Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Pietro Metastasio
Lettere

IntraText CT - Lettura del testo

Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

XLIV

 

A GIOVANNA NEPOMUCENA Dl MONTOJA - HERMANNSTADT

 

Vienna 17 gennaio 1750.

 

Non aspettate, gentilissima signora contessa, ch'io faccia il panegirico dell'ultima vostra bellissima lettera scritta in data del 27 dello scorso decembre. Voi lodate tanto la mia proposta che tutte le lodi ch'io vi rendessi sarebbero credute dalla vostra moderazione più tosto delicatezze di riconoscenza che dritti del vostro merito. È vero ch'io vi sono grato d'una parzialità che vi fa travedere a mio vantaggio, ma non deggio perciò permettere che la mia gratitudine si scarichi de' debiti suoi a spese della giustizia.

È possibile che il vostro talento non sappia trovar la via di rendervi soffribile cotesto soggiorno? In somma voi altre belle volete conservare in tutto il privilegio di non esser mai contente di cosa alcuna: nella solitudine bramate il tumulto, nel tumulto sospirate la solitudine; quando avete il biondo bramate il bruno, quando possedete il bruno impazzate per il biondo: il ritegno vi picca: la franchezza v'offende: la frequenza v'annoia: la negligenza v'irrita. E pure così difficile come siete, tutto il mondo vi corre appresso. Voi conoscete l'efficacia di cotesta vostra virtù magnetica, intraprendete con sicurezza qualunque difficile idea, e tutto vi riesce. Che felicità! Noi nòtiamo, secondo la vostra lettera, fra le delizie: or, per disingannarvi, sappiate che se a voi mancano costì le vivande, noi abbiamo perduto qui l'appetito; chi vi pare che goda miglior salute di noi? Abbiamo un'opera per confessione di tutti la più bella che qui si sia ancora veduta, ed il teatro è un deserto; vi sono balli tutte le sere, ed il numero de' concorrenti (a riserva d'una volta) non è mai giunto a 40 persone. Credetemi, riveritissima signora contessa, che noi rallegriamo i divertimenti, e non questi noi. Quando io mi sento internamente lieto ogni sciocchezza mi muove al riso, quando internamente son mesto mi farebbe piangere il solletico. Quanti luoghi che mi pareano altre volte deliziosi senza che siano punto cambiati mi paiono ora insopportabili! Quante persone che potevano una volta rendermi felice mi sarebbero al presente rincrescevoli! Dopo aver molto filosofato, io trovo impossibile d'accomodare a me le vicende del mondo. Onde procuro d'accomodar me stesso al corso di quelle. Per una dama del vostro merito, avvezza sin'ora a regolar 1a volontà degli altri, è nuovo ed incomodo mestiere quello di tenere a freno la propria. Ma quando si ha un capitale di talento, come voi avete, si fa quello che si vuole, e s'impara a volere quello che si può. La materia veramente che mi è corsa non volendo su la penna conosco che non è adattatissima per una lettera galante. Quanto riderebbero di me gli eroi del bel mondo, ch'io, scrivendo ad una giovane dama, m'affanno a spacciar morale. Non mi discreditate, vi prego: io son ben degno di scusa. Se scrivessi ad altra che a voi le descriverei due cuffie di nuova moda venute recentemente da Parigi delle quali si chiama l'una il Rinoceros e l'altra la Cometa. L'informerei di qualche nuova specie di nastro o di merletto: le darei conto di qualche fresca invenzione di sacchi e di palatine, o di dominò: saprei rendermi grato ancor io a spese della bellezza dell'una o della condotta dell'altra: e finalmente non mancherebbero miniere onde tirar fuori istoriette poco vantaggiose a qualche bella della stagione. Ma con voi, signora contessa, sarebbe un sacrilegio il far uso di questi rancidi artifici, che sono per altro le batterie le più sicure de' nostri conquistatori.

Il vostro merito non ha bisogno per distinguersi che si scemi quello delle altre: e l'estensione del vostro talento non è ristretta fra gli angusti limiti delle mode e delle maldicenze. Non vorrei che la giustizia ch'io vi rendo mi facesse passar per adulatore: per accreditar la mia sincerità, permettetemi ch'io vi confessi che il conoscer le vostre perfezioni non vuol dire ch'io vi creda senza difetti. Anzi ne avete alcuni (sia detto con vostra pace) che sono assolutamente insopportabili. È (per cagion d'esempio) cosa soffribile quel venire come voi avete fatto, ad istruirci quanto voi siete amabile, solo per il maligno piacere di farci risentire così presto la vostra perdita? È permesso di abbandonare i suoi amici con quella indolente freddezza con la quale voi gli abbandonate? Si può perdonare... Ma non trascorriamo alle satire; io non ne ho mai scritte finora, ed è troppo tardi per incominciare.

A proposito di difetti, voi avete sì mal eseguita la commissione d'assicurar del mio rispetto il signor conte vostro consorte e la signora contessa e conte di Braun, ch'io da buon Italiano vendicativo non voglio darvi la tenera riconoscenza della degnissima signora contessa d'Althann per gli auguri che gl'inviate. Non voglio farvi parola delle riverenze del generale suo figliuolo. Non voglio confessarvi con quale usura internamente io vi renda i voti di felicità che m'inviate: ed avevo risoluto di non mandarvi la mia nuova opera, ma ripensando meglio lo farò subito ch'io l'abbia di Dresda nella speranza d'annoiarvi. Voi direte che non v'è bisogno dell'opera, che questa lettera l'ha prevenuta: ebbene, già che vi dispiace, seguitiamo col pretesto di darvi qualche nuova. Il povero conte di Montesanto dopo tanti mesi ha finito di morire e seco il Consiglio d'Italia. Il conte di Cervellon e il marchese Cavalli, ch'erano i soli membri ancora viventi di quel corpo estenuato, sono stati giubilati. Il primo con tutto il soldo durante la sua vita, con lodi infinite al suo zelo, al suo sapere ed alla sua probità. Dell'altro non so le circostanze, ma, considerato il suo merito e la giustizia della nostra sovrana, non dubito che saranno a proporzione corrispondenti. Il conte di Tarroca è stato già pubblicato presidente d'Italia, ritenendo la presidenza de' Paesi Bassi; ma a riguardo del nuovo impiego non si sa ancora quali saranno i suoi subalterni. Ha lasciata la direzione delle fabbriche, ed è subentrato a questo peso il conte Losi. Il generale Pallavicini è qui da lungo tempo. Io sono stato a visitarlo, e l'ho trovato di salute e d'umore in perfettissimo stato. Non si vede molto: la città lo fa governator di Milano, ma la regina non ha ancora detto se sia vero. Dice parimenti la città che se il conte Ferdinando d'Harrach avesse voluto lasciar subito il suo governo e venir a prender qui possesso del nuovo impiego destinatogli, la Corte non si sarebbe opposta; ma che egli non ha stimato bene di farlo per non lasciar occasione ai maldicenti di spiegar a suo svantaggio un ritorno più sollecito del costume. Non vi divertono queste nuove? Aspettate: eccone un'altra. Il re di Napoli ha fatto insinuar ch'ei pensa mandar per suo ambasciatore un cavalier siciliano chiamato il principe di Camporeale di casa Bologna Agliati. Né pur questo vi soddisfa? Sarei inconsolabile se mostraste la svogliatezza medesima anche per quella che mi rimane di darvi, cioè ch'io sono e sarò fin ch'io viva con la solita e rispettosa stima.

 

 




Precedente - Successivo

Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License