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Giuseppe Gioachino Belli
Duecento sonetti in dialetto romanesco

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LXXI.

Chi ssattacca a la Madonna

nun ha ppavura de le corna.1

 (21 gennaio 1835)

Ar punto de morì, cquanno se2 caccia
L’anima, fijji mii, credete a Nnonna,
Chi ha la divozzion de la Madonna
rrugà3 ccor demonio a ffaccia a ffaccia.

 

Abbi puro4 tenuta una vitaccia,
Un zervo de Maria nun ze sprofonna:5
Chè in quer momento llì, povera donna,
Lei pe’ li fijji sui propio se sbraccia.

 

Io nun protenno6 ggià, crature7 mie,
Che in onor de Maria nostrAvocata
Ce sii nescessità dde fa’ ppazzie.

 

No, abbasta oggni matina a la svejjata
De rescità ppellei tre vvemmarie,
E onoràlla cocquarche scappellata.8

 

 

 

 




1 Proverbio. —

2 Si. —

3 Può disputare. —

4 Abbia pure. —

5 Non si sprofonda. —

6 Non pretendo. —

7 Creature, figli. —

8 Questo sonetto e il proverbio che gli serve di titolo, ci danno ragione del come vi possano essere briganti antropofagi, devotissimi tuttavia della Madonna; e l’uno e l’altro meritano di venir considerati attentamente da coloro che in buona fede sostengono essere il cattolicesimo e la sua idolatria un freno gagliardo alle irrompenti passioni delle plebi.




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