Per la guerra libica
Sardi mastini di gran possa, voci
Nell’ombra formidabili, mastini
Di quel buon sangue antico, che gli atroci
Padri aizzaron contro i legionari:
Alani d’Orzulè, barbaricini
Doghi cogitabondi sanguinari:
Cani di Fonni, vigili sui monti
Deserti al passo dei rapinatori:
Pugnace razza implacabile, pronti
Sempre all’assalto, come l’aura lievi,
Seguaci come l’ombra, negli orrori
Delle notti ventose, tra le nevi,
Soli compagni al nomade e al bandito:
— Il bandito nel fiero odio tenace
Richiama il suo fedel dogo nutrito
Di strage: Murrazzànu, Sorgolino,
Leone, Traïtor! ma più gli piace
Il nome fratricida di Caino.
Cani di tutta l’Isola, al pastore
Presidio ed all’armento, dalle acute
Zanne bramose a sradicare il cuore,
Ecco: la Guerra suona la dïana,
La Cacciatrice chiama le sue mute
Alla gran caccia, come alla bardana.
Ma si caccia altrimenti che nei freschi
Querceti di Gallura e Logudoro,
Qui cuor per cuore sia, cani sardeschi!
Siate tremendi e prodi a gara a gara,
Come in quel germinale, sul sonoro
Lido di Quarto, in Capo Carbonara.
O pastore d’Ogliastra, tu che calchi
Primo gli ultimi ghiacci dell’Orisa,
E ne sai tutti i venti e tutti i valchi,
Grande un mastino d’Àrzana tu scaglia:
Egli saprà cacciare in quella guisa
Che sui dirupi, in mezzo alla battaglia.
Egli tracci quell’un, che il tuo vicino
Straziò innocente, e a lui cavi l’entragna
Come all’agreste verro il buon mastino!
Ecco ritorna. Pedra Liana ai raggi
Del sol morente è un’ara: la montagna
È rossa di garofani selvaggi.
Aquile nere vanno incontro al sole,
Alte divine; Gennargentu splende
Nella gran sera cinta di viole.
Torna il mastino d’Àrzana. — Alle porte
Schiuse al duolo, una madre in nere bende
Sta grande e fiera in un pensier di morte. —
Verrà, Ogliastra, sanguinoso a bere
Prima al tuo monte. Dagli a dissetarlo
Tutte le vene delle tue scogliere,
Ma non lavarlo, no! Sian rosse ed adre
Le sue zanne di sangue, ché a mirarlo
Gioja ne avrà quell’aspettante madre.
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