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Giacomo Alberione, SSP San Paolo - Bollettino SSP IntraText CT - Lettura del testo |
Quello che non sono gli Esercizi Spirituali
Sarebbe grave errore ridurre gli Esercizi Spirituali a letture o ascoltare prediche e fare alcune preghiere; occorre soprattutto riflettere pregando. Meditare, esaminarsi, lavorare e attivarsi interiormente per approfondire, applicare; esercitarsi in atti di speranza, di pentimento, di desiderio, di riparazione, di offerta, di sottomissione a Dio, di domande, di propositi, preghiere, ecc.
Non si tratta né di
studio teorico, né di letture
per cultura o sollievo; né di un silenzio sdegnoso od ozioso.
Non si tratta semplicemente di abbandonarsi all'operazione della grazia; ma di attivarsi, onde preparare il terreno al seme divino; di cooperare al suo nascere e crescere; e di portarlo alla piena maturazione, sempre ricordando che siamo cooperatori: «non quod sufficientes simus cogitare aliquid a nobis quasi ex nobis, sed sufficientia nostra ex Deo est». «Deus est enim qui operatur in vobis velle, et perficere pro bona voluntate». Quindi intrecciare santamente preghiera ed azione. Devonsi mettere in attività tutte le nostre potenze, mente, cuore, fantasia, memoria, lingua, udito, occhi, ecc.: l'essere intiero.
Si possono fare Esercizi Spirituali senza prediche ed anche senza letture; ma non si fanno mai senza questo lavorio nostro. Il frutto di essi è proporzionato al raccoglimento e all'ordinamento delle nostre forze spirituali e corporali verso il fine degli Esercizi: che ognuno deve determinarsi sin da principio.
Il grande Protettore degli Esercizi Spirituali, Sant'Ignazio di Loyola dice: «Tanto più si approfitterà quanto più l'esercitante si apparterà dagli amici e conoscenti e da ogni sollecitudine terrena, ritirandosi in luogo ove rimane nascosto quanto più possibile». Parole che corrispondono a quelle del Maestro degli Esercizi Gesù Cristo: «venite in desertum locum et requiescite pusillum».
Soli con Dio! Né visite, né lettere, né divagazione dei sensi, né conversazioni di amici ma solitudine interiore ed esteriore. Il silenzio è come l'anima del raccoglimento: «juge silentium cogit coelestia meditari». Esso dà la possibilità di parlare con Dio, di sentire Dio e ricevere da Dio; nel pio silenzio l'anima si ripiega su di sé e meglio si conoscerà e meglio si eleverà a Dio. Subirà le divine attrattive, entrerà in intime conversazioni con Lui e pregherà con Sant'Agostino: «noverim me, noverim Te».
Tre vantaggi: la mente si concentrerà più facilmente nelle verità; meglio l'anima si preparerà alla infusione della grazia, e la volontà tutto ordinerà più facilmente al fine degli Esercizi Spirituali.
«Oh, avessi le ali come una colomba per volarmene via e riposare! Ecco fuggirei lontano, lontano, e mi fermerei nel deserto. Aspetterei (là) colui che può parlarmi».