Carlo Goldoni
De gustibus non est disputandum

ATTO SECONDO

SCENA SESTA   Erminia e detti

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SCENA SESTA

 

Erminia e detti.

 

ERM.

(Oh cieli! Uniti

Anche qui li ritrovo?) (da sé)

ART.

Celindo, quel ch'io provo

Nel mio tenero petto

È veramente affetto;

Non vi burlo, non fingo e non v'inganno.

(Anche alla nipotina un po' d'affanno). (da sé)

ERM.

(Misera me!) (da sé)

CEL.

Signora,

Se potessi la man...

ART.

La vostra mano

Ad Erminia è dovuta.

Eccola.

CEL.

(Oh cieli! Io non l'avea veduta). (da sé)

ERM.

No, non vi confondete.

Se voi pentito siete

Della fede giurata all'amor mio,

Sono del vostro amor pentita anch'io.

CEL.

Erminia, questo cor...

ERM.

Più non lo curo.

CEL.

Artimisia potrà...

ERM.

Di lei non cerco.

CEL.

Ah, pria ch'io mi disperi...

Voi parlate per me. (ad Artimisia)

ART.

Sì, volentieri.

 

Nipotina, mi dispiace, (ad Erminia)

Ma non posso il ver celar.

Dice lui che gli dispiace

Questa flemma di parlar.

Dice lei che siete bello, (a Celindo)

Ma che siete sgarbatello,

Senza grazia nel parlar.

(Voglio farli disperar). (da sé)

Non c'è caso, non vi vuole, (ad Erminia)

Non la posso accomodar.

Ho gettate le parole, (a Celindo)

Non vi vuol più sopportar.

(Poverini, in verità,

A vederli fan pietà.

Me la godo,

Me la rido,

Prendo spasso,

Faccio il chiasso,

Voglio farli disperar). (da sé, e parte)

 

 

 


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