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S. Alfonso Maria de Liguori
Foglietto di cinque punti...nelle Missioni

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Introduzione

L'azione "purificatrice" di Alfonso sulle missioni fu costante in tutta la sua vita, sia riguardo alla forma di esse e sia sui contenuti.

Prima di tutto egli ricusava il pulpito in alto nella navata: troppo lontano, invitava a una cantilena lenta e monocorde ( il terzo tono), agghiacciante come la voce di un fantasma. Preferiva invece una cattedra bassa, all'altezza delle teste e vicina alla gente, per parlare familiarmente con la sua voce "sonora e chiara" alla portata di tutte le orecchie e di tutti gli spiriti.

Ad un certo punto della sua esperienza missionaria, non fu più contento delle prediche forti. "Chiari dovevano essere gli argomenti, e capibili da tutti, anzi brevi e succinti, senza lungheria di periodo. Anche qualunque villano, rozzo che fosse, o semplice donnicciuola, non doveva perderne una parola".

Verso il 1768 Alfonso, già vescovo da sei anni, dà alle stampe un foglietto di ventotto pagine, in cui evidenzia i cinque punti a suo parere più importanti da inculcare al popolo nel corso delle missioni:

    l'amore di Gesù Crocifisso, la devozione alla divina Madre, la necessità della preghiera, la fuga dalle occasioni cattive, la rovina delle anime che si confessano male.

Questi cinque punti non avevano nulla a che fare con "una pietà facile e esteriore", ancor meno con il "devozionalismo" napoletano, caratterizzato da "paura dei castighi di Dio, speranza nei santi e credula attenzione ai fatti straordinari".

L'opuscolo inizia con una protesta contro la maniera corrente di scegliere i temi delle prediche:

"Nelle missioni ordinariamente non si parla d'altro che de' quattro novissimi e d'altre materie di spavento, e da taluni poco si tratta, se non di passaggio, dell'amore che Iddio ci porta e dell'obbligo che abbiamo noi d'amarlo.

Chi nega che le prediche di terrore giovano, anzi son necessarie per isvegliare quei peccatori che dormono nel peccato: ma bisogna persuadersi che le conversioni fatte per lo solo timore de' castighi divini son di poca durata; durano solamente per quanto dura la forza di quel timore conceputo: ma allorché il timore manca all'anima rimasta debole per li peccati commessi, ad ogni nuovo urto di tentazione facilmente ritornerà a cadere. Se non entra nel cuore il santo amore di Dio, difficilmente persevererà...

Quindi l'impegno principale del predicatore nella missione ha da esser questo, di lasciare in ogni predica che fa i suoi uditori infiammati del santo amore ".

Le costituzioni redentoriste del 1764 al n. 67 avevano fissate, per la missione di quindici giorni, un elenco essenziale di prediche, messo a punto dal fondatore dopo lungo tempo.

Si trattava di una progressione in tre momenti:

    il peccatore prenda coscienza della posta in gioco e del suo peccato: per questo si comincerà con il predicargli la chiamata di Dio, la necessità della salvezza, la procrastinazione della conversione, il peccato mortale, guardi in faccia le "verità eterne ": la morte, il giudizio, l'inferno, l'eternità; si confermi infine nella nuova scelta di vita con prediche sulla preghiera, il patrocinio di Maria, la passione del Cristo (durante le tre o quattro sere della "vita divota") e la perseveranza.

Al vescovo Alfonso, che aveva messo in stato di missione tutta la sua diocesi, ora stava a cuore soprattutto come sviluppare il terzo momento: far crescere i fedeli nell'amore e nella vita spirituale; e offre ai missionari gli opportuni consigli del Foglietto.

Cf. Th. ReyMermet,

Il Santo del secolo dei lumi

Città Nuova 1982, pp. 423-424

 

 

 




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