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Ma riprendiamo il filo del racconto.
Giove, dunque, aveva reso noto il suo progetto di mettere in piedi un altro
mondo nell'interesse di uomini e dèi, e tutti gli dèi grandi e piccoli
approvavano col massimo consenso questa decisione. Infatti, come succede di
solito, ognuno guardava ai suoi interessi, interpretando la novità nel senso
del proprio vantaggio personale: e quei celesti che magari erano di condizione
più bassa o in genere estranei al palazzo si lasciavano prendere con facilità
dalla speranza che tutto quel rinnovamento gli avrebbe fornito il mezzo e
l'occasione di fare un bel salto di qualità; invece quelli che godevano di
dignità più elevata pensavano che Giove non avrebbe certo potuto fare a meno
della collaborazione delle massime autorità in un'operazione complessa come
quella: si erano quindi proposti di trarre il massimo vantaggio dalla
situazione per rafforzare la loro posizione. Di conseguenza, gli dèi minori
erano sempre addosso a Giove, cercando con tutti i mezzi di convincerlo a
mettere in esecuzione il progetto; ma anche i più autorevoli dèi appoggiavano
con sufficiente convinzione quella causa, tacendo e facendo qualche cenno
d'assenso: capivano benissimo quale strategia usare col principe, e la
praticavano con abilità. Così si comportavano in modo da coprire con la
dissimulazione le loro avide aspirazioni, ostentando indifferenza proprio per
le cose a cui tenevano di più con qualche osservazione poco impegnativa, in
modo che i loro consigli, quando erano richiesti, sembrassero rivolti al bene
del principe e della collettività più che al loro tornaconto personale. Del
resto, tra le più alte autorità divine c'erano anche dei personaggi accorti, i
quali, o perché collaboravano al lavoro di Giove con serietà e integrità
morale, o per il semplice fatto di ritenere cosa saggia in ogni occasione far
previsioni meno ottimistiche di quanto non consenta l'apparenza, consigliarono
Giove di pensarci su molte volte prima di accingersi a un'impresa di quella
portata, per evitar d'incontrare, strada facendo, qualche intoppo che mandasse
tutto all'aria, e di fare la massima attenzione, per non doversene poi pentire,
soprattutto agli imprevisti che potevano saltar fuori all'improvviso,
provocando risultati ben diversi dalle intenzioni; ma c'erano anche quelli che,
pensando a mantenere i propri privilegi, avevano l'esclusiva preoccupazione di
distogliere Giove dai suoi propositi di rinnovamento generale: per esempio
Giunone, diventata appaltatrice per la grande affluenza di voti, era disposta
ad accettare qualunque cosa, ma non certo lo sterminio dell'umanità, e alla sua
posizione aderivano calorosamente, oltre ad Ercole, che era deputato alla
salvezza degli uomini, Bacco, Venere, la dea Follia e numerosi altri dèi di
questo genere, che erano particolarmente onorati dalla massa dei mortali. Anche
Marte aveva deciso di mettere a disposizione di Giunone tutti i suoi mezzi per
la causa della salvezza umana, poiché aveva progettato con l'architetto Ruggine
la costruzione di un porticato di bronzo che avrebbe dovuto avere cento colonne
di ferro perfettamente limate e rifinite, e tegole d'acciaio per copertura:
dagli uomini, infatti, non solo riceveva ogni giorno materiale in abbondanza,
proprio del tipo che gli serviva, ma si procurava anche calli e sudore con cui
levigare il più possibile le colonne. Perciò questi dèi si davano un gran da
fare a dissuadere Giove e a fargli mille raccomandazioni perché non passasse
all'azione alla cieca.
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