- Parte seconda.
- V. - RACCOLTA DI VARI ESEMPI APPARTENENTI A MARIA SANTISSIMA
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76. *
Riferisce S. Gregorio che un Santo prelato vescovo di Ferento fu inclinato alla
limosina sin da fanciullo. Accadde un giorno che un certo prete suo nipote,
avendo venduto un cavallo per dieci scudi d'oro, prese il danaro e lo chiuse in
una cassa; ma il vescovo richiesto da' poveri, e non avendo che dare, ruppe la
cassa e dispensò loro quei danari. In saperlo il nipote fe' tal rumore che 'l
santo prelato, non sapendo che fare, ricorse ad una chiesa di Maria. Ed ecco
sulla veste dell'immagine vide 10 scudi, li prese e li die' al nipote (S.
Greg., dial., l. 1, cap. 9).
* Esempio 76. - «Fuit vir vitae venerabilis, Bonifacius
nomine, qui in ea civitate quae Ferentis dicitur episcopatum officio tenuit, et
moribus implevit.» S. GREGORIUS MAGNUS, Dialogorum
lib. 1, cap. 9, ML 77-189. Fu vescovo di Ferento d'Etruria, antica città Romana, distrutta alla fine del
secolo XII dai Viterbiesi. - Di S. Bonifacio fa memoria il Martirologio Romano ai 14 di maggio: «Ferenti in Tuscia, sancti
Bonifacii episcopi, qui, ut refert beatus Gregorius Papa, a pueritia sanctitate
et miraculis claruit.» A pueritia: op.
cit., l. c., col. 197. Si spogliava delle sue vesti per darle ai poveri.
Riempì colle sue preghiere il granaio che aveva vuotato colla sua carità: del
che fatta testimone la madre, cessò dal rimproverare al figlio la sua
generosità; anzi cominciò ad imitarla. Il santo fanciullo ottenne da Dio che
una volpe riportasse la gallina che avea rubata, e cadesse morta sotto i suoi
occhi. - Sul miracolo riferito da S. Alfonso: op. cit., l. c., col. 193-196. L'avaro nipote, «Constantius presbyter», vendette il cavallo «duodecim aureis». Non
riuscendo il santo zio a calmare il suo sdegno per la cassa rotta ed i danari
spariti, «beatae Mariae semper virginis ecclesiam ingressus est, et elevatis
manibus extenso vestimento, stando coepit exorare, ut ei redderet unde
presbyteri furentis insaniam mitigare potuisset. Cumque subito oculos ad
vestimentum suum inter extensa brachia reduxisset, repente, in sinu suo
duodecim aureos invenit ita fulgentes, tamquam si ex igne producti eadem hora
fuissent. Qui mox de ecclesia egressus, eos in sinum furentis presbyteri
proiecit, dicens: «Ecce habes solidos quos quaesisti; sed hoc tibi notum sit,
quia post mortem meam huius ecclesiae episcopus non eris propter avaritiam
tuam.» Ex qua sententia veritate colligitur, quia eosdem solidos presbyter pro
adispiscendo episcopatu parabat.» E di fatti, Costanzo «in presbyteratus
officio vitam finivit».
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