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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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254. AL P. D. GASPARO CAIONE, RETTORE DELLA CASA DI CAPOSELE.

Gli rimprovera un atto di zelo indiscreto e l'incarica di una commissione.

 

Viva Gesù, Maria, Giuseppe e Teresa!

 

PRINCIPIO DI LUGLIO [1756?]

 

Io non so troppo fingere. Dico la verità: questa cosa che avete fatto, di mandare il P. Apice (e Dio faccia che non ci abbiate mandato qualcun altro) a S. Gregorio, mi ha ferito l'anima; tanto più che prima avevate risoluto di scrivermelo, e poi avete fatto il contrario. Dio mio! mandare un soggetto (che ogni soggetto ci costa sangue) a morire in un luogo di mal'aria nel sollione, ed in tempo che attualmente vi è l'epidemia! Ma ivi ci è bisogno. Ma non sono morti ivi tutti i sacerdoti; sempre ci è restato chi dia l'assoluzione. Per carità, da oggi innanzi, prima di fare qualche cosa straordinaria di queste, scrivetemelo. All'arcivescovo [di Conza] bisogna ubbidire, ma cum grano salis, in quelle cose che siamo obbligati di ubbidire. Oggi parto per Napoli, Dio sa con che dolore, per questa cosa che m'avete scritta. Dio ce la mandi buona! Attendete poi che il P. Apice procuri subito le dimissorie per quelli giovani, e con bel modo il P. Apice faccia sentire al Signore vicario la poca carità che ci usa, quando tutti gli altri vicari hanno passati i patrimoni. Noi serviamo alla Chiesa universale. A noi, nel Breve Papale, sta concesso l'ordinare col patrimonio; tanto più che noi stiamo servendo la diocesi stessa di Conza. Ma l'assorbente è, che noi serviamo la Chiesa universale, e la Chiesa universale già ci ha approvato l'ordinarci con patrimonio. Se mai qualche Padre stasse ora a S. Gregorio, mandatelo subito a richiamarlo. Viva Gesù, Maria, Giuseppe e Teresa!

 

Fratello ALFONSO.


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[P. S. d'altra mano.] Il nostro Padre, perché egli stava per partire, mi fa soggiungere altri motivi per l'ammissione del patrimonio. Primo, la permissione del Pontefice che, nella Regola, ci ha conceduto l'ordinarsi i nostri soggetti col patrimonio, e la permissione di Sua Maestà che, per queste case che abbiamo, ci tiene come utili nel suo Regno, e per conseguenza non le sarà d'aggravio la nostra ordinazione con questo titolo, benché ricusa universalmente questo titolo, per non moltiplicare preti inutili. Di più, né il Concordato osta a noi; poiché ivi si dice che si lascia ad arbitrio del vescovo di far ordinare col patrimonio, quando conoscerà l'utilità della Chiesa, senza specificare chiesa particolare degli ordinandi. Onde dice Monsignore Borgia che lui suole ordinare più sacerdoti in un luogo, dove non ci bisognano, solamente per prenderli da colà, e collocarli altrove dove bisognano: e così si verifica che gli ordina per la necessità o utilità della Chiesa, non dell'ordinando, ma dell'ordinante e ciò è secondo la mente del Tridentino, il quale facoltà al vescovo d'ordinare anche a titolo di patrimonio chierici, quando vi conoscerà l'utilità o necessità delle sue chiese; dove notasi che dicesi sue chiese cioè del vescovo, e non illorum, cioè degli ordinandi. Or ciò supposto, chi negar può che i Padri della nostra Congregazione non siano utili alle chiese dell'arcivescovo di Conza, il quale si serve di noi come vuole? Questi motivi, ve li voleva anche scrivere il P. Villani; ma poi saputo che n'aveva io avuto l'incombenza, non ha fatto la nota che doveva fare.

 

Conforme all'originale che si trova in parte nella nostra casa di Mons nel Belgio, e in parte nel nostro archivio generalizio di Roma.




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