Copertina | Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
S. Alfonso Maria de Liguori
Glorie di Maria

IntraText CT - Lettura del testo
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

Introduzione di Raffaele Cananzi

I - Il culto mariano

"O santa Madre del Redentore, porta dei cieli, stella del mare, soccorri il tuo popolo che anela a risorgere. Tu che accogliendo il saluto dell'angelo, nello stupore di tutto il creato, hai generato il tuo Creatore, madre sempre vergine, pietà di noi peccatori"'.

È questa una traduzione dell'Alma Redemptoris Mater, traduzione che non rende a pieno la pregnanza di alcuni vocaboli latini di cui si compongono i sei esametri secondo il metro classico dal ritmo grave e solenne che, però, non manca di slancio singolare in arcane memorie e in fulgide proiezioni. In questa classica invocazione Maria è Alma Redemptoris Mater: santa sì, ma anche datrice di vita e celeste. Questo "alma" della latinità classica strettamente legato a Mater e a Redemptoris dice dell'unicità della condizione di questa Donna; una singolarità connessa ad un popolo "surgere qui curat", che anela a risorgere, da una umanità segnata dal peccato, atrofizzata dal misterium iniquitatis ma chiamata dal profondo, sospinta da un arcano disegno di salvezza, a risorgere anche con la propria cooperazione.

In questa antifona mariana - che sembra precedere la Regina Caeli, la Salve Regina, l'Ave Regina Caelorum - il mistero della creazione, della famiglia umana, del peccato e della redenzione è presente nel mistero di questa "Madre sempre vergine" "virgo prius ac posterius" non nella nebulosità di mistero che si aggiunge a mistero ma nella trasparenza di una linea misteriosa che si dipana nella luce che muove dalla profezia della Genesi fino al momento supremo del "Figlio, ecco tua madre" e del "Donna, ecco tuo figlio" attraverso quella speranza che si fa inno dell'umanità di lode e di ringraziamento "gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà".

Quando, come ricorda Rodolfo il Glabro, tutta la terra si riempiva di cattedrali - non solo di pietra, ma anche di musica, di pittura e di scultura, di vetri colorati, di parole - poco dopo il Mille veniva innalzata anche, con l'Alma Redemptoris Mater, questa edicola mariana forse ad opera del benedettino tedesco Hermann lo Zoppo, in latino Hermannus Contractus. Ed Ermanno per questa antifona poi così cara alla pietà medievale e ispiratrice di numerose altre composizioni, si avvalse certamente dello sviluppo devozionale popolare ma anche del progresso teologico che il culto a Maria aveva già a quell'epoca raggiunto.

È infatti, assai probabile che il culto della Madonna sia nato in Oriente, negli stessi luoghi dove Maria aveva avuto l'annuncio divino di Gabriele e l'annuncio umano di Elisabetta. Il testo originale, scritto in greco su un frammento di papiro conservato dalle sabbie del deserto egiziano, della preghiera (per lungo tempo erroneamente ritenuta medievale) "Sub tuum praesidium" porta a far risalire - anche per altre scritte di lode a Maria ritrovate a Nazareth - al III secolo un culto orientale alla Madonna già abbastanza diffuso.

D'altro canto sin dai primi secoli il culto doveva essere presente anche in Occidente se al II e al III secolo si fanno risalire i due affreschi, nelle catacombe di Priscilla in Roma, di Maria col bambino ed il profeta Isaia e di Madonna col bambino.

Il culto tributato a Maria risale, perciò, alla primissima era cristiana in oriente e in occidente; è culto che si esprime in innumerevoli forme - letterarie, pittoriche, musicali - coniugando lirica ed arte con i più alti concetti teologici come nel bellissimo inno dell'Akàthistos che è ancora oggi, dal V secolo, vivo nella liturgia bizantina, inno da cantarsi in piedi, dove il tema dell'incarnazione si esprime con profondi accenti poetici.

Se dell'Alma Redemptoris Mater si conosce con certo qual fondamento l'autore, dell'Akàthistos, del Sub tuum praesidium, dell'Ave maris stella, forse la preghiera alla Vergine più amata e diffusa nella cristianità, non si conoscono gli autori. Per la devozione a Maria - donna umile, silenziosa, forte e perciò segno vivo di una piena umanità e, nel contempo, Madre di Cristo e, perciò, di Dio e quindi già dalla terra "più che creatura" - per questa singolare devozione, intessuta su un divino che nasce dall'umano popolare, la pietà del popolo ha forse storicamente preceduto la riflessione teologica.

E anche gli inni e le preghiere che sono frutto di riflessione teologica e che possono essere attribuiti ad autori precisi sono stati pure ripresi dalla gente comune per essere cantati sotto le volte delle cattedrali o nelle modeste cappelle di campagna, così penetrando nella vita quotidiana della gente che nutre la propria fede in Cristo morto e risorto attraverso questa devozione mariana che più facilmente fascia le ore del lavoro e del riposo, della gioia e della sofferenza di uomini e donne che vivono, che lottano, che sperano.

Maria di Nazareth, figlia di Anna e di Gioacchino, fidanzata e sposa di Giuseppe, che riceve l'annunzio dell'Incarnazione del Verbo, che va in aiuto a Elisabetta cantando il Magnificat e ricevendosi l'annunzio umano dell'Incarnazione, che con Giuseppe resta a Nazareth fino al censimento ordinato da Augusto e poi insieme raggiungono Betlemme loro città di origine, dove Maria dà alla luce Gesù, ricevendo pastori e magi e fuggendo poi, per la persecuzione d'Erode, con Gesù e Giuseppe in Egitto; Maria che, con loro, ogni anno va a Gerusalemme per il pellegrinaggio pasquale, che fa vita familiare a Nazareth per circa trenta anni fin quando Gesù non inizia la vita pubblica a Lui talvolta accompagnandosi come alle nozze di Cana; Maria che nell'ora della Passione si trova sul Calvario, e che riceve il corpo del Figlio morto nelle sue braccia, che è nel Cenacolo con gli Apostoli il giorno della Pentecoste; Maria, questa Maria è da due millenni venerata nella preghiera liturgica, nella devozione popolare, nelle vetrate ricamate delle cattedrali, nelle preziose miniature dei codici, in musiche sublimi, in preghiere celebri che abbiamo sopra ricordato o in altre non meno celebri come le tre di Anselmo da Aosta o nello Stabat Mater di Jacopone da Todi, in rappresentazioni classiche come la lanola, attribuita allo stesso Jacopone, Donna del Paradiso, in innumerevoli pitture dal tratto forte e gentile e dalla fattura realistica o di gotico ricamo, in sculture che soprattutto con la Pietà hanno soffiato vita palpitante al freddo marmo, lucente o opaco; questa Maria da due millenni è innalzata alle vette della teologia e della lirica, la più nobile sentita alta, il cui vertice tocca Dante mettendo, nel XXXIII del Paradiso, in bocca a san Bernardo la celestiale - per potenza poetica e per robustezza teologica invocazione "Vergine madre, figlia del tuo figlio..."; questa Maria la cui umanità e la cui santità i teologi, nella luce della fede nel Signore Gesù Cristo, hanno approfondito in questi due millenni con quella funzione tipica della teologia che, pur essendo fede che cerca intelligenza, non può non essere sempre funzione ecclesiale e, quindi, mediatrice per rendere sempre più accessibile il Magistero della Chiesa ai fedeli e per proporre allo stesso Magistero l'approfondimento, con nuova luce, della Rivelazione; questa Maria la cui maternità di Cristo la Chiesa ha sempre professato affermando, contro l'eresia nestoriana, già dal Concilio di Efeso, la collegata maternità di Dio, perciò Maria madre di Cristo e madre di Dio perché madre del Verbo, vero uomo e vero Dio; questa Maria, sempre Vergine, proclamata dalla Chiesa concepita senza peccato originale con il dogma del 1854 e assunta in cielo con il dogma del 1950; questa ineffabile Creatura, prefigurazione del Corpo Mistico di Cristo che è la Chiesa, madre spirituale di tutti i battezzati, corredentrice del genere umano, non poteva non toccare la mente lucida ed aperta ed il cuore sensibile e fedele di Alfonso de Liguori, il Santo che al nome maschile di Alfonso aggiungeva quello di Maria così evidenziando, già da quell'indice importante di identità che è il nome, la profonda devozione, il grande amore, la filiale pietà verso questa Madre, umile e potente, tenera e forte, di grande spiritualità nel grande impegno storico.

 

2. Pietà mariana di Alfonso de Liguori

Profonda devozione, grande amore, filiale pietà Alfonso nutrì per la Madonna per l'intero arco della sua vita. "Se sano fu divoto di Maria, divotissimo lo fu agonizzante, e tra le braccia della morte". Questa affermazione è contenuta nel capitolo XXXVII della quarta parte della scrupolosa e dettagliatissima - quasi sempre - biografia del Tannoia: "Della vita ed istituto del venerabile Servo di Dio Alfonso Maria Liguori, vescovo di S. Agata dei Goti e fondatore della Congregazione dei preti missionari del SS. Redentore", biografia che vedeva la luce in Napoli presso Vincenzo Orsini nel 1798-1802 che (come è detto nella presentazione della riproduzione anastatica del 9 novembre 1982 per il 250° anniversario della Fondazione della Congregazione del SS. Redentore) resta e resterà la fonte indispensabile alla quale attingere la vita e lo spirito del Santo più grande del secolo XVIII".

Il Tannoia nel descrivere le fasi della "preziosa morte" di Alfonso ricorda che sul volto agonizzante e fra le gravissime sofferenze l'immagine di Maria riuscì a suscitare il sorriso di Alfonso, che aveva già promesso di non smettere nella sua devozione ma anzi di renderla sempre più ricca e appassionata fino alla morte se aveva così pregato, scrivendo le Glorie di Maria: "Quando poi mi troverò nelle ultime angustie della mia morte, o Maria, Speranza mia, non mi abbandonate. Allora più che mai assistetemi, e confortatemi a non disperare alla vista delle mie colpe, che mi opporrà il demonio. Signora, perdonate il mio ardire, venite voi stessa a consolarmi con la vostra presenza. Questa grazia l'avete fatta a tanti, la voglio ancor io. Se il mio ardire è grande, maggiore è la vostra bontà, che va cercando i più miserabili per confortarli".

Di grande e singolare conforto dovette, perciò, essere il silente ma assai espressivo dialogo fra la Madonna ed Alfonso in quei supremi istanti della vita, preludio al naturale passaggio dello spirito e alla trasformazione del corpo, istanti della vita novantenne di Alfonso ma lunghe ore della giornata del 31 luglio fino al mezzogiorno del 1° agosto 1787. Silente ma espressivo dialogo fra la Madre di Cristo e della Chiesa e un servo fedele che s'apprestava alla visione beatifica e che aveva curato per l'intero arco della sua vita religiosa una devozione feconda, profonda, appassionatamente sentita tanto da indurlo ad esprimerla nelle "Glorie di Maria", che è stato pur definito "l'ultimo grande libro europeo" scritto in lode della Madonna.

Chi ama autenticamente sente due profonde necessità verso la persona amata: un approfondimento della conoscenza, per una immedesimazione sempre più piena e per una risposta sempre più adeguata, e una esteriorizzazione per quanto possibile espressiva di quest'amore che raccolga, raffermi e confermi l'energia che l'amore sprigiona e che è di per sé diffusiva di vita. L'amore autentico involge integralmente la persona in tutte le sue facoltà di guisa che c'è una pienezza di intelletto, di sensibilità, di volontà, di interiore affetto che ha bisogno di sprigionarsi sul piano della conoscenza e sul piano della vitalità espressiva.

Qui azzardo l'ipotesi che fu proprio questo grande amore filiale di Alfonso a Maria, questa tenera e profonda devozione, la ragione giustificatrice della paziente stesura del prezioso volume su "Le glorie di Maria". È in questo che mi pare vada ricercata la genesi di questo indiscusso monumento" che è opera di fede e di pietà, che è opera teologica e popolare ad un tempo come molte opere del nostro Santo. "Nella sensibilità squisita e tenera di S. Alfonso e un po' nei suoi immediati intenti apostolici e polemici", non è tanto da rinvenirsi la genesi, il motivo ispiratore, di questo prezioso testo quanto piuttosto la causa prossima, forse l'occasione per consentire a quell'amore alla Vergine di sprigionarsi in tutta la sua energia e in tutta la sua significanza.

Non a caso nella "supplica dell'autore a Gesù ed a Maria" con cui si apre il libro, Alfonso lo definisce "piccolo ossequio dell'amore che ho per voi e per questa vostra Madre diletta". La preghiera dei Santo al Signore Gesù è, perciò, quella di accogliere questo sensibile, espressivo segno di amore alla sua Madre diletta; è preghiera per far piovere luci di confidenza e fiamme d'amore a chiunque lo leggerà verso questa Vergine Immacolata", è preghiera per conservare "quell'amore verso Maria, ch'io ho desiderato con questa mia operetta di vedere acceso in tutti coloro che la leggeranno". E più avanti parlando alla Madonna la definizione che Alfonso dà del libro è quella del "mio povero dono", povero rispetto ai meriti di Maria, ma certamente "gradito" poiché è dono tutto d'amore".

È l'amore a Maria nella dimensione della interiorità spirituale di Alfonso, nella dimensione del dono ricevuto che non si vuole perdere, nella dimensione apostolica della diffusione di un amore che è di singolare aiuto alla crescita della fede verso l'Amore assoluto e di peculiare conforto per l'intero arco della vita umana perché trattasi di santità di donna, di mamma, di umile figlia dell'umanità che diventa nell'unica natura umana la più alta delle creature; è questo amore la genesi profonda delle "Glorie" che non si possono contenere e che, come le laudi nel Medioevo, costituiscono il modo di cantare inni e di annunciare venerazione nel secolo dei lumi.

Vien da dire che sarebbe interessante fermare qui il discorso su Alfonso e le "Glorie" per raccogliere, in tutta la sua ricchezza e nelle più ampie risonanze, l'insegnamento vivo che da quest'amore tutto spirituale e così profondamente umano può derivare alla sensibilità dell'uomo di questo nostro tempo che, per un combinato processo di scientismo materialista e di materialismo edonista, sembra non poter concepire che la sola dimensione materializzata dell'amore quasi che lo spirito non possa esprimersi che nella tenda temporanea del corpo, trattenuto nello slancio di pienezza di espansione che è il suo venire dall'Eterno ed il suo proiettarsi verso l'eternità.

Ma bisogna smorzare l'interesse per stare al tema e per dire ancora che Alfonso per quest'amore - che durò tutta la vita come sopra ho accennato - e per esprimerlo e diffonderlo, attraverso uno strumento - il libro - che allora costituiva la più larga e incidente forma di comunicazione, studiò pazientemente per oltre quindici anni per raccogliere nel compendio del suo cuore e secondo la sua particolare sensibilità quello che di meglio il discorso letterario e religioso aveva prodotto nei precedenti sedici secoli sulla Madonna al fine di promuovere la devozione nella forma più appropriata sia teologica che culturale.

Così si esprime l'autore nell'introduzione del libro: "Ben io ho osservati innumerevoli libri che trattano delle glorie di Maria, e grandi e piccoli; ma considerando che questi erano o rari o voluminosi o non secondo il mio intento, perciò ho procurato da quanti autori ho potuto aver per le mani di raccogliere in breve, come ho fatto in questo libro, le sentenze più scelte e pregnanti dei Padri e dei Teologi, affine di dare il comodo ai devoti, con poca fatica e spesa, d'infiammarsi colla lezione nell'amor di Maria, e specialmente di porgere materia ai sacerdoti di promuovere colle prediche la divozione verso questa divina Madre".

Si può forse ben dire che l'intendimento apostolico è quello di un dottore della Chiesa quale fu S. Alfonso, occupato non solo a diffondere la buona dottrina sotto l'aspetto esegetico e teologico ma anche a trovare i destinatari naturali di un buon approfondimento, che, dovendo arricchire la dimensione ecclesiale, si rivolge alle varie componenti della comunità cristiana offrendo validi motivi a ciascuna di esse, in modo che la crescita della fede serva per consentire a tutti una più significativa sintesi fra fede e vita e, in particolare, ai battezzati l'esercizio del sacerdozio comune con l'arricchimento della vita spirituale, la profondità devozionale, l'incarnazione quotidiana e ai presbiteri anche la materia di ulteriori riflessioni per continuare a sostenere, anche con l'esercizio del ministero profetico, un culto genuino, autentico, sempre più vivo e vitale.

Voler indicare gli autori - santi, padri, teologi studiati dal nostro nei sedici anni dedicati alla stesura delle Glorie dal 1734 al 1750 sarebbe opera difficilissima e forse anche di poco rilievo per la quantità delle citazioni riportate nel testo alfonsiano.

Ciò che conta mettere in luce è la robusta dottrina di Alfonso sulla Madonna formata sulla conoscenza meditata ed amata delle letture bibliche che riguardano Maria nell'Antico e nel Nuovo Testamento.

Nell'Antico i passi della predizione e la prefigurazione, nell'attesa del compimento dei tempi, di questa Donna di eccezionale rilevanza per la storia della salvezza: Maria segno dell'umanità vittoriosa sul male in Genesi 3.15; Maria la madre vergine di Gesù Messia in Isaia 7, 14; Maria nuova Anna umile e povera serva del Signore in 1 Samuele 2, 1-10; Maria nuova Sion madre e sposa in Sofonia 3,14-17.

Nel Nuovo i brani che direttamente chiamano in causa la persona di Maria che in chiave storica si presenta negli avvenimenti già ricordati e che in chiave spirituale val la pena richiamare con le espressioni offerte in una recente pubblicazione (La Chiesa in cammino con Maria, Gregoriana, Padova): Maria, madre del Messia in Mt 1-2; in Luca 1,26-38: La madre e la serva del Signore; 1,39-45: Modello di fede nella Parola del Signore; 1,46-55: il Magnificat: cantico di lode e riconoscenza a Dio; 2, 1 20: atteggiamento meditativo di Maria di fronte agli eventi; 2,21-35 "Anche a te una spada trafiggerà l'anima"; 2,41-52: le scelte radicali di Gesù e le angosce di Maria e della Chiesa; 8,19-21: la parentela di Gesù: non di sangue ma di ascolto e prassi; 11,27-28: "Beata colei che ti fu madre... Beati piuttosto gli osservanti della parola dì Dio"; in Paolo, Galati 4,4 e Romani 9,5: Maria figlia di Israele; in Giovanni 2,1-2: Mediatrice del primo "segno" di Gesù; 19,25-27: Maria madre della comunità dei discepoli; in Atti 1, 12-14: Maria madre di Gesù nella primitiva comunità cristiana; Apocalisse 12,1-18: Maria madre del Messia e della sua stirpe.

La conoscenza di Alfonso, meditata ed amata, di questi passi dell'Antico e del Nuovo Testamento fu certamente ampliata dalla lettura dei Padri della Chiesa da sant'Ireneo ed Origine ad Agostino e san Giovanni Damasceno con molti altri santi ed autori dell'evo antico e medio, alcuni dei quali ho citato sopra.

Da questa elencazione di momenti biblici, di studi teologici, di devozioni colte e popolari sulla Madonna, in una sequela ininterrotta e variegata di ben 16 secoli di vita cristiana, e dall'affermazione circa questo lungo studio dello stesso autore delle "Glorie" potrebbe inferirsi il convincimento che Alfonso si sia limitato ad assumere, a riassumere tematicamente scegliendo e mettendo in ordine, a sostanzialmente fare opera di corretta e sintetica compilazione.

Se tale fosse stato l'esclusivo o il preponderante intendimento del nostro Santo certamente egli avrebbe egualmente compiuto opera meritoria sotto il profilo dell'incremento devozionale in una sana visione teologica e pedagogica. Questa dimensione di proposta organica e sintetica non manca ma non costituisce di per sé il contenuto del testo né la finalità precipua, in quanto basta guardare la struttura del libro e le varie parti che lo compongono per rendersi conto che il nostro autore intese fare opera di buona spiritualità e teologia toccando in alcuni punti vette assai alte dettate da quella fiamma d'amore che gli ardeva in petto e da quel forte intelletto che, nell'accoglienza della Parola e della santità della Chiesa, gli consentì quella che oggi, con espressione di Giovanni Paolo II, potremmo definire una chiara e vibrante coscienza di verità.

Che Alfonso non intese fare opera di mera compilazione lo si evince subito dalla parte introduttiva al testo che non solo consta della vera e propria "introduzione" ma anche della "Supplica dell'autore a Gesù e a Maria" nonché di una "Protesta dell'autore" e di un "Avvertimento al lettore" e di una "Orazione alla Beata Vergine per impetrar la buona morte".

Oltre al taglio eminentemente spirituale dovuto alla preghiera di lode e di impetrazione già contenuta in questa parte introduttiva, ciò che più colpisce è la preoccupazione dell'autore ad essersi mantenuto nella sana teologia nello sviluppare la dottrina della Chiesa in particolare sui due "pregi" da lui singolarmente trattati: 1a gran pietà e la potente intercessione della Madonna". Egli è così preoccupato di poter essere interpretato in modo non consono - soprattutto quando attribuisce alla Madonna i titoli di "Mediatrice" "Onnipotente" "Speranza" - che ritiene opportuno fare un'affermazione generale per chi, soprattutto nel secolo dei lumi, avesse potuto ritenerlo un "adulatore" della figura di Maria: "Se mai alcuno stimasse qualche proposizione scritta nel libro essere troppo avanzata, mi protesto di averla detta ed intesa nel senso della Santa Chiesa Cattolica e della sana Teologia".

Questa preoccupazione del mariologo è giustificata dall'autoconoscenza di Alfonso di aver contribuito a sviluppare la vera dottrina sulla Madonna. Perciò non mera opera di compilazione ma anche sviluppo dottrinale tenendo conto dell'assioma che una corretta mariologia è fondata sempre su un'autentica cristologia, così come 1a conoscenza della vera dottrina cattolica sulla beata Vergine Maria costituisce sempre una chiave per l'esatta comprensione del mistero di Cristo e della Chiesa" (Paolo VI, discorso del 21 novembre 1964; Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater, n. 47).

Come è chiara la preoccupazione di fondare cristologicamente la dottrina, il culto e la devozione a Maria così è pure chiara la precisa volontà di non consentire ad alcuna riduzione della grande dimensione teologica di questa Donna. Ecco perché il nostro Santo ha corredato l'opera, prima di chiudere la prima parte dedicata al commento della Salve Regina e conclusa con la riproduzione di alcune preghiere di santi alla divina Madre, con due scritti chiarificatori aggiunti.

Il primo il cui titolo originario è "risposta ad un anonimo che ha censurato ciò che sta scritto nel precedente capo V, par. 1 della prima parte; ed insieme l'opera morale del medesimo" venne pubblicata la prima volta nel 1756 in appendice alla II edizione di Napoli. È una risposta puntuale alle recriminazioni dell'enigmatico Laurindo Pritanio redivivo, che è l'agostiniano Ambrogio Manchi il quale, in difesa della Regolata Divozione di Ludovico Muratori (scritta nel 1747 sotto lo pseudonimo di Lamindo Pritanio), ebbe a criticare come "iperboli" le affermazioni di P. Piazza e di Alfonso circa la costante mediazione di Maria. Con serrate argomentazioni il nostro Alfonso, in commento ad Anselmo, Tommaso, Agostino, Bernardo, Girolamo, Bernardino, Bonaventura, Efrem, Germano, Pier Damiani, Riccardo di S. Lorenzo, e sulla base del "comune sentimento dei fedeli" con il conforto di altri teologi più vicini nel tempo, prova e conferma la "mentovata sentenza che tutte le grazie passino per mano di Maria".

Il secondo scritto fu aggiunto da Alfonso dopo il 1775, anno in cui fu pubblicata la "dotta operetta" del P. Gio. Idelfonso Cardoni dei Minimi dove eruditamente confuta un libro nuovamente dato alla luce dall'abate D. Leoluca Rolli, intitolato "Il novello progetto ecc.". Il Cardoni confutava il Rolli sul buon uso delle litanie e altre preghiere; a sostegno del francescano, Alfonso scrive questa "breve risposta alla stravagante riforma intentata dall'abate Rolli contraria alla pietà dovuta verso la Madre divina".

Questi due scritti aggiunti provano la profonda aspirazione del nostro Santo di salvaguardare il complesso dottrinale espresso nella sua "Enciclopedia Mariana" nella prima parte con i 10 fondamentali capitoli di commento alla magnifica antifona liturgica della Salve Regina, nutrendo il commento dei paragrafi inclusi in ciascun capitolo con un "esempio" e una "preghiera".

Si potrebbe parlare di un momento dottrinale, un momento morale e un momento spirituale. Ogni momento è in realtà segno vivo di quell'amore alla Madre Celeste che costituisce la costante di tutte le "glorie" senza nulla togliere alla profondità del pensiero e alla sana dottrina delle preghiere.

La seconda parte delle "Glorie" comprende otto discorsi sulle sette feste principali di Maria. I due ultimi sono sull'Assunzione e gli altri sei sono sull'Immacolata Concezione, Nascita, Presentazione, Annunciazione, Visitazione e Purificazione. Un nono discorso è dedicato ai Dolori di Maria, accompagnato da successive sette riflessioni sui momenti della grande sofferenza mariana dal vaticinio di Simeone fino alla sepoltura di Gesù.

La seconda parte contiene poi altre tre sezioni: la terza sulle "virtù di Maria santissima", la quarta su "vari ossequi di devozione verso la divina Madre colle loro pratiche" con una "conclusione dell'opera" che in realtà non la conclude perché segue un'ultima sezione contenente "orazioni diverse alla divina Madre".

A parte i lusinghieri giudizi che potrebbero essere riportati su questo ampio testo mariano dovuto alla pietà e alla scienza del santo vescovo di S. Agata dei Goti, giudizi che è facile leggere nella valida introduzione ridotta per le varie edizioni delle "Glorie", mi pare che -come nota P. Oreste Gregorio nell'edizione del 1954 -"la prova migliore dell'attualità delle Glorie di Maria, capolavoro di teologia orante e contemplante e pegno di poderosa vittoria del verace culto cattolico per la SS. Vergine, è da ricercarsi nel successo editoriale addirittura prodigioso. Niun libro sulla Madonna è stato tanto letto, particolarmente nell'Ottocento. M. De Meulemeester, bibliografo fiammingo, ha elencato 736 edizioni fatte tra il 1750 e il 1932, di cui 109 nel testo originale. La somma è imponente, senza dubbio".

Lo stesso P. Gregorio ricorda le molteplici ristampe in questo secolo e richiama il testo remondiniano rivisto e postillato nel 1761 dal medesimo S. Alfonso, il cui prezioso esemplare si conserva nel Museo Civico di Bassano del Grappa, testo sul quale fu condotta l'edizione critica dei Padri Redentoristi in due volumi nel 1936-1937.

All'amplissima divulgazione si accompagna la cospicua letteratura sviluppatasi intorno ad esse, sia in senso positivo che in senso denigratorio. In quest'ultimo senso soprattutto i protestanti che hanno "con costanza attaccato la mariologia alfonsiana.

 

3. Attualità delle "Glorie di Maria"

Ma l'attualità viva ed efficace de "Le Glorie di Maria" è autorevolmente sottolineata dal Santo Padre Giovanni Paolo II nella sua recente Enciclica, di formidabile ricchezza dottrinale e spirituale, dedicata alla santa Madre di Dio Vergine Maria: la Redemptoris Mater. Ed è un'attualità viva perché si riferisce a questo contesto ecclesiale in cui, alla luce del Concilio Vaticano II e del Sinodo straordinario dei vescovi a 20 anni dal Concilio, s'intende far risaltare la. mariologia conciliare nella dimensione fondamentale della speciale presenza della Madre di Dio nel mistero di Cristo e della sua Chiesa.

Ed è una attualità efficace, perché essa si inserisce nell'Anno Mariano proclamato, nel periodo anteriore alla conclusione del secondo millennio dalla nascita di Cristo, dalla Pentecoste del 1987 fino alla solennità dell'Assunzione della santissima Vergine al Cielo del 1988. Il Papa, infatti, al n. 48 dell'Enciclica sottolinea che nel contesto post-conciliare "l'Anno Mariano dovrà promuovere una nuova e approfondita lettura anche di ciò che il Concilio ha detto sulla beata Vergine Maria, Madre di Dio, nel mistero di Cristo e della Chiesa, a cui si richiamano le considerazioni di questa Enciclica. Si tratta qui non solo della dottrina della fede, ma anche della vita di fede e, dunque, dell'autentica "spiritualità mariana" vista alla luce della tradizione e, specialmente, della spiritualità alla quale ci esorta il Concilio. Inoltre la spiritualità mariana, al pari della devozione corrispondente, trova una ricchissima fonte nell'esperienza storica delle persone e delle varie comunità cristiane, viventi tra i diversi popoli e nazioni su tutta la terra. In proposito, mi è caro ricordare, tra i tanti testimoni e maestri di tale spiritualità..." e qui il ricordo va anche (nota n. 143) a "S. Alfonso Maria de' Liguori, di cui ricorre quest'anno il secondo centenario della morte: cfr, tra le sue opere, Le Glorie di Maria".

S. Alfonso è da così alta Autorità richiamato all'attenzione della cattolicità quale testimone di spiritualità e devozione mariana. Questo richiamo è il segno più evidente e Più autorevole della attualità della testimonianza dell'amore del Santo alla Madonna e della fecondità ecclesiale della sua dottrina, che viene proprio richiamato nel momento in cui la Chiesa universale celebra un Anno Mariano e quando si va proprio compiendo il secondo centenario della morte del fondatore dei Redentoristi.

O singolare, fortunata, forse in una visione di fede, misteriosa coincidenza! Non ha forse la Vergine santa voluto ricambiare con questo segno il fedele e fecondo amore del suo devotissimo Alfonso, facendo sì che si operi memoria del suo transito dalla vita terrestre a quella celeste proprio nell'anno in cui la Chiesa universale medita e implora in modo particolare la Madre di Dio, così unendo la speciale preghiera alla Vergine con la preghiera al Santo nel mistero dell'universale amore al Padre Creatore, al Figlio Redentore, allo Spirito santificatore? Non ha voluto la Vergine riproporre le sue glorie all'attenzione della umanità - in apparenza sicura ma nella realtà tragicamente al bivio fra disperazione e speranza, fra guerra e pace, fra consumismo e povertà, fra odio e amore, fra violenza e solidarietà - attraverso la proposta e la riflessione alfonsiana di sana dottrina, di filiale pietà, di devota venerazione?

Possono i Padri Redentoristi essere veramente fieri, di quella giusta fierezza dei cristiani, per avere un Fondatore vero e genuino cantore della Madonna; può la Chiesa che è in S. Agata de Goti essere orgogliosa, di quel sano orgoglio dei cristiani, del suo Vescovo Alfonso padre nella fede del mistero di Cristo e della Chiesa cantato anche con le glorie di Maria. Agli uni e all'altra l'augurio di mantenere alta, pura, nobilissima spiritualità e devozione mariana nel tesoro della testimonianza e dell'insegnamento di Alfonso de Liguori.

"Le Glorie di Maria" di S. Alfonso Maria de Liguori sono ancora una testimonianza e un insegnamento pregevole perché Maria, - Alma Redemptoris Mater - viva nel cuore dei cristiani e dell'umanità come segno dell'amore di Dio per l'uomo e sia la strada più sicura per radicarsi nel vero amore al Padre e nel vero amore agli uomini camminando in loro compagnia e spezzando la Parola di verità e il Pane di vita.

Raffaele Cananzi

in S. ALFONSO M. DE LIGUORI

Le Glorie di Maria

Valsele Tipografica 1987, pp. 7-27




Precedente - Successivo

Copertina | Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

IntraText® (V89) © 1996-2006 EuloTech