§ 89. — Come la
legislazione e la pratica amministrativa in Italia siano impotenti ad impedire
un numero ristrettissimo di persone dall’assicurarsi un predominio assoluto e
durevole sulle amministrazioni locali.
Ad ogni modo, una buona parte, per non dire la maggiore,
delle amministrazioni municipali dell’Isola, sono in mano ai faccendieri, e si
possono distinguere in tre categorie: o questi sono divisi in due o più partiti
che si contendono l’autorità, o sono tutti uniti, o finalmente hanno al disopra
di loro, qualche ricco signore, prepotente di alta sfera, che non mira ai
guadagni, ma all’influenza. In ogni caso, il patrimonio e le entrate del Comune
diventano preda di coloro che si sono impadroniti del municipio, e dei loro
parenti, amici e aderenti. Abbiamo già accennato ai modi praticati fra’ partiti
avversari in taluni Comuni200. Comunque siasi, il partito vinto
sopporta i soprusi, vede e tollera le rapine nell’amministrazione, ma tace, o
tutt’al più manda all’autorità denuncie anonime, perchè o ha già fatto, o si
ripromette di fare quello stesso che fanno gli altri. Quando chi comanda nel
Comune, è solamente ambizioso e non ricerca il lucro, lascia rubare quelli che
sono sotto di lui per acquistarsi aderenti.
Le amministrazioni locali di
ogni genere, principiando con quella della provincia, non sono gli ultimi fra
gl’innumerevoli mezzi coi quali si acquista e si stabilisce l’autorità di una
camarilla o di una persona. Chi riesca a dominarvi non solo acquista il mezzo
d’influire sugli interessi materiali d’infinite persone, ma acquista inoltre
nelle sue relazioni col Governo i vantaggi di una posizione ufficiale. Del
resto, tutte le nostre leggi amministrative secondano efficacemente i costumi e
le condizioni sociali dell’Isola nel dare i modi di acquistare una
preponderanza indiscussa ad infime minoranze quando siano fortemente
organizzate. Le disposizioni della nostra legge comunale e provinciale intorno
al rinnuovamento parziale dei Consigli comunali, alla divisione in frazione dei
Comuni, sono specialmente efficaci in questo senso. Ma peraltro, le leggi
amministrative più perfette, non potrebbero tener luogo di una numerosa classe
media che in Sicilia non esiste, e non potrebbero in conseguenza impedire il
dominio assoluto delle camarille. Il formarsi di queste, è vero, non è vizio
della sola Sicilia, e la legge le favorisce in ogni provincia d’Italia. Vediamo
pure in altre province gruppi di persone cercare d’impadronirsi a poco a poco
delle amministrazioni locali d’ogni specie, degli stabilimenti di credito, di
tutti i simili mezzi d’influenza e riescirvi. Ma in altri paesi rimangono così
numerosi gli interessi indipendenti i quali sono in grado di sottrarsi a quella
influenza, che, per quanto una camarilla possa riescire ad essere potente, ed
anche in talune cose a signoreggiare interamente, non può mai diventare padrona
assoluta di un Comune, od acquistare in una provincia autorità siffatta, che
niuno affare pubblico si possa sbrigare senza la sua approvazione. In un paese,
invece, dove la ricchezza è in pochissime mani, dove i modi di acquistarla
mancano quasi del tutto per chi già non la possiede, l’essere in posizione
indipendente, e il dominare sugli altri, è una sola e medesima cosa, quando alla
ricchezza sia unita un’intelligenza sufficente per usarla.
Di tutte quelle forme di
associazione, per mezzo delle quali cercano di unirsi per acquistar vigore le
forze minori della società, il solo nome e le apparenze esterne hanno potuto
esser portati in un paese dove mancano quelle forze stesse. Difatti, tutte le
società cooperative, operaie ec., nate ad imitazione delle continentali, non
sono per lo più che istrumenti e mezzi d’azione per qualche ambizioso, oppure
sono usate da taluno per riunire capitali altrui e prenderseli poi. Le
relazioni sociali, pigliando forma di relazioni personali di clientela, fanno
per necessità capo ad una o a pochissime persone, di modo che non esistono che
interessi personali subordinati gli uni agli altri.
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