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S. Alfonso Maria de Liguori Apparecchio alla Morte IntraText CT - Lettura del testo |
PUNTO II
In oltre il mal'abito indurisce. «Cor durum efficit consuetudo peccandi», Cornelio a Lapide.1 E Dio giustamente il permette in pena delle resistenze fatte alle sue chiamate. Dice l'Apostolo che 'l Signore «cuius vult miseretur, et quem vult indurat» (Rom. 9. 18). Spiega S. Agostino:2 «Obduratio Dei est nolle misereri». Non è già che Iddio indurisce il mal abituato, ma gli sottrae la grazia, in pena dell'ingratitudine usata alle sue grazie; e così il di lui cuore resta duro e fatto come di pietra. «Cor eius indurabitur tanquam lapis, et stringetur quasi malleatoris incus» (Iob. 41. 15). Quindi avverrà che dove
gli altri s'inteneriscono e piangono in sentir predicar il rigore del divino giudizio, le pene de' dannati, la passione di Gesu-Cristo, il mal abituato niente ne resterà commosso; ne parlerà e sentirà parlare con indifferenza, come fossero cose che a lui non appartenessero; e a tali colpi egli diventerà più duro. «Et stringetur quasi malleatoris incus».
Anche le morti improvvise, i tremuoti,3 i tuoni, i fulmini più non lo spaventeranno: prima che svegliarlo e farlo ravvedere, più presto gli concilieranno quel sonno di morte, in cui dorme perduto. «Ab increpatione tua, Deus Iacob, dormitaverunt» (Ps. 75. 7). Il mal'abito a poco a poco fa perdere anche il rimorso della coscienza. Al mal abituato i peccati più enormi gli sembrano niente. S. Agostino:4 «Peccata quanvis horrenda, cum in consuetudinem veniunt, parva, aut nulla esse videntur». Il far male porta seco naturalmente un certo rossore, ma dice S. Girolamo5 che i mal abituati6 perdono anche il rossore peccando: «Qui ne pudorem quidem habent in delictis». S. Pietro paragona il mal abituato al porco, che si rivolta nel letame: «Sus lota in volutabro luti» (2. Petr. 2. 22). Siccome il porco, rivoltandosi nel loto, non ne sente egli il fetore; così accade al mal abituato: quel fetore che si fa sentire da tutti gli altri, egli solo non lo sente. E posto che il loto gli ha tolta anche la vista, che meraviglia, è, dice S. Bernardino,7 che non si ravveda, neppure mentre Dio lo flagella? «Populus immergit se in peccatis, sicut sus in volutabro luti; quid mirum si Dei flagellantis futura iudicia non cognoscit?» (S. Bern. Sen. p. 2. pag. 182). Onde avviene che in vece di rattristarsi de' suoi peccati, se ne rallegra, se ne ride e se ne vanta. «Laetantur, cum malefecerint»
(Prov. 2. 14). «Quasi per risum stultus operatur scelus» (Prov. 10. 23). Che segni sono questi di tal diabolica durezza? Dice S. Tommaso di Villanova,8 sono segni tutti di dannazione: «Induratio, damnationis indicium». Fratello mio, trema che non ti avvenga lo stesso. Se mai hai qualche mal'abito, procura d'uscirne presto, ora che Dio ti chiama. E mentre ti morde la coscienza, sta allegramente perché è segno che Dio non t'ha abbandonato ancora. Ma emendati, ed esci presto; perché se no, la piaga si farà cancrena, e sarai perduto.
Affetti e preghiere
O Signore, come potrò ringraziarvi come debbo, di tante grazie che mi avete fatte? Quante volte mi avete chiamato, ed io ho resistito? In vece di esservi grato e d'amarvi, per avermi liberato dall'inferno, e chiamato con tanto amore ho seguitato a provocarvi a sdegno, replicando a Voi le ingiurie. No, mio Dio, non voglio più oltraggiare la vostra pazienza; basta quanto vi ho offeso. Solo Voi che siete bontà infinita, avete potuto sinora sopportarmi. Ma già vedo che non potete sopportarmi più, avete ragione. Perdonatemi dunque, Signore mio e mio sommo bene, tutte l'ingiurie che v'ho fatte, delle quali mi pento con tutto il cuore; ch'io propongo per l'avvenire di non offendervi più. E che forse ho da seguire sempre ad irritarvi? Deh placatevi meco, o Dio dell'anima mia, non per li meriti miei, a cui non si aspetta altro che castighi ed inferno, ma per li meriti del vostro Figlio e mio Redentore, a' quali9 metto tutta la mia speranza. Per amore dunque di Gesu-Cristo ricevetemi nella vostra grazia, e datemi la perseveranza nel vostro amore. Staccatemi dagli affetti impuri, e tiratemi tutto a Voi. V'amo, o sommo Dio, o sommo amante dell'anime, che siete degno d'infinito amore. Oh vi avessi sempre amato.
O Maria Madre mia, fate che questa vita che mi resta, non mi serva più per offendere il vostro Figlio, ma solo per amarlo e per piangere i disgusti che gli ho dati.