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Pietro Metastasio Catone in Utica IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA QUINTA
Emilia e detti.
EMI. |
Che veggio, oh dèi! Questo è dunque l’asilo Ch’io sperai da Catone? Un luogo istesso La sventurata accoglie Vedova di Pompeo col suo nemico! Ove son le promesse? (a Catone) Ove la mia vendetta? Così sveni il tiranno? Così d’Emilia il difensor tu sei? Fin di pace si parla in faccia a lei? |
FUL. |
(In mezzo alle sventure È bella ancor). |
CAT. |
Tanto trasporto, Emilia, Perdono al tuo dolor. Quando l’oblio Delle private offese Util si rende al comun bene, è giusto. |
EMI. |
Qual utile, qual fede Sperar si può dall’oppressor di Roma? |
CES. |
A Cesare «oppressor»! Chi l’ombra errante Con la funebre pompa Placò del gran Pompeo? Forse ti tolsi Armi, navi e compagni? A te non resi E libertade e vita? |
EMI. |
Io non la chiesi; Ma, già che vivo ancor, saprò valermi Contro te del tuo don. Fin che non vegga La tua testa recisa, e terre e mari Scorrerò disperata; in ogni parte Lascerò le mie furie; e tanta guerra Contro ti desterò, che non rimanga Più nel mondo per te sicura sede. Sai che già tel promisi: io serbo fede. |
CAT. |
Modera il tuo furor. |
CES. |
Se tanto ancora Sei sdegnata con me, sei troppo ingiusta. |
EMI. |
Ingiusta! E tu non sei La cagion de’ miei mali? Il mio consorte Tua vittima non fu? Forse presente Non ero allor che dalla nave ei scese Sul picciolo del Nilo infido legno? Io con quest’occhi, io vidi Splender l’infame acciaro Che il sen gli aperse, e impetuoso il sangue Macchiar fuggendo al traditore il volto. Fra’ barbari omicidi Non mi gittai; ché questo ancor mi tolse L’onda frapposta e la pietade altrui; Né v’era (il credo appena), Di tanto già seguace mondo, un solo Che potesse a Pompeo chiuder le ciglia: Tanto invidian gli dèi chi lor somiglia! |
FUL. |
(Pietà mi desta). |
CES. |
Io non ho parte alcuna Di Tolomeo nell’empietade. Assai La vendetta ch’io presi è manifesta; E sa il Ciel, tu lo sai, S’io piansi allor su l’onorata testa. |
CAT. |
Ma chi sa se piangesti Per gioia o per dolor? La gioia ancora Ha le lagrime sue. |
CES. |
Pompeo felice! Invidio il tuo morir se fu bastante A farti meritar Catone amico. |
EMI. |
Di sì nobile invidia, No, capace non sei, tu che potesti Contro la patria tua rivolger l’armi. |
FUL. |
Signor, questo non parmi Tempo opportuno a favellar di pace. Chiede l’affar più solitaria parte E mente più serena. |
CAT. |
Al mio soggiorno Dunque in breve io vi attendo. E tu frattanto Pensa, Emilia, che tutto Lasciar l’affanno in libertà non déi, Giacché ti fe’ la sorte Figlia a Scipione ed a Pompeo consorte.
Si sgomenti alle sue pene Il pensier di donna imbelle, Che vil sangue ha nelle vene, Che non vanta un nobil cor. Se lo sdegno delle stelle Tollerar meglio non sai, Arrossir troppo farai E lo sposo e il genitor. (parte) |