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1327. Sonate campane1
Guarda,
guarda chi è! La sora Teta!
Me penzavo c’avessivo2 trovati
qui da noi li scalini inzaponati,
pe ppiantacce3 accusí ccome la bbieta.
È
vvero che l’anelli sò4 ccascati,
ma ppuro sciarimaneno le deta.5
Eh, ccapisco: dall’A sse ssceggne6 ar Zeta.
Santi vecchi vò ddí7 ssanti scordati.
Oh
cqui ssí8 cchi nun more s’arivede,9
o vviè er quarantasette10 prim’estratto.
Ma ssete11 propio voi? ce posso crede?
Sti
pover’occhi mii ppiú li spalanco
e ppiú mme pare un zoggno. Uhm, quest’è un fatto
da fàcce12 un zeggno cor carbone bbianco.13
28 giugno 1834
1 Espressione che
si usa all’accadere di cose insperate.
2 Che aveste.
3 Per piantanci.
4 Sono.
5
Ma pure ci rimangono i diti. Modo familiare per dire che «malgrado
checchessia nulladimeno si è sempre le stesse persone d’una volta».
6
Pronunziato colla prima e chiusa. Si discende.
7 Vuol
dire: equivale a.
8 Oh qui davvero conviene il detto.
9 Si rivede.
10 Nel libro delle
sorti pel giuoco del lotto, al 47 trovasi: Morto risuscitato.
11 Siete.
12 Farci.
13
Dicesi negli eventi straordinari e meravigliosi.
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