Carlo Goldoni
L’apatista

ATTO SECONDO

SCENA TERZA

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SCENA TERZA

 

Il Cavaliere, poi il signor Giacinto.

 

CAVALIERE:

Perch'io mai non mi sdegno, prende costui baldanza,

Ma saprò colle buone fargli cambiare usanza.

E se poi persistesse a far meco il dottore,

Costami poca pena cambiare un servidore.

GIACINTO:

Cavalier, vi saluto.

CAVALIERE:

Vostro buon servitore.

GIACINTO:

Voi non mi conoscete.

CAVALIERE:

Non ho ancor quest'onore.

GIACINTO:

Io son Giacinto Ottangoli, nobile milanese.

CAVALIERE:

Della famiglia vostra molto parlar s'intese.

Qual fortuna, signore, havvi da me guidato?

GIACINTO:

Compatite, vi prego, un cuore innamorato.

Ritornato da un viaggio, trovai fuor di città

Quella che mia consorte un giorno esser dovrà.

Seppi ch'era in campagna, a ritrovarla andai,

Ma i passi miei fur vani, e più non la trovai.

Mi dissero le genti, ch'ella sul far del

Partissi, e che il suo viaggio esser dovea fin qui.

Onde di voi sapendo la bontà generosa,

Venni qui arditamente a ritrovar la sposa.

CAVALIERE:

Bellissima davvero!

GIACINTO:

Andiamo per le corte:

La contessa Lavinia venuta è a queste porte?

CAVALIERE:

signore, è venuta.

GIACINTO:

Partì da questo loco?

CAVALIERE:

Non ancor.

GIACINTO:

Con licenza...

CAVALIERE:

Piano, signore, un poco. (Lo trattiene.)

GIACINTO:

Deh non mi trattenete, deh lasciate che almeno

Provi qualche respiro, nel rivederla, in seno!

CAVALIERE:

Quant'è che voi mancate?

GIACINTO:

Tre mesi... (Come sopra.)

CAVALIERE:

Favorite.

Carteggiaste con essa?

GIACINTO:

Non carteggiai... (Come sopra.)

CAVALIERE:

Sentite.

Vi è noto il testamento...

GIACINTO:

Che importa a me di questo?

Lasciate ch'io la veda, poi mi direte il resto. (Come sopra.)

CAVALIERE:

Signor, voi finalmente siete nel tetto mio;

Prima che la vediate, vorrei parlare anch'io.

GIACINTO:

Come! sareste forse mio rivale in amore?

CAVALIERE:

Voi non saprete nulla, se non calmate il cuore.

GIACINTO:

Informatemi dunque.

CAVALIERE:

Saprete, che suo zio...

GIACINTO:

Voglio prima di tutto veder l'idolo mio. (In atto di partire.)

CAVALIERE:

Ma non così furioso.

GIACINTO:

Se voi provaste il foco...

CAVALIERE:

Prima di rivederla, voglio informarvi un poco.

GIACINTO:

Presto, per carità.

CAVALIERE:

Presto più che potrò.

La Contessa, il saprete, aveva un zio.

GIACINTO:

Lo so. (Con impazienza.)

CAVALIERE:

Or sappiate che è morto.

GIACINTO:

Che ho da far io per ciò?

CAVALIERE:

Avete da sapere, che il zio col testamento

Ordinò alla nipote un altro accasamento.

GIACINTO:

Come, a un uomo mio pari si fan di questi torti?

Vengono a mio dispetto a comandare i morti?

Saprò, chi vuol rapirmi della mia bella il cuore,

Mandare all'altro mondo, unito al testatore.

CAVALIERE:

(Viene a me il complimento) (Da sé.)

GIACINTO:

Voglio veder la sposa. (In atto di partire.)

CAVALIERE:

Prima che la vediate, sentite un'altra cosa.

GIACINTO:

Che pazienza!

CAVALIERE:

L'erede, che pur dovria sposarla,

Senza rammaricarsi non pena a rinunziarla.

Con lui l'aggiusterete, ma il punto sta, signore,

Ch'evvi, a quel che si vede, un altro pretensore.

GIACINTO:

Ditemi chi è l'indegno, ditelo all'ira mia.

CAVALIERE:

Più di ciò non vi dico, se date in frenesia.

GIACINTO:

Compatite l'amore.

CAVALIERE:

Calmatevi un pochino.

GIACINTO:

Se lo so, se lo scopro, so io quel che destino.

CAVALIERE:

Siete assai furibondo.

GIACINTO:

Mi scaldo all'improvviso.

CAVALIERE:

Ditemi in confidenza, quanti ne avete ucciso?

GIACINTO:

Come! mi deridete?

CAVALIERE:

No, vi rispetto e stimo.

GIACINTO:

Niun mi ha deriso al mondo, né voi sarete il primo.

CAVALIERE:

Ma voi col vostro merito, e poi con il valore,

Concepir non dovreste di perderla il timore.

Vi ama la Contessina?

GIACINTO:

So che mi ama, e molto.

CAVALIERE:

Ve l'ha detto?

GIACINTO:

Finora non l'ho veduta in volto.

CAVALIERE:

Mai l'avete veduta?

GIACINTO:

Mai, ma so ch'è vezzosa. (Con tenerezza.)

CAVALIERE:

(Oh che bel capo d'opera!) Ma come è vostra sposa?

GIACINTO:

Come, come, lasciate ch'io vada in un momento...

CAVALIERE:

No, prima di vederla, svelate il fondamento.

GIACINTO:

Pensate voi, signore, ch'io mi lusinghi invano?

Preso forse mi avete per un parabolano?

La Contessa è mia sposa, lo proverò col fatto:

Delle nozze concluse eccovi qui il contratto. (Mostra un foglio.)

Ecco la soscrizione del di lei genitore.

Sposa mia benedetta! idolo del mio cuore! (Bacia la carta.)

CAVALIERE:

Veggo il padre soscritto, ma non la figlia istessa.

GIACINTO:

Figlia non sottoscrive dal genitor promessa.

E poi so che Lavinia è di me innamorata.

CAVALIERE:

Dubito questa cosa non se la sia scordata.

GIACINTO:

Perché?

CAVALIERE:

Perché mi pare che a qualcun altro inclini.

GIACINTO:

No, se spender dovessi centomila zecchini.

E poi suo padre istesso, s'è un cavalier d'onore,

Manterrà la parola.

CAVALIERE:

Ecco il suo genitore.

GIACINTO:

Viene a tempo. Cospetto!

CAVALIERE:

In casa mia badate

Non perdergli il rispetto, e di non far bravate.

GIACINTO:

Io, dovunque mi trovi, vuò dir le mie ragioni.

CAVALIERE:

Zitto, che in casa io tengo servi, corde e bastoni. (Mostra dirlo in confidenza e Giacinto si modera un poco.)

 

 


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