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OTT. Impertinente! Costoro non pensano che a mangiare, che a divertirsi, e non si curano di servir il padrone.
COR. Arlecchino, signore, non mi par cattivo figliuolo. È vero ch’egli è un poco semplice, ma qualche cosa da tutti convien soffrire, ed è meglio un servitore un poco semplice, piuttosto che troppo accorto. Perché, dirò come si suol dire, il semplice falla per ignoranza, il furbo per malizia.
OTT. Guardate se colui è attento al servizio del suo padrone. S’alza, se ne va, e mi pianta senza darmi nemmeno la cioccolata.
COR. La farà; è ancora presto.
OTT. Questa è l’ora ch’io la prendo. La sera non ceno; se tardo a prenderla, mi si illanguidisce lo stomaco.
COR. Se comanda che la serva io, la servo subito.
OTT. Briccone! Non averà nemmeno acceso il fuoco. Non sarà a tempo la cioccolata nemmeno da qui ad un’ora.
COR. Via, signore, che serve? Se la vuole, la cioccolattiera è al fuoco; presto, presto si fa.
OTT. Via; giacché è pronta, la beverò qui.
COR. (Già me l’immaginava). (da sé) Compatirà, se non sarà da suo pari.
OTT. La sentirò volentieri, perché di cioccolata io me n’intendo assai.
COR. So che ella è dilettante; e che sia la verità, la va assaggiando per tutto.
OTT. E quando dico io che è buona, possono star sicuri che è tale.
COR. Sentirà la nostra. (Godo moltissimo a far la generosa colla roba del mio padrone). (da sé, parte)