Il pane di guerra - fatto con mani pure - è pane di
comunione - dove è la Patria
intera - transustanziata viva - come il corpo del Redentore - nell'offerta
eucaristica - Anno di vittoria MCMXVII.
È l'iscrizione dettata da G. d'Annunzio
per la medaglia ai panettieri che meglio preparano il pane di guerra. Per i
cattolici l'iscrizione è una bestemmia, una profanazione. Nelle chiese di
Torino sono stati già celebrati dei tridui di riparazione; l'opinione pubblica
cattolica ha protestato in tutte le forme; il d'Annunzio è stato perfino
chiamato Rapagnetta, massimo insulto per l'esteta che ama le parole armoniose.
Profanazione, sciocchezza. Profanazione per il cattolico, sciocchezza per il
razionalista. Il razionalista non rinnega il misticismo. Lo comprende, lo
spiega e, quindi, lo svuota del suo significato, del suo valore di propaganda.
Il razionalista non disprezza il misticismo. Nega che abbia un'efficacia
morale, un'efficacia costruttiva duratura e solida. Il misticismo è intuizione
appassionata di una realtà fantastica, è fenomeno individuale, che nei singoli
individui può determinare realizzazioni perfette di vita morale. Ma è
individuale, non può assurgere a massima, a programma d'azione. È intuizione,
non raziocinio. È incomunicabile nella sua vita profonda, e pertanto non può
essere, diventando programma di vita, che stucchevole opera di scimmia,
bigotteria volgare, sciocco e inconcludente verbalismo. D'Annunzio per i
cattolici ha profanato, per essi ha fatto cosa scempia. Ha schematizzato il
mistico atto della transustanziazione del Cristo nell'azzimo pane eucaristico,
e lo schema ha applicato ad altre realtà: la patria oggi, come ieri e domani la
donna, come sempre la parola. E la scempiaggine non è solo dannunziana: è dei cattolici,
è dei monarchici, è dei repubblicani, è di tutti quelli che della mistica hanno
fatto una massima d'azione e di propaganda [quindici righe censurate]. E
per qualcuno può ben essere così. I santi esistono ed esisteranno; i mistici
che bruciano in una fiamma di passione superumana tutte le scorie della loro
terrena esistenza e assurgono a puro spirito, esistono ed esisteranno. Ma essi
vivono questo misticismo e se ne consumano; non possono comunicarlo. Fare della
loro vita una massima è scempio. Massima d'azione può essere la volontà, la
ricerca, lo studio, la coerenza, la disciplina, non l'inconoscibile,
l'oscurità, il lampo rivelatore, l'intuizione che sgorga dalle profondità
dell'essere, senza seguire alcuna legge, senza presentare caratteri di uniformità.
Chi ha per massima di vita il misticismo è una scimmia, non un uomo, è un
retore, non un maestro, sia egli d'Annunzio, o il predicatore della chiesa
cattolica, o il giornalista del trust clericale. È un imbroglione, incosciente
qualche volta, quasi sempre cosciente del fine che vuol raggiungere.
Profanatore d'Annunzio? Scempi imbroglioni d'Annunzio e i suoi fustigatori che
si ricordano di Rapagnetta, ma ammirano quei famosi scocciatori che sono Paolo
Bourget o Antonio Fogazzaro.
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