[XL]
Tutte le donne aveano parlato, tacente Lia. La quale Ameto
avendo lietamente ascoltata, tacito rimirava quella, i suoi amori con ragione
laudando; né più che fare si dovesse sappiendo si stava, e con temoroso petto
ad ogni ora attendeva ch'elle dicessero: - Andianne -. Il dì non era più caldo
e le donne, in forse a che procedere dovessono, tutte attendendo miravano a che
Lia o a parlare o a partirsi si disponesse. Ma da questo sollecitudine nuova
con gli occhi le trasse al cielo, nel quale, forse levati de' liti vicini,
volando vidono venuti sette bianchissimi cigni e altrettante cicogne; e con
romore grandissimo quivi fermatisi, infestavano il cielo. Le quali, quando con
più discreto occhio mirarono gli uccelli, videro quelli, in sette e sette
divisi, co' becchi, co' petti e con gli unghiuti piedi fieramente combattersi
sopra loro; e l'aere non altrimenti piena di piume miravano che, allora che la
nutrice di Giove tiene Appollo, si vegga fioccare di bianca neve; ma dopo lunga
punga vinte videro partire le cicogne. Le quali cose Ameto mirando con
maraviglia, ancora con diritto vedere le cose delli iddii non vedendo, per sé
agurava la rimirata punga; e insieme attento con quelle donne a quello che i
vittoriosi cigni dovessero fare, sùbita nuova luce videro uscire del cielo. E
quale allo israelitico popolo ne' luoghi diserti precedeva la notte, cotale
dopo uno mirabile strepito quivi una colonna discese di chiaro fuoco, lasciando
a sé di dietro la via dipinta di quella sembianza che la figlia di Taumante ci
si dimostra. Della quale nello avvento, Ameto, i cigni abandonati, non
sostenuti i raggi di quella, se non come quelli del padre nella prima venuta
sostenne Fetone, stupefatto e quasi cieco per lo udito tuono, di paura ripieno,
si trasse adietro; e che ciò significare si volesse non conoscendo, aspettava
abarbagliato. Ma non fu lungo l'attendere, ché di quella a' suoi orecchi
pervenne una voce soave così dicente:
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