Il dissidio tra la
Confederazione generale del lavoro e il Partito socialista italiano si è
composto «giuridicamente» in un Patto d'alleanza, nel quale sono fissate le
competenze reciproche e vengono stabiliti i rapporti e le norme secondo i quali
i due organismi del movimento socialista e proletario svolgeranno la loro
attività evitando i cozzi e gli attriti.
La composizione ci allieta per
la buona volontà che rivela negli uomini. Ma non ci lasciamo illudere che si
sia ormai entrati in un'èra di perfetto accordo e di idillio. Il dissidio, piú
che negli uomini, era nelle cose. Gli uomini possono facilmente, quando siano
sinceri e aspirino al lavoro fecondo, mettere d'accordo le loro volontà buone;
la composizione «giuridica» è sufficiente a ciò. Ma le cose sono meno duttili e
malleabili, il plasmarle a un fine programmatico è operazione molto difficile e
complicata. E per cose intendiamo (escludendo ogni intenzione di offendere o
diminuire il valore e la coscienza di chicchessia) le organizzazioni, gli
uomini che ne fanno parte, il complesso movimento di resistenza, che in Italia
è quello che è — senza che buona volontà di singoli possa trasformarlo
immediatamente — in dipendenza del grado di sviluppo economico e culturale che
la società italiana ha raggiunto.
Le organizzazioni italiane di
resistenza sono ben lungi dal rappresentare quelle forze democratiche e capaci
di controllo reciproco che sono il presupposto di un'azione di classe politica
ed economica, sistematica e ordinata quale il Partito socialista vorrebbe si
esplicasse per rappresentare esso stesso veramente un'energia rivoluzionaria
che trasformi la storia. Le organizzazioni italiane sono deboli e sconnesse,
non solo esteriormente, ma specialmente dal punto di vista della cultura
individuale, della preparazione e della coscienza individuale delle
responsabilità e dei doveri democratici. Alla vita interna delle Leghe e delle
Camere del lavoro partecipa una esigua minoranza degli inscritti; la
maggioranza è regolarmente assente, ciò che però non toglie la possibilità,
insita nei suoi diritti sociali, che essa intervenga nei momenti decisivi della
vita dell'organizzazione, portando nei suffragi la leggerezza e l'avventatezza
proprie di chi, non avendo dato nulla all'attività minuta dell'organizzazione,
non comprendendo la portata e le conseguenze possibili di una decisione, non ha
il senso della responsabilità dei suoi atti.
Questa è, purtroppo, la realtà,
ed essa crea delle condizioni specifiche di vita. I dirigenti acquistano un'autorità
ed un'importanza che non dovrebbero avere secondo lo spirito ugualitario ed
essenzialmente democratico delle organizzazioni. I dirigenti deliberano essi,
molto, troppo spesso, invece che essere, puramente e solamente, organi
esecutivi e amministrativi; e, si badi, questo fatto noi escludiamo dipenda da
volontà dispotica ed autocratica, riconosciamo essere una necessità, ma non
perciò [lo] denunziamo meno e cerchiamo convincere che bisogna distrugger[lo].
La volontà perversa o buona dei singoli ci importa poco; ci importa l'insieme
delle condizioni per le quali una volontà perversa può trionfare e una volontà
buona può essere sopraffatta, snervata, corrotta.
Poiché cosí stanno le cose, il
Patto d'alleanza stretto tra la Confederazione del lavoro e il partito, se ci
rallegra come indizio di buona volontà individuale, non ci tranquillizza
affatto e non ci induce all'inerzia. Le condizioni suddescritte continuano ad
esistere, ad operare; gli enti direttivi della resistenza possono essere
condotti da esse (ed escludiamo nelle persone ogni tortuosa cavillazione) a un
ostruzionismo nei confronti del Patto, a sofisticazioni e obiezioni tali che in
momenti decisivi, quando urge deliberare per uno spontaneo accordo determinato
da somiglianza di volontà, il Patto si dissolva automaticamente e rimanga,
residuo doloroso, uno strascico di polemiche velenose, deleterie per il
movimento operaio. Pertanto i compagni che desiderano che la Confederazione del
lavoro diventi organismo vigoroso e schietto di classe, cooperante col partito
in solidarietà non solo «giuridica» e dipendente dall'arbitrio individuale, ma
che sia necessaria per il suo intimo organamento e per la concorde volontà dei
proletari associati, devono proseguire e intensificare il lavoro nell'interno delle
Leghe, delle Federazioni, delle Camere del lavoro, perché esse si
democratizzino, si solidifichino per una maggiore attività degli inscritti; nei
riguardi dei quali anche è necessario intensificare la propaganda individuale
(la piú efficace) perché acquistino una coscienza e una educazione socialista
adeguate al compito che devono svolgere, alla responsabilità sociale che devono
assumersi.
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