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S. Alfonso Maria de Liguori
Consid. ed affetti sovra la Passione

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§ XV - Parole dette da Gesù in croce.

Ma Gesù che fa, che dice, vedendo farsegli tanti oltraggi? Prega per coloro che così lo maltrattano: Pater, dice, dimitte illis, non enim sciunt quid faciunt (Luc. XXIII, 34). Gesù allora pregò ancora per noi peccatori. Onde noi rivolti all'Eterno Padre diciamogli con confidenza: O Padre, ascoltate la voce di questo Figlio diletto che vi prega a perdonarci. Un tal perdono è sì bene misericordia a riguardo nostro, perché noi non


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lo meritiamo; ma è giustizia a riguardo di Gesù Cristo, che sovrabbondantemente vi ha soddisfatto per li nostri peccati. Voi vi siete obbligato per li meriti suoi a perdonare e ricever nella vostra grazia chi si pente delle offese che v'ha fatte. Io, Padre mio, mi pento con tutto il cuore di avervi offeso, ed in nome di questo Figlio vi cerco il perdono: perdonatemi e ricevetemi nella grazia vostra.

Domine, memento mei cum veneris in regnum tuum (Luc. XXIII, 42). - Così il buon ladrone pregò Gesù moribondo, e Gesù gli rispose: Amen dico tibi, hodie mecum eris in paradiso (Ibid. 43). E qui si avverò quel che prima disse Dio per Ezechiele, che quando il peccatore si pente delle sue colpe, Iddio lo perdona e si scorda delle offese che gli ha fatte: Si autem impius egerit poenitentiam... omnium iniquitatum eius non recordabor (Ezech. XVIII, 21 et 22). -O pietà immensa, o bontà infinita del mio Dio, e chi non v'amerà? Sì, Gesù mio, scordatevi delle ingiurie che v'ho fatte, e ricordatevi della morte amara che per me avete sofferta, e, per questa, donatemi il vostro regno nell'altra vita, e frattanto, nella vita presente, regni sovra di me il vostro santo amore. 1 Il solo amor vostro domini nel mio cuore, ed egli sia l'unico mio signore, l'unico mio desiderio, l'unico mio amore. Felice ladro che meritaste di accompagnar con pazienza la morte di Gesù! E felice me, o Gesù mio, se avrò la sorte di morire amandovi, unendo la morte mia colla vostra santa morte!

Stabant autem iuxta crucem Iesu Mater eius etc. (Io. XIX, 25). - Considera, anima mia, Maria a piè della croce, che, trafitta dal dolore e cogli occhi fissi verso l'amato ed innocente Figlio, sta contemplando le immense sue pene esterne ed interne tra cui sen muore. Sta ben ella tutta rassegnata ed in pace, offerendo all'Eterno Padre la morte del Figlio per la nostra salute, ma troppo l'affligge la compassione e l'amore. Oh Dio! chi mai non compatirebbe una madre che si trovasse vicina al patibolo del figlio, che gli sta morendo innanzi agli occhi? Ma qui dee considerarsi qual sia questa Madre e quale questo Figlio. Maria amava tal Figlio immensamente più che tutti i figli non sono stati amati dalle loro madri. Ella amava


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Gesù che insieme era suo Figlio e Dio: Figlio ch'era sommamente amabile, tutto bello e santo: Figlio che l'era stato sempre rispettoso e ubbidiente: Figlio che l'avea tanto amata, ed egli stesso fin dall'eternità se l'avea eletta per madre. E questa Madre fu quella ch'ebbe a vedersi morire un tal Figlio di dolore innanzi agli occhi suoi, su quel legno infame, senza potergli dare alcun sollievo, anzi accrescendo colla sua presenza la pena del Figlio, che vedeala così patire per suo amore.

O Maria, per la pena che patiste nella morte di Gesù, abbiate pietà di me e raccomandatemi al vostro Figlio. Udite com'egli dalla croce in persona di Giovanni a voi mi raccomanda: Mulier, ecce filius tuus (Io. XIX, 26).

Et circa horam nonam clamavit Iesus voce magna, dicens:.. Deus meus, Deus meus, ut quid dereliquisti me? (Matth. XXVII, 46). - Gesù agonizzante sulla croce, stando tutto addolorato nel corpo e tutto afflitto nell'anima - poiché quella mestizia che l'assalì nell'orto allorché disse: Tristis est anima mea usque ad mortem, l'accompagnò sino all'ultimo respiro di sua vita - va cercando chi lo consoli, ma non lo trova, come già avea predetto per Davide: Et sustinui... qui consolaretur et non inveni (Ps. LXVIII, 21). 2 Guarda egli la Madre, e quella, come considerammo, non lo consola, ma colla sua vista più l'affligge. Guarda d'intorno, e scorge che tutti gli son nemici. Onde, vedendosi privo d'ogni conforto, si volta all'Eterno Padre a cercar sollievo; ma il Padre, mirandolo coperto di tutti i peccati degli uomini, per cui stava egli su quella croce a soddisfare la sua divina giustizia, anche il Padre l'abbandona ad una morte di pura pena. Ed allora fu che Gesù gridò a gran voce, per esprimer la veemenza della sua pena, e disse: Dio mio, Dio mio, e perché voi ancora mi avete abbandonato? Perciò la morte di Gesù Cristo fu la morte più amara delle morti di tutti i martiri, mentre fu una morte tutta desolata e priva d'ogni conforto.

Ma, Gesù mio, se voi spontaneamente vi offeriste a questa morte sì dura, perché ora così vi lamentate? Ah sì v'intendo: voi vi lamentate per farci comprender la pena eccessiva con cui morite, e per darci insieme animo a confidare e rassegnarci


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in tempo che ci vediamo desolati e privi dell'assistenza sensibile della divina grazia.

Dolce mio Redentore, questo vostro abbandono mi fa sperare che Iddio non abbandoni me per tante volte che l'ho tradito. O Gesù mio, come ho potuto io vivere tanto tempo scordato di voi? Vi ringrazio che voi non vi siete scordato di me. Deh vi prego a ricordarmi sempre la morte desolata che avete sofferta per amor mio, acciocch'io non mi scordi più di voi e dell'amore che mi avete portato.

Indi il Salvatore, sapendo che già era consumato il suo sagrificio, disse che avea sete, ed i soldati gli posero alla bocca una spugna ripiena d'aceto: Postea sciens Iesus quia omnia consummata sunt, ut consummaretur Scriptura, dixit: Sitio... Illi autem spongiam plenam aceto... obtulerunt ori eius (Io. XIX, 28 et 29). La Scrittura che dovea avverarsi era quella di Davide: Et in siti mea potaverunt me aceto (Ps. LXVIII, 22). - Ma, Signore, voi non vi lagnate di tanti dolori che vi stan togliendo la vita, e poi vi lamentate della sete? Ah che la sete di Gesù è altra di quella che noi pensiamo. La sete ch'egli ha, è il desiderio d'esser amato dall'anime per cui muore.

Dunque, Gesù mio, voi avete sete di me misero verme, ed io non avrò sete di voi bene infinito? Ah sì ch'io vi voglio, v'amo e desidero di compiacervi in tutto. Aiutatemi voi, Signore, a discacciar dal mio cuore tutti i desideri terreni, e fate che in me regni il solo desiderio di darvi gusto e di far la vostra volontà. O santa volontà di Dio, voi che siete la beata fonte che saziate l'anime innamorate, voi saziate me ancora, e siate lo scopo di tutt'i miei pensieri e di tutti gli affetti miei.




1 Nell'ediz. del 1761 (Napoli, Di Domenico), leggiamo: «e frattanto nella vita presente, donatemi il regno del vostro santo amore.»

2 Et sustinui qui simul contristaretur, et non fuit: et qui consolaretur, et non inveni. Ps. LXVIII, 21.




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