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6. Due Cardinali: Dusmet e Guarino
Il giornale catanese La campana del 26 giugno 1897 scriveva con una certa enfasi, ma
secondo verità: « mons. Dusmet e mons. Guarino
formano uno, non due individui separati! » 45
E
aveva ragione perché li univa non solo una profonda e santa amicizia, ma anche
una ricca affinità spirituale.
Si
erano conosciuti in Caltanissetta quando il Dusmet era in S. Flavia, prima come
monaco e poi come priore.
Nel
1889 nel discorso per la elevazione alla porpora del Card. Dusmet, pronunziato
a Catania nell'accademia del 21 marzo, così il Guarino ricordava quei tempi: «
Sono ormai otto lustri, per rendere omaggio ad un santo prelato e temprar lo
spirito alle virtù che perfino trasparivano dal suo angelico aspetto, (si
tratta di mons. Stromillo vescovo di Caltanissetta) seco lui passeggiavano
sugli ameni colli nisseni un illustre monaco benedettino ed un giovane
chierico. In quel che ambedue benvansi della celeste favella di quel mansueto,
pussimo pastore, da cui traevano ammaestramento e diletto, il chierico rimanea preso
da un aer dolce e soave che pareagli emanar dal cuore tenerissimo del
benedettino e non potè restarsi dal legargli il suo cuore.
L'impressione
gli rimase scolpita profondamente nell'animo, nè la successiva lontananza dei
luoghi e la voracità del tempo valsero punto a cancellarla giammai. O disegni
inscrutabili e arcani della Provvidenza ! Chi lo avrebbe allor pensato? Quel
chierico ero io e il seguace di S. Benedetto eravate voi, Em.mo
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Principe della Chiesa, che del vostro più tenero e paterno affetto mi
avete in ogni tempo altamente onorato! 46
I
due rimasero amici e come tali si considerarono sempre . Il Dusmet, divenuto
arcivescovo di Catania, più volte volle che mons. Guarino, per rinnovare il
loro spirito ecclesiastico, predicasse gli esercizi spirituali ai suoi
sacerdoti, come per esempio negli anni 1875 e 1881. Nel 1874 insieme
rappresentarono l'episcopato siciliano per il centenario di S. Ambrogio in
Milano.
Il Buon Seme di Catania in una corrispondenza da Milano,
scriveva che l'arrivo dei due arcivescovi di Siracusa e di Catania « quanto più
inaspettato, tanto più è riuscito gradevole.
È stata proprio un'ovazione resa loro. . . Ogni qual volta si sono
recati al duomo han dovuto farsi strada con molto stento fra una massa gareggiante
nel far loro le più vive testimonianze e ieri sera furono accompagnati alla
loro dimora con replicati applausi ». 47
Tutti
e due furono vicendevolmente felici quando prima il Dusmet (1888) e poi il
Guarino (1893) furono elevati alla S.
Porpora e si scambiarono visite affettuosissime. 48
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Passando
per Messina molto spesso il Dusmet si recava a visitare il suo amico e, quando
poteva, restava suo ospite.
Quando
tornò a Catania dopo l'imposizione del galero cardinalizio pernottò in Messina
donde l'indomani, accompagnato da mons. Guarino sino alla stazione ferroviaria
e al treno, ripartì per la sua città.
Mons.
Guarino lo raggiunse pochi giorni dopo per partecipare all'accademia tenuta nel
seminario arcivescovile in cui, come detto, pronunziò il discorso di
prolusione, esaltando la figura del nuovo porporato.
In esso il Guarino presenta il nuovo
cardinale come un dono di S. Agata a Catania per conservarle la fede e
potenziarla nel bene. Dopo aver tracciato - come nel discorso per il sac.
Ferrigno - la lunga battaglia tra la luce e le tenebre, tra il bene e il male,
rivolgendosi a Catania così afferma: « S. Agata, o Catania, esaudì la tua
preghiera. Ella dalle file sapienti di S. Benedetto trasse un uomo per donarlo
a te, un uomo che a te si presenta con un'aria di umilità, di candore, di
affabilità senza pari, con una dolcezza che non permette di vederlo senza
amarlo, con una ingenuità semplice da colomba e con tale modestia e pudore, da
farlo credere più angelo che uomo, ed egli con l'attrattiva e l'attività del
suo zelo dolcissimo che fa acconciarlo alle varie indole dei suoi figli, per
essere tutto a tutti col nettare soave della sua parola, coll'umile e amorosa
sua pazienza giunge senza stento ad imprigionare i cuori e a trasportarli a
Dio.
Pieno il petto di fermezza irremovibile e
dello spirito di - 151 -
sacrificio, che son la divisa del buon pastore,
tranquillo come nei dì sereni sulle braccia della Provvidenza, vince le volontà
più tenaci coll'incantevole soavità della sua indole e con l'attrattiva celeste
che pose Dio sulle sue labbra e sulla sua fronte maestosa e serena.
L'incanto
non affatto umano ch'ei traspira, la dolce ed affettuosa sua pietà, la sagace
prudenza e la carità del cuore in lui ammirate dal grande Leone XIII, son la
diga più forte che arresta alle porte della leggiadra e bella Catania la
ruinosa fiumana ». 49
La
Campana di Catania, dando relazione
dell'accademia e del discorso -
quell'esordio, osserva, e quella conclusione non saranno giammai dimenticati
- così conclude la sua cronaca: « Sua
Eminenza era vivamente commossa, le lacrime bagnavano visibilmente le sue gote;
o meglio, erano commossi entrambi: l'encomiatore e l'encomiato.
Clamorosi
applausi interruppero più volte l'illustre oratore ed ovazioni sentitissime
scoppiarono da ogni parte alla chiusura del magnifico e magistrale discorso ».
50
In occasione del giubileo episcopale del
card. Dusmet, plaudendo alla sua volontà che non voleva feste, così scrisse: «
La proibizione di feste clamorose nelle quali nulla profittano i poveri e poco
e forse nulla vi ha per Dio, fu una prova novella della carità e della
religione di cui era soprappieno il cuore dell'illustre prelato. Egli era
sempre vissuto per Dio e per i poverelli, i quali amava a preferenza di
tenerissimo amore, nei giorni così tristi per loro e insieme così lieti, non
poteva pensare - 152 -
a se stesso col permettere uno sfogo innocente
all'entusiasmo affettuoso del suo popolo; ma con sommo plauso volse ai suoi
poveri e alle azioni di grazie all'Altissimo e al suo grande protettore S.
Giuseppe il suo nobile pensiero informato sempre alla pietà e alla beneficenza
». 51
Durante
l'ultima malattia del Dusmet il Card. Guarino fu costretto a non accorrere al
suo letto e se ne agitò tanto che ne parlarono anche i giornali, ma bisognava
rispettare la consegna espressa dal morente e di coloro che gli stavano attorno
che volevano evitare ogni cosa straordinaria per non offendere l'umiltà del
Dusmet.
Scrivendo al Card.
Celesia, il Guarino ggiungeva
questi particolari: « Sono lieto di poterle annunziare che secondo il
bollettino del p. Don Luigi (della Marra) ricevuto questa sera, il nostro
amatissimo sig. Card. Dusmet è già convalescente, essendo cessata la noiosa
malattia principale e si bada soltanto a rinvigorirne le forze. Ho ricevuto
notizie ogni giorno. I giornali furono esagerati, ma il male fu seriuccio. Non
ne avvertii V. E. perché ebbi proibizione assoluta di scrivere in Palermo e in
Roma. Il triste annunzio a me fu dato da un cappuccino. Voleva far subito una
rapida corsa per visitare il venerando infermo il quale mi mandò subito severa
proibizione per differirla alla sua guarigione.
Bisognai
ubbidire perché il tempo era cattivo ed io era convalescente di una lieve ma
noiosa influenza. Si è convenuto che andrò a visitarlo dopo Pasqua. E poiché so
da p. Speciale che anche V. E. pensa di fare in Catania una corsa, se vorrà
avere l'alta bontà di farmi avvertire prenderò due polli ad una fava. Sarebbe
per me un'immensa consolazione baciare le mani a due Padri amatissimi e
venerandi ». 52
Ma
il 4 aprile il card. Dusmet moriva santamente 53 e due giorni dopo il
Guarino così ne scriveva al Celesia: « Anziché - 153 -
darne, ho io grande
bisogno, al pari di V. E. di conforto nella grande sventura che ci ha colpito.
Le assicuro che soltanto alla morte di mio padre e di mia madre provai simile
dolore. Non posso intanto esentarmi dal dovere di fare con V. E. le mie intime
condoglianze e di pregarle dal cielo pace nella rassegnazione.
Non potei personalmente recarmi in
Catania impedito dalla recidiva di un catarro noioso e lungo del quale però
sono in via di guarigione. Ma andarono in mia rappresentanza ad assistere ai
funerali il mio vescovo ausiliare e tre canonici i quali avevano pure il
compito di rappresentare il capitolo ed il seminario e domattina saranno
celebrati in duomo solenni funerali con intervento di tutti i parroci della
città, di tutte le varie ass~ ciazioni cattoliche, dell'intero seminario, oltre
a sante messe lette per l'anima santa dell'em.mo Dusmet. Accolga V. E. con la
sua consueta bontà i sentimenti dell'animo mio e gli omaggi che rendo
all'insigne benedettino e nostro confratello che era decoro e gemma del S.
Collegio ». 54
Nel 1883 Catania visse periodi
particolarmente difficili per uno straordinario susseguirsi di sciagure:
eruzioni dell'Etna, cicloni, colera, terremoti, miseria e carestia.
Mons. Guarino fu sempre sensibilissimo
alle sofferenze della diocesi e del suo vescovo e alle sue molteplici
iniziative di carità contribuì sempre con larghezza, pur avendo molti bisogni
nella sua diocesi.
Una volta che mons. Dusmet, consapevole
delle necessità di Messina e dei sacrifici compiuti dal suo arcivescovo per
aiutare Catania, cercava di rimandare indietro la somma, allora cospicua, di
L.900 si ebbe questa lettera: « Monsignore mio, non mi amareggi, per l'amor di
Dio! Io tutte le ore vedo con la mia immaginazione il mio amatissimo mons.
Dusmet sensibilissimo, affettuosissimo, circondato di piangenti ed egli a
distribuire a tutti la carità. Non mi neghi la consolazione di contribuire pure
io, come mi è possibile. Si persuada che non sarà - 154 -
mai possibile
condiscendere al suo desiderio; lo metta in testa e non se ne dimentichi . .
Rinnovo la mia preghiera che non faccia pubblicare affatto il mio nome; forse
sarà stato pubblicato per L.100; ebbene poi si pubblicherà: un devoto
innominato L.900 ». 55
Il
nipote Pietro Guarino, più volte, testimonia dell'amicizia che legava i due
uomini di Chiesa: « Ebbe un'amicizia profonda e dolcissima per un uomo che gli
somigliava come se fosse fratello suo nel pensiero e nell'opera: quel card.
Dusmet, arcivescovo di Catania, soldato anche lui che combattè tutte le
battaglie del bene e si immortalò nelle opere caritative ».56
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