e confidente alle espressioni d'una misticità fiorita".
4 - Scopo e utilizzazione delle Visite
Il libretto delle Visite è nato davanti all'altare, dove Gesù, sotto le apparenze del pane, chiama e aspetta gli amici. E lì, dov'è stato pensato e scritto, dev'esser letto e meditato, come raccomandava lo stesso autore nelle edizioni anteriori al 1755: "Gradisci dunque, lettor mio caro, questo povero libretto fatto tutto alla semplice come vedrai e ti prego a leggerlo sempre che vuoi non altrove che alla presenza di Gesù Sacramentato; mentre ivi gusterai più che altrove le dolci fiamme del divino Amore". Nulla vieta tuttavia che, specialmente dalle persone impossibilitate a recarsi davanti all'altare, esso possa esser letto con gran frutto spirituale anche altrove.
Nelle prime ristampe si trovava specificato sul frontespizio del libretto chi poteva utilizzarlo: "Pensieri ed affetti divoti nelle Visite al Santissimo Sacramento ed alla sempre Immacolata SS.ma Vergine Maria per ciascun giorno del mese: utili per ognuno, ma specialmente per i religiosi, che hanno il comodo di poter visitare a loro libertà Gesù Sacramentato nelle chiese proprie". ~ offerto dunque ad ogni categoria di cristiani.
Pure il fine dell'operetta è stato dichiarato dall'autore: che le anime maggiormente s'innamorino di Gesù Cristo e della sua santa Madre. Altro intento è quello di dare ai fedeli più umili un manualetto di semplici riflessioni e di preghiere amorose per adorare, ringraziare e implorare Gesù, e per venerare Maria Santissima. Ciò che ricorda anche p. A. Tannoia nella Vita ed istituto del venerabile servo di Dio Alfonso Maria Liguori: "Considerando Gesù in Sacramento abbandonato, e derelitto nelle chiese, e volendolo vedere ossequiato, pensò restringere gli affetti del proprio cuore in tanti atti dipartiti per tutti i giorni del mese; così ancora, avendo della tenerezza per Maria SS., distese altri atti di ossequio per onorarla, volendo con questo invogliare i fedeli ad amarla ed esserne divoti". Altro scopo da raggiungere, attraverso queste pagine, è: convincere il cristiano che con l'eucaristia gli viene offerto ogni bene, ogni medicina per i suoi mali, ogni grazia; da questa convinzione sgorgherà un senso di gioia e di consolazione, di fiducia e di riconoscenza.
5 - L'aspetto teologico
Il fine che le Visite si propongono di raggiungere non è un insegnamento dottrinale, o una difesa apologetica del Mistero eucaristico, e nemmeno è una semplice istruzione catechistica. Esse, come già accennato, devono guidare i fedeli a vivere più intensamente la propria vita spirituale incontrandosi quotidianamente con Gesù sacramentato per parlare amichevolmente con Lui e sperimentare la gioia della sua presenza e del suo amore.
Nelle Visite tuttavia la teologia di sant'Alfonso sull'Eucaristia è sottintesa. La presenza reale di Gesù è necessariamente presupposta. Lo ricorda lui stesso all'inizio dell'Introduzione: "La santa fede insegna, e noi siamo obbligati a crederlo, che nell'ostia consacrata vi sta realmente Gesù Cristo sotto le specie di pane". Ma non si ferma ad analizzare, a dimostrare: ciò si fa in altra occasione, in altri momenti. Qui si crede soltanto, si crede alla divina presenza e si adora, si crede soprattutto che essa è presenza di amore e di misericordia. E proprio perché lui è lì, presente con il suo corpo e la sua anima, con la sua umanità e la sua divinità, si va a fargli visita con amore, gioiosamente.
"Oh quanto mai - esclama, e fa esclamare, nella prima Visita, assorto amorosamente nella meditazione sulla divina presenza - ti è costato il rimanertene con noi in questo sacramento! Tu hai dovuto morire per poter poi restare sacramentato sui nostri altari. E quante ingiurie poi hai avuto a soffrire in questo sacramento per assisterci con la tua presenza".
"E non è ivi l'essenza di Dio che sarà pascolo dei beati". Sono le parole della contessa Anna Ponce de Léon, che, sempre nella stessa Visita, Alfonso fa proprie, offrendole anche a noi per rinvigorire la fede nella presenza del Figlio di Dio nell'Ostia consacrata.
"Quale gioia dev'esser la mia, o Verbo Eterno fatto uomo e sacramentato per me, sapendo che sto innanzi a te che sei il mio Dio": è l'esclamazione dell'anima che, nell'ottava Visita, si trova faccia a faccia con l'umanità e la divinità del Signore.
"Un giorno nella valle di Giosafat sederà Gesù in trono di maestà; ma ora nel SS. Sacramento siede in trono d'amore". Anche la fede in Cristo, giudice dei vivi e dei morti, ricordata nella diciottesima Visita, non deve distrarre a lungo il fedele dalla contemplazione e dagli affetti verso di lui: "Ah Gesù mio, per mio amore, già intendo, tu sei venuto a startene nel Sacramento dell'altare. Vorrei dunque notte e giorno, se mi fosse dato, starmene alla tua presenza... a lodar l'amore e la bontà che hai per me".
Tuttavia, per una teologia nel senso più stretto, più tecnico ed anche più "scientifico" della parola, sia sotto il profilo dottrinale sia nelle argomentazioni, bisogna rifarsi ad altre opere del Santo; soprattutto all'Istruzione e pratica per i confessori e all'Opera dogmatica contro gli eretici pretesi riformati.
Particolarmente in quest'ultima, seguendo la dottrina del Concilio di Trento e gli insegnamenti dei Padri della Chiesa, e seguendo per lo più le argomentazioni teologico-filosofiche di san Tommaso d'Aquino, confuta le dottrine eretiche degli antichi e quelle dei suoi contemporanei, ed espone le verità contenute nel Mistero eucaristico.
6 - La visita a Maria Santissima
Dell'idea di unire, per ogni giorno, alle riflessioni su Gesù Cristo sacramentato un pensiero e un'invocazione alla Madonna, si può meravigliare chi non conosce sant'Alfonso; il quale ha intessuta tutta la sua vita e la sua dottrina di pietà mariana, educato in ciò dalla madre Anna Cavalieri. Egli portava sempre con sé un'immagine di Maria. Prima e dopo ogni azione recitava l'Ave, e consigliava a fare altrettanto dicendo: "Felici quelle azioni che verran chiuse da due Ave Maria".
Le feste in onore della Madre del Signore erano da lui preparate con preghiere, digiuni, tridui e novene. Recitava il Rosario tutti i giorni. Il sabato, giorno dedicato alla Madonna, si privava della carne, della frutta e perfino dell'acqua. Recitava il saluto dell'angelo ogni volta che suonava l'orologio. Nelle missioni non faceva mai mancare la predica in onore di Lei; anzi non si lasciava mai sfuggire l'occasione di parlare delle sue misericordie, dei suoi privilegi e della sua intercessione.
Ed è lui stesso a ricordarlo nella Supplica dell'autore a Gesù ed a Maria, premessa al libro delle Glorie di Maria: "Tu già sai che io per vederti amata da tutti, come meriti, e per renderti ancora qualche segno di gratitudine a tanti benefizi che mi hai fatto, ho cercato di predicarti da per tutto, in pubblico ed in privato, con insinuare a tutti la tua dolce e salutevole devozione. lo spero di seguitare a farlo sino all'ultimo fiato di vita che mi resta".
A tutti quelli che avvicinava, raccomandava: "Siate devoti della Madonna perché chi è devoto della Madonna si salva". E ai suoi discepoli ordinò: "Raccomandate sempre la devozione alla Madonna per chi si vuol salvare. Procurate che ogni sabato si faccia la predica della Madonna: e che si faccia sempre questa predica in tutte le missioni".
Si capisce, ora, come la sua ardente devozione mariana abbia portato sant'Alfonso, prima, a visitarla ogni giorno presso qualche sua immagine; poi, ad offrire ai fedeli, oltre all'esempio personale, una breve ma sentita riflessione per tutti i giorni del mese.
7 - La visita oggi
Oggi, la visita al SS. Sacramento, così come la esercitò e come la insegnò sant'Alfonso, dai fedeli, forse, è un po' trascurata. Se ne lamentò anche Giovanni XXIII, nel radiomessaggio del 5/7/1959 a chiusura del Congresso Eucaristico Nazionale di Francia: "La visita al SS. Sacramento, così cara alle anime pie, che consiste nel raccogliersi in silenzio davanti al tabernacolo per ivi ricolmare la propria anima dei doni di Dio, è oggi trascurata da molti. Per taluni, anzi, esponenti di concezioni estranee alla pietà tradizionale, è volutamente oggetto di diminuita considerazione".
È vero che essa in alcune chiese è supplita dalla recita dei Vespri, ma è pur vero che in molte altre Gesù è piuttosto abbandonato; e perciò deve essere accolto il fervido invito di Paolo VI e una considerazione di Giovanni Paolo II. Questo papa, nella lettera Ministero e Culto dell'eucaristia del 24 febbraio 1980, afferma: "La Chiesa e il mondo hanno grande bisogno del culto eucaristico. Gesù ci aspetta in questo sacramento dell'amore. Non risparmiamo il nostro tempo per andare a incontrarlo nell'adorazione, nella contemplazione piena di fede e pronta a riparare le grandi colpe e i delitti del mondo. Non cessi mai la nostra adorazione". Paolo VI, nell'enciclica Dottrina e culto dell'eucaristia del 3 dicembre 1963, esorta: "Durante il giorno i fedeli non omettano di fare la visita al SS. Sacramento, che dev'essere custodito in luogo distintissimo, col massimo onore nelle chiese, secondo le leggi liturgiche, perché la visita è prova di gratitudine, segno d'amore e debito di riconoscenza a Cristo Signore, là presente".
P. Ezio Marcelli
redentorista