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Nel frattempo tra i celesti le passioni
di parte e le rivalità tra le correnti erano degenerate al punto che tutto il
cielo era diviso in non meno di tre schieramenti. Da una parte Giunone, che
smaniava dalla voglia di costruire, metteva assieme con le buone o con le
cattive un esercito, il più ampio possibile, di sostenitori, e lo teneva in
riga con la parola d'ordine di difendere la salvezza degli uomini; dall'altra
parte si formava spontaneamente uno squadrone di dèi di basso ceto e di tutti
quelli che non se la passavano come avrebbero voluto: questi però coprivano lo
smodato desiderio di mutamenti che li infiammava con la maschera della buona
intenzione di far cosa gradita al principe degli dèi. Al centro dello
schieramento stavano quelli che ritenevano grave e pericoloso mettersi alla
testa di una massa indistinta e superficiale, ma non erano disposti a calar la
testa di fronte ad un dio qualunque di bassa estrazione: essi si erano proposti
di aspettare tranquillamente l'esito di quelle lotte, con l'intenzione di
scegliersi al momento opportuno e in tutta sicurezza il partito in cui entrare
di corsa, e muoversi in modo da spingere l'evolversi della situazione nel senso
da loro desiderato. Tutti quanti insieme stavano appresso a Giove a chiedergli
la medesima cosa, ma coi pretesti più svariati: c'era chi andava a
congratularsi quando le cose marciavano secondo le sue aspettative, chi cercava
d'intervenire in tempo se non andavano per il verso voluto, chi di afferrare al
volo eventuali buone occasioni. La sostanza, però, era sempre quella:
aspettavano che Giove si decidesse a comunicare le sue decisioni sul
rinnovamento universale.
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