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Luigi Pirandello
Quaderni di Serafino Gubbio

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  • Quaderno secondo
    • IV
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IV

 

Il caso di vedere gli uomini ridursi peggio d'una bestia è dovuto accadere molto di frequente a Varia Nestoroff.

Eppure ella non li ha uccisi. Cacciatrice, come voi siete cacciatore. Il beccaccino voi lo avete ucciso. Ella non ne ha ucciso nessuno. Uno solo, per lei, si è ucciso, con le sue mani: Giorgio Mirelli; ma non per lei solamente.

La belva, intanto, che fa male per un bisogno della sua natura, non è - che si sappia - infelice.

La Nestoroff, come per tanti segni si può argomentare, è infelicissima. Non gode della sua malvagità, pure con tanto calcolo e con tanta freddezza esercitata.

Se dicessi apertamente questo ch'io penso di lei a' miei compagni operatori, agli attori, alle attrici della Casa, tutti sospetterebbero subito che mi sia anch'io innamorato della Nestoroff.

Non mi curo di questo sospetto.

La Nestoroff ha per me, come tutti i suoi compagni d'arte, un'avversione quasi istintiva. Non la ricambio affatto perché con lei io non vivo, se non quando sono a servizio della mia macchinetta, e allora, girando la manovella, io sono quale debbo essere, cioè perfettamente impassibile.

Non posso né odiareamare la Nestoroff, come non posso odiareamare nessuno. Sono una mano che gira la manovella. Quando poi, alla fine, sono reintegrato, cioè quando per me il supplizio d'esser soltanto una mano finisce, e posso riacquistare tutto il mio corpo, e meravigliarmi d'avere ancora su le spalle una testa, e riabbandonarmi a quello sciagurato superfluo che è pure in me e di cui per quasi tutto il giorno la mia professione mi condanna a esser privo; allora... eh, allora gli affetti, i ricordi che mi si ridestano dentro, non sono tali certo, che possano persuadermi ad amare questa donna. Fui amico di Giorgio Mirelli e tra le più care rimembranze della mia vita è la dolce casa di campagna presso Sorrento, ove ancor vivono e soffrono nonna Rosa e la povera Duccella.

Io studio. Séguito a studiare, perché questa è forse la mia più forte passione: nutrì nella miseria e sostenne i miei sogni, ed è il solo conforto che io mi abbia, ora che essi sono finiti così miseramente.

Studio, dunque, senza passione, ma intentamente questa donna, che se pur mostra di capire quello che fa e il perché lo fa, non ha però in sé affatto quella “sistemazionetranquilla di concetti, d'affetti, di diritti e di doveri, d'opinioni e d'abitudini, ch'io odio negli altri.

Ella non sa di certo, che il male che può fare agli altri; e lo fa, ripeto, per calcolo e con freddezza.

Questo, nella stima degli altri, di tutti i “sistemati”, la esclude da ogni scusa. Ma credo che non sappia darsene alcuna, ella medesima, del male che pur sa d'aver fatto.

 Ha in sé qualche cosa, questa donna, che gli altri non riescono a comprendere, perché bene non lo comprende neppure lei stessa. Si indovina però dalle violente espressioni che assume, senza volerlo, senza saperlo, nelle parti che le sono assegnate.

Ella sola le prende sul serio, e tanto più quanto più sono illogiche e strampalate, grottescamente eroiche e contraddittorie. E non c'è verso di tenerla in freno, di farle attenuare la violenza di quelle espressioni. Manda a monte ella sola più pellicole, che non tutti gli altri attori delle quattro compagnie presi insieme. Già esce dal campo ogni volta; quando per caso non ne esce, è così scomposta la sua azione, così stranamente alterata e contraffatta la sua figura, che nella sala di prova quasi tutte le scene a cui ella ha preso parte, resultano inaccettabili e da rifare. Qualunque altra attrice, che non avesse goduto e non godesse come lei la benevolenza del magnanimo commendator Borgalli, sarebbe stata già da un pezzo licenziata.

- ... - esclama invece il magnanimo commendatore, senza inquietarsi, vedendo sfilar su lo schermo della sala di prova quelle immagini da ossessa - ... ma via... ma no... ma com'è possibile?... oh Dio, che orrore... via via via...

E se la piglia con Polacco e, in generale, con tutti i direttori di scena, i quali si tengono per sé gli scenarii, contentandosi di suggerire volta per volta agli attori l'azione da svolgere in ogni singola scena, spesso saltuariamente, perché non tutte le scene possono eseguirsi con ordine, una dopo l'altra, in un teatro di posa. Ne viene, che quelli spesso non sanno neppure che parte stieno a rappresentare nell'insieme e che si senta qualche attore domandare a un certo punto:

- Ma scusi, Polacco, io sono il marito o l'amante?

Invano Polacco protesta d'avere spiegato bene alla Nestoroff tutta intera la parte. Il commendator Borgalli sa che la colpa non è del Polacco; tant'è vero, che gli ha dato un'altra prima attrice, la Sgrelli, per non fargli andare a monte tutti i films affidati alla sua compagnia. Ma la Nestoroff protesta dal canto suo, se Polacco si serve soltanto della Sgrelli o più della Sgrelli che di lei, vera prima attrice della compagnia. I maligni dicono che lo fa per rovinare il Polacco, e il Polacco stesso crede così e lo va dicendo. Non è vero: non c'è altra rovina qua, che di pellicole; e la Nestoroff è veramente disperata di ciò che le avviene; ripeto, senza volerlo e senza saperlo. Resta ella stessa sbalordita e quasi atterrita delle apparizioni della propria immagine su lo schermo, così alterata e scomposta. Vede una, che è lei, ma che ella non conosce. Vorrebbe non riconoscersi in quella; ma almeno conoscerla.

Forse da anni e anni e anni, a traverso tutte le avventure misteriose della sua vita, ella va inseguendo questa ossessa che è in lei e che le sfugge, per trattenerla, per domandarle che cosa voglia, perché soffra, che cosa ella dovrebbe fare per ammansarla, per placarla, per darle pace.

Nessuno, che non abbia gli occhi velati da una passione contraria e l'abbia vista uscire dalla sala di prova dopo l'apparizione di quelle sue immagini, può aver più dubbii su ciò. Ella è veramente tragica: spaventata e rapita, con negli occhi quello stupor tenebroso che si scorge negli agonizzanti e a stento riesce a frenare il fremito convulso di tutta la persona.

So la risposta che mi si darebbe, se lo facessi notare a qualcuno:

- Ma è la rabbia! freme di rabbia!

È la rabbia, sì; ma non quella che tutti suppongono, cioè per un film andato a male. Una rabbia fredda, più fredda d'una lama, è veramente l'arma di questa donna contro tutti i suoi nemici. Ora, Cocò Polacco non è per lei un nemico. Se fosse, ella non fremerebbe così: freddissimamente si vendicherebbe di lui.

Nemici per lei diventano tutti gli uomini, a cui ella s'accosta, perché la ajutino ad arrestare ciò che di lei le sfugge: lei stessa, sì, ma quale vive e soffre, per così dire, di da se stessa.

Ebbene, nessuno si è mai curato di questo, che a lei più di tutto preme; tutti, invece, rimangono abbagliati dal suo corpo elegantissimo, e non vogliono aver altro, né saper altro di lei. E allora ella li punisce con fredda rabbia, dove s'appuntano le loro brame; ed esaspera prima queste brame con la più perfida arte, perché più grande sia poi la sua vendetta. Si vendica, facendo getto, improvvisamente e freddamente, del suo corpo a chi meno essi si aspetterebbero: così, , per mostrar loro in quanto dispregio tenga ciò che essi sopra tutto pregiano di lei.

Non credo che possano spiegarsi in altro modo certi subitanei cangiamenti nelle sue relazioni amorose, che appajono a tutti, a prima giunta, inesplicabili, perché nessuno può negare ch'ella con essi non abbia fatto il suo danno.

Se non che gli altri, ripensandoci e considerando da una parte la qualità di coloro con cui ella prima s'era messa, e dall'altra quella di coloro a cui d'improvviso s'è gettata, dicono che questo dipende perché ella coi primi non poteva stare, non poteva respirare; mentre a questi altri si sentiva attratta da un'affinitàcanagliesca”; e quel getto di sé improvviso e inopinato lo spiegano come lo sbalzo di chi, a lungo soffocato, voglia prendere alfine, dove può, una boccata d'aria.

 E se fosse proprio il contrario? Se per respirare, per aver quell'ajuto ch'io ho detto più , ella si fosse accostata ai primi, e invece d'averne quel respiro, quell'ajuto che sperava, nessun respiro e nessun ajuto avesse avuto da loro, ma anzi un dispetto e una nausea più forti, perché accresciuti ed esacerbati dal disinganno, e anche da quel certo sprezzo che sente per i bisogni dell'anima altrui chi non vede e non cura se non la propria ANIMA, così, tutta in lettere maiuscole? Nessuno lo sa; ma di queste “canagliate” possono essere ben capaci coloro che più si stimano da sé e son dagli altri stimati superiori. E allora... allora meglio la canaglia che si per tale, che se ti attrista, non ti delude; e che può avere, come spesso ha, qualche lato buono e, di tratto in tratto, certe ingenuità, che tanto più ti rallegrano e ti rinfrescano, quanto meno in loro te le aspetti.

Il fatto è, che da più d'un anno la Nestoroff è con l'attore siciliano Carlo Ferro, anch'esso qui scritturato alla Kosmograph: ne è dominata e innamoratissima. Sa quello che da un tale uomo ella si può aspettare, e non gli chiede altro. Ma pare che abbia da lui assai più di quanto gli altri possano figurarsi.

Ragion per cui, da qualche tempo in qua, mi sono messo a studiare con molto interesse anche lui, Carlo Ferro.

 




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