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S. Alfonso Maria de Liguori Apparecchio alla Morte IntraText CT - Lettura del testo |
PUNTO II
Dice quel peccatore: Ma Dio è di misericordia. Rispondo, e chi lo1 nega? La misericordia di Dio è infinita, ma con tutta questa misericordia,
quanti tutto dì si dannano? «Veni ut mederer contritis corde (Is. 61.1)».2 Dio sana chi tiene buona volontà. Egli perdona i peccati, ma non può perdonare la volontà di peccare. Replicherà: Ma io son giovine. Sei giovine? ma Dio non conta gli anni, conta i peccati. E questa tassa de' peccati non è eguale per tutti; ad alcuni Dio perdona cento peccati, ad un altro mille, ad un altro al secondo peccato lo manderà all'inferno. Quanti il Signore ce ne ha mandati al primo peccato? Narra S. Gregorio3 che un fanciullo di cinque anni, in dire una bestemmia, fu mandato all'inferno. Rivelò la SS. Vergine a quella serva di Dio Benedetta di Fiorenza4 che una fanciulla di 12 anni al primo peccato fu condannata. Un altro figliuolo di 8 anni anche al primo peccato morì e si dannò. Dicesi nel Vangelo di S. Matteo (cap. 21)5 che 'l Signore la prima volta che trovò quell'albero di fico senza frutto, subito lo maledisse, «nunquam ex te nascatur fructus», e quello seccò. Un'altra volta disse: «Super tribus sceleribus Damasci, et super quatuor non convertam eum» (Amos 1. 3). Forse alcun temerario vorrà chiedere ragione a Dio, perché ad uno vuol perdonare tre peccati, e quattro no? In ciò bisogna adorare i divini giudizi, e dire coll'Apostolo: «O altitudo divitiarum sapientiae et scientiae Dei; quam incomprehensibilia
sunt iudicia eius, et investigabiles viae eius!» (Rom. 11. 33). S. Agostino:6 «Novit ille cui parcat, et cui non parcat. Quibus datur misericordia, gratis datur, quibus non datur, ex iustitia non datur» (Lib. de corrept. cap. 5).
Replicherà l'ostinato: Ma io tante volte ho offeso Dio, e Dio m'ha perdonato; e così spero che mi perdoni quest'altro peccato. Ma io dico: E perché Dio non ti ha castigato sinora, avrà da essere sempre così? Si compirà la misura, e verrà il castigo. Sansone seguitando a trescare con Dalila, pure sperava di liberarsi dalle mani de' Filistei, come avea fatto prima: «Egrediar sicut ante feci, et me excutiam» (Iudic. 16. 20). Ma in quell'ultima volta restò preso, e ci perdé la vita. «Ne dicas: peccavi, et quid accidit mihi triste?» Non dire, dice il Signore, ho fatti tanti peccati, e Dio non mai m'ha7 castigato. «Altissimus enim est patiens redditor» (Eccli. 5. 4). Viene a dire, che verrà8 una e pagherà tutto. E quanto maggiore sarà stata la misericordia, tanto più grave sarà il castigo. Dice il Grisostomo9 che più dee temersi, quando Dio sopporta l'ostinato, che quando subito lo punisce: «Plus timendum est cum tolerat, quam cum festinanter punit». Perché (come scrive S. Gregorio)10 coloro che Dio aspetta con più pazienza, più rigorosamente poi punisce, se restano ingrati! «Quos diutius exspectat, durius damnat». E spesso, soggiunge il santo,11 che quelli12 che molto
tempo sono stati sopportati, improvvisamente poi muoiono senz'aver tempo di convertirsi: «Saepe qui diu tolerati sunt, subita morte rapiuntur, ut nec flere ante mortem licet». Specialmente quando più grande sarà stata la luce che Dio ti ha data, tanto maggiore sarà la tua accecazione ed ostinazione nel peccato. «Melius enim erat illis» (disse S. Pietro) «non cognoscere viam iustitiae quam post agnitionem retrorsum converti» (2. Petr. 2. 21). E S. Paolo disse essere impossibile (moralmente parlando) che un'anima illuminata, peccando di nuovo si converta: «Impossibile enim est eos, qui semel illuminati sunt, et gustaverunt donum coeleste... et prolapsi sunt, rursus renovari ad poenitentiam» (Hebr. 6. 4).
È terribile quel che dice il Signore contra i sordi alle sue chiamate: «Quia vocavi, et renuistis... Ego quoque in interitu vestro ridebo, et subsannabo vos» (Prov. 1. 24).13 Si notino quelle due parole «Ego quoque»: significano che siccome quel peccatore ha burlato Dio, confessandosi, promettendo e poi sempre tradendolo; così il Signore si burlerà di lui nella sua morte. In oltre dice il Savio: «Sicut canis qui revertitur ad vomitum suum, sic imprudens qui iterat stultitiam suam» (Prov. 26. 11). Spiega questo testo Dionisio Cartusiano,14 e dice che come si rende abbominevole e schifoso quel cane, che si ciba di ciò che prima ha vomitato; così rendesi odioso a Dio, chi ritorna a commettere i peccati che ha detestati nella confessione: «Sicut id quod per vomitum est reiectum resumere, est valde abominabile ac turpe, sic peccata deleta reiterare».
Affetti e preghiere
Eccomi, mio Dio15 a' piedi vostri, io son quel cane schifoso, che tante volte ho tornato a cibarmi di quei pomi vietati, che prima ho detestati. Io non merito pietà, o mio Redentore; ma il sangue che avete sparso per me, mi anima e mi obbliga a sperarla. Quante volte vi ho offeso, e Voi mi avete perdonato! Vi ho promesso di non offendervi più, e poi16 son ritornato al vomito, e Voi avete ritornato a
perdonarmi. Che aspetto, che proprio mi mandiate all'inferno? O mi abbandoniate in mano del mio peccato, che sarebbe maggior castigo dell'inferno? No, mio Dio, voglio emendarmi, e per esservi fedele voglio mettere tutta la mia confidenza in Voi; voglio, quando sarò tentato, subito e sempre ricorrere a Voi. Per lo passato mi son fidato delle mie promesse e de' miei propositi, ed ho trascurato di raccomandarmi a Voi nelle tentazioni; e questa è stata la mia ruina. No, da oggi innanzi Voi avete da essere la speranza e la fortezza mia, e così potrò tutto: «Omnia possum in eo qui me confortat».17 Datemi dunque la grazia per li meriti vostri, o Gesù mio, di raccomandarmi sempre a Voi, e di cercarvi18 aiuto ne' miei bisogni. V'amo, o sommo bene, amabile sopra ogni bene; e solo Voi voglio amare; ma Voi mi avete da aiutare.
E Voi ancora mi avete da soccorrere colla vostra intercessione, o Maria Madre mia; tenetemi sotto il vostro manto e fate ch'io sempre vi chiami, quando sarò tentato. Il nome vostro sarà la difesa mia.