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Michele Lacetera
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- 185 -


Appendice

Per quante ricerche abbia fatto non è stato possibile trovare notizie precise circa i versi che

seguono, sul loro autore e sul tempo esatto della loro composizione.

Componimento di assoluta semplicità, composto nel periodo del ventennio fascista, o immediatamente

dopo, che prendeva di mira alcuni dei personaggi più in vista del paese. Per quanto

non si tratti di una satira particolarmente mordace è comprensibile che, vista la scarsa attitudine

di tutti i regimi verso l’umorismo, l’autore o gli autori abbiano voluto rimanere coperti

dall’anonimato. Non mancano arguzia, malizia e tecnica compositiva.

La comprensione del testo è abbastanza agevole anche se ci sono dei salti logici che lasciano

pensare che il testo qui riprodotto possa essere incompleto e mancante di qualche strofa.

Riproduco il testo così come mi è stato dato.

 

Allegra canzone del tuo paese

 

Le grandi glorie del tuo paese

ti narro, o popolo zagarolese.

E perché ai posteri vadano intatte

bisogna scriverle su buone carte.

O meglio ancora con stile bello

scriverle tutte con lo scalpello.

A tal proposito con mano franca

sul marmo le incide il Cappabianca.

Per cominciare mi sembra bello

narrar le opere del grande Nello.

Fece fontane fece acquedotti

rifece i ponti che s’erano rotti.

Delle latrine fece al pincetto

dicendo a tutti “Io ci rimetto”.

Ma dove gli utili andarono male

fu nel restauro dell’ ospedale.

Lo fece fare il Calzoletti

per alloggiare i poveretti.

Con don Mannucci fece il collegio

ma i conti andarono di male in peggio.

Per i balilla ora s’aspetta

murar le pietre di una casetta

che con perfetta grazia cortese

regge le sorti del suo paese.

Il beneamato fascista Sordi

campa pacifico sui quattro soldi

e senza rossore e senza sbadigli

sopra il consorzio tiene gli artigli.

Se tu possiedi ‘na vignarola

egli scongiura vento e gragnuola

Assicurando il rendimento

contro gli eccessi del firmamento.

In questi strani tempacci bui

chi ci assicura contro di lui?

Un imperterrito filibustiere

fu quel Giovanni…le bande nere.

E non crediate che abbian paura

di cimentarsi nell’avventura,

anzi, spontanei, con lancia in resta

vanno alla guerra come a una festa,

vanno alla guerra con bombe e picche

contro gli eredi di Menelicche.

Con qualche altro vanno a braccetto

e vuol partire pur Cesaretto.

Prepara, o popolo, corone d’alloro

per far corone a tutti loro.

Corri e salutali con riverenza

che si preparano alla partenza.

Il pio Moretti sogna tranquillo

una dentiera da coccodrillo

mentre che Nano con fare stracco

socchiude gli occhi e regge il sacco.

O tempi belli quando felici

si spartivano gli utili con gli amici.

E Ricci dava come conviene

regali e doni a mani piene.

Massimiliano è il farmacista

sempre fornito d’ogni provvista

che se non trovi la camomilla

trovi in compenso sette balilla.

Nella bottega studia e ammannisce

contraveleni per serpi e bisce.

Perché chiamarla con voce amara

la temutissima rea serpentara?


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Se qualche cosa non va a pennello

non te la prendere col grande Nello.

Tutte le colpe che io non caccio

sono, s’intende, del popolaccio,

che non distingue bene dal male

e ha sempre voglia di criticare.

Se le fontane non hanno i tetti

è perché il sole le disinfetti

ed il bacillo sterilizzato

resti sul corpo morto ammazzato.

Se l’acqua è poca e non arriva

gridiamo osanna, gridiamo evviva

perché nell’acqua, se non lo sai,

si trova il germe di tanti guai

e ogni malanno scacci di dosso

se bevi un goccio di vino rosso.

Se nei sentieri delle campagne

trovi pantani, buche e montagne,

ringrazia Dio in sempiterno

la strada dritta porta all’inferno

e se non ci credi dillo a don Dario

che ce l’ha scritto nel suo breviario,

come pure è scritto di non rubare

se la prigione non vuoi assaggiare.

È un meccanismo un po’ confuso

che a volte cigola per troppo uso.

Ma per mandarlo come un violino

basta versarci d’olio un tantino.

Fare la guerra a pochi piace

e tutti vogliono vivere in pace.

Per queto i medici in modo vario

hanno distrutto l’armamentario

e a braccetto, tutti felici,

se la passeggiano da vecchi amici.

Bene, perbacco, bene, benone

solo qualcuno come un minchione

guarda con occhi da mentecatto

come se fossero un cane e un gatto.

Ma, se lo fossero, cosa importa?

Basta l’accordo, cessi la lotta.

Questo ti basti, uomo distratto,

cerca di vivere e non fare il matto

che se ti piglia un raffreddore

la borsa ai medici e l’ossa al Creatore.

Le tasse aumentano di cento in cento

e si ritira anche l’argento.

Ma che ti importa, povero gonzo,

se ti rimane soltanto il bronzo?

Resiste bene per tutti gli usi

non son di bronzo cotanti musi?

Se la laziale grava in famiglia

riempi di lucciole una bottiglia

e manda al diavolo Nino e Strabioli

con le bollette dei contatori.

Anche Scardini è troppo avaro

se l’autobus costa un po’ caro

monta un somaro e tira avanti

che di somari ce ne son tanti.

Contro le mosche hai le fraschette

e il Comune molto rimette

perché non trova una ricetta

che l’esattore in fuga metta.

Le confraternite son tutte a posto

c’è molto fumo e poco arrosto.

Ma per salvar quel ch’è rimasto

vigila attento il buon Vetasto,

un gran dottore commercialista

s’è messo subito in bella vista

affinchè l’utile cooperativo

resti pei soci tutti in attivo.

Bastava a questo sicuramente

Peppe del Gobbo che non vuol niente.

Ildo è contento di quel che ha fatto

solo quel Sacco fa sempre il matto.

E la discordia la fa Paolino

perché pretende un posticino.

Come trovare un argomento

che anche Sacco faccia contento?

Tra Ildo e Sacco, tra Borzi e Sordi

pensi Pascucci a far gli accordi.

Solo un servizio fila a puntino

lo fa Romano il vetturino

che senza un soldo, sotto un bel manto

ti porta dritto al camposanto.

O gran Romano, alma incorrotta

perché non compri una tradotta

ove ficcarci tanti fresconi

che hanno rotto i nostri…bottoni

e li spedisci senza ritorno

di tutta urgenza all’altro mondo?




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