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S. Alfonso Maria de Liguori
L'amore delle anime

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CAPITOLO VII. - Dell'amore di Gesù in soffrire tanti disprezzi nella sua Passione.

1. Dice il Bellarmino che maggior pena recano agli spiriti nobili i disprezzi che i dolori del corpo: Nobiles animi pluris faciunt ignominiam, quam dolores corporis.1 Poiché se questi affliggono la carne, quelli affliggono l'anima, la quale quant'è più nobile del corpo, tanto più sente la pena. Ma chi mai avrebbe potuto immaginarsi che 'l personaggio più nobile del cielo e della terra, il Figliuolo di Dio, venendo nel mondo a farsi uomo per amore degli uomini avesse avuto ad esser trattato da essi con tanti vituperi ed ingiurie, come se fosse stato l'ultimo ed il più vile di tutti gli uomini? Vidimus eum... despectum, et novissimum virorum (Is. LIII, 2, 3). Asserisce S. Anselmo che Gesù Cristo volle soffrire tali e tanti disonori che non poté essere più umiliato di quel che fu nella sua Passione: Ipse tantum se humiliavit, ut ultra non posset.2

O Signore del mondo, voi siete il più grande di tutti i Re, ma avete voluto esser disprezzato più di tutti gli uomini per insegnare a me l'amore a' disprezzi. Giacché dunque avete voi sacrificato il vostro onore per amor mio, io voglio soffrire per amor vostro ogni affronto che mi sarà fatto.

2. E qual sorta di affronti non soffrì il Redentore nella sua Passione? Egli si vide affrontato dagli stessi suoi discepoli. Uno di essi lo tradisce e lo vende per trenta danari. Un altro lo rinnega più volte protestando pubblicamente che non lo


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conosce ed attestando con ciò di vergognarsi d'averlo conosciuto per lo passato. Gli altri discepoli poi al vederlo preso e ligato tutti fuggono e l'abbandonano: Tunc discipuli eius relinquentes eum, omnes fugerunt (Marc. XIV, 50).

O abbandonato mio Gesù, e chi mai prenderà le vostre difese, se al principio della vostra cattura i vostri più cari si partono e v'abbandonano? Ma oh Dio che questo disonore non finì colla vostra Passione. Quante anime dopo essersi dedicate alla vostra sequela e dopo essere state da voi favorite con molte grazie e segni speciali d'amore, spinte poi da qualche passione di vile interesse o di rispetto umano o di sozzo piacere, ingrate vi lasciano? Chi si ritrova nel numero di questi ingrati, pianga e dica:3 Ah mio caro Gesù, perdonatemi, ch'io non voglio più lasciarvi; prima voglio perder la vita e mille vite che perdere la vostra grazia, o mio Dio, mio amore, mio tutto.

3. Ecco come Giuda giungendo nell'orto insieme co' soldati si fa avanti, abbraccia il suo Maestro e lo bacia. Gesù permette che lo baci; ma conoscendo già il suo animo iniquo, non può trattenersi di non lagnarsi con esso di quel troppo ingiusto tradimento, con dirgli: Iuda, osculo Filium hominis tradis? (Luc. XXII, 48). Indi si affollano d'intorno a Gesù quegl'insolenti ministri, gli pongono le mani sopra e lo ligano come un ribaldo: Ministri Iudaeorum comprehenderunt Iesum, et ligaverunt eum (Io. XVIII, 12).

Oimè, che vedo! Un Dio ligato! Da chi? Dagli uomini! da vermi da lui stesso creati! Angeli del Paradiso, che ne dite? E voi mio Gesù, come vi fate ligare? Che han che fare, dice S. Bernardo, i legami de' schiavi e de' rei con voi che siete il santo de' santi, il Re de' regi e 'l Signor de' signori? O rex regum, dominus dominantium, quid tibi et vinculis? (De cur. vit. c. 4).4


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Ma se gli uomini vi ligano, voi perché non vi sciogliete e vi liberate da' tormenti e dalla morte che questi v'apparecchiano? Ma già intendo: non sono già, o mio Signore, queste funi che vi stringono; è solo l'amore che vi tiene ligato e vi costringe a patire e morire per noi. O caritas, esclama S. Lorenzo Giustiniani, quam magnum est vinculum tuum, quo Deus ligari potuit (De lign. vit. c. 6).5 O amore divino, tu solo hai potuto ligare un Dio, e condurlo a morire per amore degli uomini!

4. Intuere, homo, dice S. Bonaventura, canes illos trahentes, et agnum quasi ad victimam mansuetum sine resistentia sequi. Unus apprehendit, alius ligat, alius impellit, alius percutit (Med. c. LXXVI).6 Portano già ligato il nostro dolce Salvatore prima alla casa d'Anna, poi a quella di Caifas, dove Gesù, interrogato de' suoi discepoli e della sua dottrina da quel maligno, rispose ch'egli non avea parlato in segreto ma in pubblico, e che quegli stessi che gli stavano d'intorno ben sapeano ciò che avea insegnato. Ego palam locutus sum...; ecce hi sciunt quae dixerim ego (Io. XVIII, 20, 21). Ma a tal risposta uno di quei ministri, trattandolo da temerario, gli diede una forte guanciata: Unus assistens ministrorum dedit alapam Iesu, dicens: Sic respondes pontifici? (Ibid., 22). Qui esclama S. Grisostomo: Angeli, quomodo siletis? An quod attonitos vos tenet tanta patientia? (Hom. LXXXI, in Io.).7 - Ah Gesù mio, come una rispostagiusta e sì modesta meritava un affrontogrande alla presenza di tanta gente?


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L'indegno pontefice in vece di riprendere l'insolenza di quell'audace, lo loda o almeno co' segni l'approva. E voi, Signor mio, tutto soffrite per pagare gli affronti ch'io misero ho fatti alla divina maestà co' miei peccati. Gesù mio, ve ne ringrazio. Eterno Padre, perdonatemi per li meriti di Gesù.

5. Indi l'iniquo pontefice l'interrogò, se veramente egli era il Figliuolo di Dio: Adiuro te per Deum vivum, ut dicas nobis, si tu es Christus Filius Dei (Matth. XXVI, 63). Gesù per rispetto del nome di Dio affermò esser ciò vero; ed allora Caifas si lacerò le vesti dicendo ch'egli avea bestemmiato; e tutti allora gridarono che meritava la morte: At illi respondentes dixerunt: Reus est mortis (Matth. XXVI, 66). Sì, con ragione, o mio Gesù, costoro vi dichiarano reo di morte, mentre voi avete voluto addossarvi il soddisfare per me che meritava la morte eterna. Ma se colla vostra morte voi mi acquistaste la vita, è giusto che la mia vita io la spenda tutta ed anche, se bisogna, la perda per voi. Sì, mio Gesù, non voglio vivere più a me, ma solo a voi ed al vostro amore. Soccorretemi voi colla vostra grazia.

6. Tunc exspuerunt in faciem eius, et colaphis eum ceciderunt (Matth. XXVI, 67). Dopo averlo pubblicato reo di morte, come uomo già addetto al supplicio e dichiarato infame, si pose quella canaglia a maltrattarlo per tutta la notte con percosse, co' schiaffi, co' calci, con pelargli la barba ed anche con isputargli in faccia, burlandolo da falso profeta e dicendogli: Prophetiza nobis, Christe, quis est qui te percussit? (Ibid., 68). Tutto predisse il nostro Redentore per Isaia: Corpus meum dedi percutientibus, et genas meas vellentibus: faciem meam non averti ab increpantibus, et conspuentibus (Is. L, 6). -Riferisce il divoto Taulero, esser sentenza di S. Girolamo, che tutte le pene ed ingiurie che soffrì Gesù in quella notte solamente nel giorno del giudizio finale si faranno note.8 S. Agostino, parlando


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delle ignominie patite da Gesù Cristo, dice: Haec medicina si superbiam non curat, quid eam curet, nescio (Dom. II, quadrag. serm. 1).9 Ah Gesù mio, come voi così umile, ed io così superbo? Signore, datemi luce, fatemi conoscere chi siete voi e chi son io.

Tunc exspuerunt in faciem eius. -Exspuerunt! Oh Dio, e qual maggiore affronto che l'essere ingiuriato cogli sputi? Ad extremam iniuriam pertinet sputamenta accipere, dice Origene.10 Dove suole sputarsi, se non nel luogo più sordido? E voi, Gesù mio, soffrite di farvi sputare in faccia? Ecco come questi iniqui vi maltrattano co' schiaffi e co' calci, vi ingiuriano, vi sputano in faccia, ne fanno di voi quel che vogliono: e voi non li minacciate, non li rimproverate? Cum malediceretur, non maledicebat; cum pateretur, non comminabatur; tradebat autem iudicanti se iniuste (I Petr. II, 23). No, ma come un agnello innocente, umile e mansueto, tutto soffrite senza neppur lamentarvi, tutto offerendo al Padre, per ottenere a noi il perdono de' peccati nostri: Quasi agnus coram tondente se obmutescet, et non aperiet os suum (Is. LIII, 7). - Meditando un giorno S. Geltrude le ingiurie fatte a Gesù nella sua Passione, prese a lodarlo e benedirlo; e 'l Signore talmente di ciò si compiacque, che amorosamente ne la ringraziò.11


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Ah mio vituperato Signore, voi siete il Re del cielo, il Figliuolo dell'Altissimo; non meritate già d'essere maltrattato e vilipeso, ma d'essere adorato ed amato da tutte le creature. Io v'adoro, vi benedico, e ve ne ringrazio. V'amo con tutto il mio cuore. Mi pento d'avervi offeso. Aiutatemi voi, abbiate pietà di me.

7. Fatto giorno, i Giudei conducono Gesù a Pilato, per farlo condannare a morte, ma Pilato lo dichiara innocente: Nihil invenio causae in hoc homine (Luc. XXIII, 4). E per liberarsi dagl'insulti de' Giudei che seguivano a chieder la morte del Salvatore, lo mandò ad Erode. Molto gradì Erode di vedersi condotto avanti Gesù Cristo, sperando che alla sua presenza, per liberarsi dalla morte, esso avrebbe fatto alcun prodigio di quei tanti che ne aveva inteso narrare; onde l'interrogò con più dimande. Ma Gesù, perché non volea esser liberato dalla morte, e perché quel malvagio non era degno di sue risposte, tacque e non gli rispose. Allora il re superbo gli fe' molti dispregi colla sua corte, e facendolo coprire d'una veste bianca, dichiarandolo così qual uomo ignorante e stolido, lo rimandò a Pilato. Sprevit autem illum Herodes cum exercitu suo, et illusit indutum veste alba, et remisit ad Pilatum (Luc. XXIII, 11). Commenta Ugon Cardinale: Illudens ei quasi fatuo, induit veste


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alba.12 E S. Bonaventura: Sprevit illum tamquam impotentem, quia signum non fecit; tamquam ignorantem, quia verbum non respondit; tamquam stolidum, quia se non defendit.13

O Sapienza eterna, o Verbo divino, quest'altra ignominia vi mancava, d'esser trattato da pazzo privo di senno! Tanto dunque vi premé la nostra salute, che voleste per amor nostro esser non solo vituperato, ma saziato di vituperi, come di voi già profetizzò Geremia: Dabit percutienti se maxillam, saturabitur opprobriis (Thren. III, 30). E come poteste avere tanto amore per gli uomini da' quali non riceveste che ingratitudini e disprezzi? Oimè che di costoro uno son io che peggio di Erode vi ho oltraggiato. Deh Gesù mio, non mi castigate come Erode con privarmi delle vostre voci. Erode non vi riconosceva per quello che siete,14 io vi confesso per mio Dio; Erode non v'amava, io vi amo più di me stesso. Deh non mi negate le voci; delle vostre ispirazioni, come io meriterei, per le offese che vi ho fatte. Dite quel che volete da me, ch'io colla vostra grazia tutto lo voglio fare.

8. Ricondotto che fu Gesù a Pilato, il preside lo propose al popolo per intendere chi volessero liberato in quella Pasqua, Gesù o Barabba omicida. Ma il popolo gridò: Non hunc sed Barabbam (Io. XVIII, 40). Allora disse Pilato: Quid igitur faciam de Iesu? (Matth. XXVII, 22). Risposero: Crucifigatur. Ma che male ha fatto questo innocente? Pilato ripigliò: Quid... mali fecit? E quelli replicarono: Crucifigatur (Matth. XXVII, 23). Ma oh Dio, che anche al presente la maggior parte degli uomini seguitano a dire: Non hunc sed Barabbam, preferendo a Gesù Cristo un piacere di senso, un punto d'onore, uno sfogo di sdegno.

Ah mio Signore, ben sapete voi che un tempo vi ho fatt'io la stessa ingiuria, quando vi ho posposto a' miei gusti maledetti! Gesù mio, perdonatemi, ch'io mi pento del passato,


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e da oggi avanti voglio preferirvi ad ogni cosa. Io vi stimo, io v'amo più d'ogni bene; e voglio prima mille volte morire, che lasciarvi. Datemi la santa perseveranza, datemi il vostro amore.

9. Appresso si parlerà degli altri obbrobri che ricevé Gesù Cristo sino a morire finalmente in una croce: Sustinuit crucem, confusione contempta (Hebr. XII, 2). Ma intanto consideriamo che del nostro Redentore ben s'avverò ciò che ne predisse il Salmista, che egli nella sua Passione dovea divenire l'obbrobrio degli uomini e 'l rifiuto della plebe: Ego autem sum vermis, et non homo; opprobrium hominum et abiectio plebis (Ps. XXI, 7). Sino a morire svergognato, giustiziato per mano di carnefice in un patibolo, come un malfattore in mezzo a due malfattori: Et cum sceleratis reputatus est (Is. LIII, 12).

O Signore il più alto, esclama S. Bernardo, diventato il più basso tra gli uomini! O eccelso diventato vile! O gloria degli angeli diventato l'obbrobrio degli uomini: O novissimum et altissimum! O humilem et sublimem! O opprobrium hominum et gloriam angelorum!15

10. O grazia! o forza dell'amore di un Dio! siegue a dire S. Bernardo. Così dunque il sommo Signore di tutti è divenuto il più vilipeso di tutti! O gratiam! O amoris vim! Itane summus omnium imus factus est omnium?16 E chi mai, soggiunge il santo, ha ciò operato? Quis hoc fecit? Amor.17 Tutto


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l'ha fatto l'amore che Dio porta agli uomini, per dimostrare quanto egli ci ama, e per insegnarci col suo esempio a soffrire con pace i disprezzi e le ingiurie. Christus passus est pro nobis, scrisse S. Pietro, vobis relinquens exemplum, ut sequamini vestigia eius (I Petr. II, 21). - S. Eleazaro richiesto dalla sua sposa, come facesse a sopportare con tanta pace le tante ingiurie che gli erano fatte, rispose: “Io mi rivolgo a mirare Gesù disprezzato, e dico che i miei affronti son niente a rispetto di quelli ch'egli, essendo mio Dio, ha voluto tollerare per me.”18

Ah Gesù mio, ed io come a vista d'un Dio così disonorato per amor mio non so soffrire un minimo disprezzo per vostro amore? Peccatore e superbo! E d'onde, mio Signore, può venirmi questa superbia? Deh per li meriti de' vostri disprezzi sofferti, datemi la grazia di soffrire con pazienza e con allegrezza gli affronti e le ingiurie. Propongo da ogg'innanzi col vostro aiuto di non più risentirmi, e di ricevere con gioia tutti gli obbrobri che mi saran fatti. Altri disprezzi meriterei io che ho disprezzata la vostra maestà divina, e m'ho meritati i disprezzi dell'inferno. E troppo voi, amato mio Redentore, dolci ed amabili mi avete renduti gli affronti, con avere abbracciati tanti dispregi per mio amore. Propongo di più per darvi gusto di beneficar quanto posso chi mi disprezza; almeno di dirne bene e pregare per esso. E da ora vi prego a colmare di grazie tutti coloro da' quali io ho ricevuta qualche ingiuria. V'amo, bontà infinita e voglio sempre amarvi quanto posso. Amen.

 




1 “Octava poena nascebatur ex verbis contumeliosis et blasphemis quae in ipsum Pharisaei et Scribae et Sacerdotes iaciebant: haec enim poena hominibus ingenuis gravior esse solet quam poenae corporales, cum istae carnem, illae animum torqueant.” S. ROBERTUS BELLARMINUS, Cardinalis, De gemitu columbae, lib. 2, cap. 3.



2 “Ipse se tantum humiliavit, ut ultra non posset, propter quod et Deus tantum exaltavit illum, ut ultra non posset.” Ven. HERVEUS, Burgidolensis monachus, In Epistolam ad Philippenses, cap. 2, v. 9. ML 181-1293. - Questi Commentari sulle Epistole di S. Paolo, quando vennero ritrovati e stampati, furono, dai primi editori, attribuiti a S. Anselmo.

3 Nelle ediz. del 1751 (Pellecchia, Paci), del 1754 (Gessari), e in quella Romana (De' Rossi, 1755) invece di “Chi si ritrova, ecc.”, si legge: “Misero me, che tra questi ingrati anche stato son io.”



4 Vitis mystica, seu Tractatus de Passione Domini, cap. 4, n. 12. Inter Opera S. Bernardi, ML 184-644. - “O Rex regum et Domine dominantium, quid tibi et vinculis?” S. BONAVENTURA, Vitis mystica.... Opera, VIII, ad Claras Aquas, 1898, pag. 165. - S. Alfonso, nella nota: “De cur. vit. c. 4 ” cioé De cura vitis. Ora questo cap. 4 viene intitolato “De vinculis nostrae Vitis ( Opera S. Bern.) ” oppure “De ligatura vitis (S. Bonav.). ” Ma è l' ultimo dei capitoli che hanno per argomento, come si dice a principio del cap. 5, “quae viti ad culturam exterius ahibentur”. - Vedi Appendice, 2, 9°.



5 “Caritas ligat Deum et hominem, quia vinculum est. O caritas, quam magnum est vinculum tuum, quo Deus ligari potuit!” S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, Lignum vitae, tractatus IV (vel VI), De caritate, cap. 6.



6 “Magis ac magis eorum (discipulorum) augebatur dolor, cum videbant et Dominum suum sic viliter trahi, et canes istos trahentes eum ad victimam, et illum quasi agnum mansuetissimum sine resistentia ipsos sequi.” Meditationes vitae Christi, cap. 75. Inter Opera S. Bonaventurae, VI, pag. 386, col. 1, Lugduni (post editiones Vaticanam et Germanicam), 1668. - “Alius ipsum dulcem et mitem et pium Iesum apprehendit, alius ligat, alius insurgit et alius exclamat, alius impellit, alius blasphemat, ... alius, dum ducitur, percutit.” Ibid., cap. 74, pag. 384, col. 2. - Vedi Appendice, 2, 7°.



7Unus autem ex adstantibus ministris dedit ei alapam, haec dicenti. Exhorresce, caelum, contremisce, terra, de Domini patientia et de servorum scelere.” S. Io. CHRYSOSTOMUS, In Ioannem, hom. 83 (al. 82), n. 3. MG 59-451. - Mansi, Bibliotheca moralis praedicabilis, tract. 61, discursus 2, n. 1 (dall' omilia, come dice, 81 del Grisostomo in Ioannem ): “O angeli, quomodo siletis? Quomodo manus continere potestis? An  quod attonitos vos tenet tanta insolentia et tanta mansuetudo; tanta perversitas et tanta patientia?” Come si vede, la sostanza è del Grisostomo, con un poco di parafrasi del Mansi o di altro.

Questo episodio dello schiaffo accadde nella casa di Anna: le scene seguenti si svolsero presso Caifas (Io. XVIII, 20-22; Matth. XXVI, 59 et seq.).



8 “E' sentenza di S. Girolamo che le molestie e pene date in quella notte al Signore non abbiano ad essere manifeste innanzi al giorno del giudizio, di maniera che ciascun divoto, che desidera esercitarsi nella Passione del Signore, dovrebbe far qualche cosa ad onore di quelli non palesi tormenti di Dio, offerendoli al celeste Padre, al quale sono tutti noti, per i loro occulti e non conosciuti peccati.” Gio. TAULERO O. P., Meditazioni (non genuine) sopra la Vita e Passione di Gesù Cristo, cap. 17.



9 “Erat unde extolleretur gens Iudaea, et per ipsam superbiam factum est ut Christo nollet humiliari, auctori humilitatis, repressori tumoris, medico Deo, qui propter hoc, cum Deus esset, homo factus est, ut se homo hominem cognosceret. Magna medicina. Haec medicina si superbiam non curet, quid eam curet nescio.” S. AUGUSTINUS, Sermo 77, cap. 7. n. 11. ML 38-488. (Opera S. Augustini,  X, Parisiis, Chevallon, 1531, sermo 74 de Tempore, In Dom. II in Quadragesima sermo 1.)



10 “ Non enim est indecorum ei qui vult numerare in quantis se Christus humiliavit, ut dinumeret extra ea quae Paulus exposuit, dicens (i. e. et dicat): Humiliavit se factus obediens usque ad palmas, usque ad confusionem sputamentorum, et flagellorum, et mortis... Ad extremam iniuriam accipitur sputamentorum iniuria.” ORIGENIS in Matthaeum commentariorum series, n. 113 (in hunc locum). MG 13-1761.



11 “Dominica vero Iudica (de Passione), dum, in honorem Passionis Dominicae, quod specialius ipso die recolenda inchoatur, se totam cum anima et corpore Domino exhibuisset ad tolerandum et perficiendum tam corpore quam spiritu quodcumque suae divinae complaceret voluntati, pius Dominus talem ipsius voluntatem ineffabili gratitudine videbatur acceptare. Ipsa vero divinitus inspirata intimo cordis affectu salutare coepit singula membra Domini, pro salute nostra diversis poenis in Passione cruciata. Unde quandocumque aliquod membrum salutabat, statim ex illo membro Domini splendor quidam divinus procedens, animam ipsius irradiabat... Hinc inter Missam, dum legeretur in Evangelio: Daemonium habes, ista medullitus super contumelia Domini sui commota, nec sufferens dilectum animae suae tam indebite sibi obiecta advertere, ex intimo cordis affectu his verbis vice versa ipsi blandiebatur dicens: “Ave, vivificans gemma divinae nobilitatis. Ave, immarcescibilis flos humanae dignitatis, Iesu amantissime: tu mea vera summa et unica salus.” Cui benignus amator more solito vicem dignantissimam recompensans, manu sua benedicta mentum eius apprehendens, seque ad ipsam blande inclinans, auri animae eius haec verba suavissimo susurro instillavit dicens: “Ego Creator, Redemptor et amator tuus, per angustias mortis cum omni beatitudine mea acquisivi te.” Tum omnes Sancti quasi in admirationem provocati ex tam mira dignatione Dei, cum ingenti gaudio benedicebant Dominum pro tam dignantissima sui ad animam illam inclinatione. - Hinc Dominus ait: “Quicumque contra blasphemias et contumelias mihi in terris illatas me salutaverit illo affectu quo tu me modo salutasti, huic eo me in iudicio illo districto, quo in morte iudicandus accusationibus daemonum praegravatur, eadem blanditate exhibebo quo me modo exhibui tibi, et eisdem verbis ipsum consolabor dicens: Et ego Creator, Redemptor et amator tuus, etc. Unde si nunc ad illa verba Sancti in caelo sic sunt admirati, quanto magis putas obstupescent et territi fugient omnes adversarii animae illius, quae hoc donum consolationis in iudicio meretur acipere a pietate mea divina?” S. GERTRUDIS MAGNA, O. S. B., Legatus divinae pietatis, lib. 4, cap. 22 (editionis Solesmensis pag. 364, 365, 366).

12 “Domini taciturnitatem reputavit Herodes fatuitatem: ideo, illudens ei quasi fatuo, induit eum veste alba.” HUGO A SANCTO CHARO, O. P. Cardinalis primus, In Evangelium secundum Lucam, in Luc. XXIII, 1. Opera, VI, fol. 266, col 1, Venetiis, 1703.



13 “Sprevit, inquam, tamquam impotentem, quia signum non fecit; tamquam ignorantem, quia verbum non respondit; tamquam stolidum, quia contra accusantes se non defensavit.” S. BONAVENTURA, Commentarius in Evangelium S. Lucae, in Luc. XXIII, 11, cap. 23, n. 13. Opera, VII, p. 569, col. 1.: ad Claras Aquas, 1895.



14Erode non vi conosceva, io....” (Pellecchia e Paci, 1751; Gessari, 1754; De' Rossi, 1755).

15 S. BERNARDUS, In feria IV Hebdomadae Sanctae, Sermo de Passione Domini, n. 3. ML 183-264.



16 “O suavitatem! o gratiam! o amoris vim! Itane summus omnium unus factus est omnium?” S. BERNARDUS, In Cantica, sermo 64, n. 10. ML 183-1088. - Da questo passo, in cui S. Bernardo si maraviglia della soave familiarità usata con noi da Gesù Cristo, il quale si è fatto come nostro uguale, e dice “noi” dove potrebbe, e, sembra, dovrebbe dire “io”, il compilatore del trattato De caritate (inter Opera S. Bernardi, De caritate, cap. 8, n. 29, ML 184-599) ha cavato quest' altra sentenza: “O suavitatem! o gratiam! o amoris vim! Itane summus omnium imus factus est omnium?” Del resto, in questa operetta, nei capitoli 5-9, pressocché tutte le parole sono prese da S. Bernardo, nei suoi Sermoni sulla Cantica.



17 De caritate (inter Opera S. Bernardi), cap. 8, n. 29. ML 184-599. - “Quis hoc fecit? Amor, dignitatis nescius, dignatione dives, affectu potens, suasu efficax. Quid violentius? Triumphat de Deo amor. Quid tamen tam non violentum? AMor est. Quae est ista vis, quaeso, tam violenta ad victoriam, tam victa ad violentiam? Denique semetipsum exinanivit (Philipp. II, 7), ut scias amoris fuisse quod plenitudo effusa est, quod altitudo adaequata est, quod singularitas associata est.” S. BERNARDUS, In Cantica, sermo 64, n. 10. ML 183-1088. - Vedi la nota precedente.

18 “Ecquid vero, Delphina, prodest irasci? Nihil profecto. Attamen explicabo tibi arcanum pectoris mei. Noveris me interdum sentire aliuqam in animo adversus infestantes me indignationem; sed illico me converto ad cogitandas iniurias Christo illatas, eumque imitari cupiens, dico mihi ipsi: Etiamsi famuli tui barbam tuam convellerent, et colaphos tibi infringerent, nihil esset ad Dominum tuum, qui maiore perpessus est. Certumque habeas, Delphina, me numquam cessare a commemorandis iniuriis Salvatoris mei, donec animus meus plane sit tranquillatus. Atque hanc fateor me a Domino habere peculiarem gratiam, ut eos qui mihi iniuriosi sunt, vel aeque ut ante, vel plus etiam amem, et pro eis specialiter orem, agnoscamque et confitear me maioribus et atrocioribus iniuriis dignum esse.” WADDINGUS, Annales Minorum, an. 1319, n. 5. - Questo santo conte d' Ariano visse nel matrimonio in verginità, col consenso della santa sposa Delfina. Il suo nome era Elzéar, in latino  Elzearius; in italiano, dal traduttore della Cronaca di Marco da Lisbona viene chiamato, come da S. Alfonso, Eleazaro.






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