Anton Giulio Barrili
La legge Oppia
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ATTO SECONDO

SCENA V. Fulvia e Licinia, sole.

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SCENA V.

Fulvia e Licinia, sole.

 

Fulvia

Finalmente, sono andati. Ah! non ne potevo già più.

Licinia

Hai udito tuo fratello, che tantafera?

Fulvia

Ho udito Valerio che gli teneva bordone, io! Tutto a modo suo, che pare il suo eco!

Licinia

Confessa, per altro, che sei stata troppo in contegno con lui. Poverino! Egli soffriva, come se fosse alla tortura.[67]

Fulvia

Ti pare? Ne godo; soffra un pochino anche lui. Oh, io non amo gli uomini così umili ed obbedienti...

Licinia

Cogli altri uomini?

Fulvia

Ci s'intende. Ed egli imparerà a volersi mettere sulle pedate di mio fratello, a chinar la testa, come se parlasse un oracolo, a dirgli così sia, in tutto e per tutto. Dimmi, cognata; come ti è parso che se ne andasse?

Licinia

Colle mani ne' capegli. Non vorrei che se li strappasse, povero giovinotto!

Fulvia

Oh, imparerà, imparerà a disprezzare le donne! Lascia che strappi!

Licinia

Purchè non pigli i tuoi rigori sul sodo e non si allontani per sempre!

Fulvia

Mi spaventi, cognata! Credi che davvero non tornerà? Oh, se non tornasse, se non tornasse subito, sento che l'odierei.[68]

Licinia

Ih, che furia! Non avrai da odiare; il tuo scongiuro fa effetto. Hanno aperto l'uscio di casa. Mi par lui, nell'androne.

Fulvia

Sì, è lui. Che cosa viene a fare? Io me ne vado.

Licinia

Eh via, fanciullona! Andrò io e farete la pace. Questo qua non è così intrattabile come il Console.

(esce dalla fauce)

Fulvia

Te ne vai? Ah, eccolo sotto l'atrio!

(siede in fretta e piglia un pezzo di stoffa, per mettersi a cucire)


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