Ugo Foscolo
Jacopo Ortis

LORENZO

IV - Ore 9

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IV - Ore 9

 

Perdonami, Teresa; io ho funestato la tua giovinezza, e la quiete della tua casa; ma fuggirò. Né io mi credeva dotato di tanta costanza. Posso lasciarti, e non morir di dolore; e non è poco; usiamo dunque di questo momento finché il cuore mi regge, e la ragione non mi abbandona affatto. Pur la mia mente è sepolta nel solo pensiero di amarti sempre e di piangerti. Ma sarà obbligo mio di non più scriverti, né di mai più rivederti se non se quando sarò certissimo di lasciarti quieta davvero. Oggi t'ho cercato invano per dirti addio. Abbiti almeno, o Teresa, queste ultime righe ch'io bagno, tu 'l vedi, d'amarissime lagrime. Mandami in qualunque tempo, in qualunque luogo il tuo ritratto. Se l'amicizia, se l'amore - o la compassione e la gratitudine ti parlano ancora per questo sconsolato, non negarmi il ristoro che addolcirà tutti i miei patimenti. Tuo padre stesso me lo concederà, spero - egli egli che potrà vederti, ed udirti, e sentirsi riconfortato da te; mentr'io nelle ore fantastiche del mio dolore e delle mie passioni, nojato da tutto il mondo, diffidente di tutti, camminando sopra la terra come di locanda in locanda, e drizzando volontariamente i miei passi verso la sepoltura - perché ho veramente necessità di riposo - io mi conforterò intanto baciando e notte l'immagine tua: e così tu m'infonderai da lontano costanza da sopportare questa mia vita, - e finché avrò forze, io la sopporterò per te, e te lo giuro. E tu prega - prega, o Teresa, dalle viscere del tuo cuore purissimo il Cielo - non che mi perdoni i dolori, che forse avrò meritati, e che forse sono inseparabili dalla tempra dell'anima mia - bensì che non mi levi le poche facoltà che ancora mi avanzano, da tollerarli. Con l'immagine tua farò men angosciose le mie notti, e meno tristi i miei giorni solitarj, que' giorni ch'io dovrò pur vivere senza di te. Morendo, io volgerò a te gli ultimi sguardi, io ti raccomanderò il mio sospiro; verserò sovra di te l'anima mia, ti porterò meco nella mia sepoltura attaccata al mio petto - e se è pure prescritto ch'io chiuda gli occhi in straniera, e dove nessun cuore mi piangerà, io ti richiamerò tacitamente al mio capezzale, e mi parrà di vederti in quell'aspetto, in quell'atto, con quella stessa pietà che io ti vedeva, quando una volta, assai prima che tu sapessi di amarmi, assai prima che tu t'accorgessi dell'amor mio - ed io era ancora innocente verso di te - mi assistevi nella mia malattia. - Di te non ho se non l'unica lettera che mi scrivesti quando io era in Padova: felice tempo! ma chi l'avrebbe mai detto? allora parevami che tu mi raccomandassi di ritornare: - ed ora? scrivo il decreto; ed eseguirò fra poche ore il decreto della nostra eterna separazione. Da quella tua lettera comincia la storia dell'amor nostro e non mi abbandonerà mai. O mia Teresa! e questi son pure delirj: ma sono insieme la sola consolazione di chi è insanabilmente infelice. Addio. Perdonami, mia Teresa - ohimè, io mi credeva più forte! - scrivo male e di un carattere appena leggibile; ma ho l'anima lacerata, e il pianto su gli occhi. Per carità non mi negare il tuo ritratto. Consegnalo a Lorenzo: e s'ei non me lo potrà far arrivare, lo custodirà come eredità santa che gli ricorderà sempre le tue virtù, e la tua bellezza, e l'unico eterno infelicissimo amore del suo misero amico. Addio - ma non è l'ultimo; mi rivedrai: e da quel giorno in poi sarò fatto tale da obbligare gli uomini ad avere pietà e rispetto alla nostra passione; e a te non sarà più delitto l'amarmi - pur se innanzi ch'io ti rivegga, il mio dolore mi scavasse la fossa, concedimi ch'io mi renda cara la morte con la certezza che tu m'hai amato. - Or sì ch'io sento in che dolore io ti lascio! Oh! potessi morire a' tuoi piedi: oh! morire ed essere sepolto nella terra che avrà le tue ossa - ma addio.

 

Michele dissemi che il suo podrone viaggiò per due poste silenziosissimo, e con aspetto assai calmo, e quasi sereno. Poi chiese il suo scrigno da viaggio; e tanto che si rimutavano i cavalli, scrisse il seguente biglietto al signore T***12.

 

Signore ed amico mio.

All'ortolano di casa mia ho raccomandato jer sera una lettera da ricapitarsi alla Signorina; - e bench'io l'abbia scritta quand'io già m'era saldamente deliberato a questo partito d'allontanarmi, temo a ogni modo d'avere versato sovra quel foglio tanta afflizione da contristare quella innocente. A lei dunque, signor mio, non rincresca di farsi mandare quella lettera dall'ortolano; e gli fo' dire che non la fidi se non a lei solo. La serbi così sigillata o la bruci. Ma perché alla sua figliuola riescirebbe amarissimo ch'io mi partissi senza lasciarle un addio, e tutto jeri non mi fu dato mai di vederla - ecco qui annesso un polizzino pur sigillato - ed ardisco sperare ch'ella, signor mio, la consegnerà a Teresa T*** innanzi che diventi moglie del marchese Odoardo. - Non so se ci rivedremo - ho ben decretato di morire, non foss'altro, vicino alla mia casa paterna; ma quand'anche questo mio proponimento fosse deluso - sono certo ch'ella, signore ed amico mio, non vorrà mai dimenticarsi di me.

 

Il signore T*** mi fe' capitare la lettera per Teresa (che ho riportato dianzi) a sigillo inviolato; - né tardò a dare a sua figlia il polizzino. L'ebbi sott'occhio; era di poche righe; e d'uomo che per allora pareva tornato in sé.

Tutti quasi i frammenti che seguono mi vennero per la posta in diversi fogli.

 

 





12 «Anche questo biglietto fu omesso nelle edizioni susseguenti alla prima dove unicamente si legge.»



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