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Michele Lacetera Persone Storie Parole IntraText CT - Lettura del testo |
Frasi idiomatiche - 1
Aggiustate e mettite a postu: risulta
come un invito a considerare il tempo
necessario per i preparativi di qualcosa.
Areccoje la patta: calcolare con un
metodo piuttosto complicato le fasi lunari
per individuare i periodi più favorevoli
ad alcune pratiche agricole quali le semine,
la raccolta, l’imbottigliamento del
vino e simili. Anche se non c’è alcun
riscontro scientifico e non se ne fa menzione
in nessun testo di agronomia, i contadini,
(o quel che ne rimane) ancora oggi
sono attenti alle fasi lunari, messe in bella
evidenza sui calendari appesi in cucina.
Aremané nnudu comme lu fognu a lu
pratu: andare in rovina, rimanere privo
di ogni bene.
Aresponne a furmini: rispondere in
Arzà leccu: combinare un affare, riuscire
a chiudere un’impresa in maniera favorevole.
Nella forma negativa “non arza
leccu” il fannullone che trascorre il suo
tempo nell’ozio più avvilente.
A unu le dà e a unu le promette: si dice
di chi svolge un lavoro senza la necessaria
cura non preoccupandosi affatto del
Bell’induini: bella trovata! Bella idea!
(ironico).
Cambià l’acqua a li lopini: orinare.
Cecca scenda, persona trasandata, sciatta
e di poco conto.
Cercà Maria pe’ Roma, tentare un’impresa
impossibile come trovare Maria a
Roma. Maria è nome comunissimo e
tanto diffuso da rendere vana e illusoria
qualsiasi ricerca.
Che giannina (o giannetta)! Che freddo!
Chi sta sotto le fronne do oti s’enfonne:
quando piove non ripararti sotto i rami di
un albero, così facendo ti bagnerai due
Chi tanti pali sarda unu se lu ficca a lu
culu: chi ama il rischio potrà superare
Chi tè madre nun piagne: che può contare
sulla mamma troverà sempre conforto.
Ci vo la patuja pe’ fatte move: sei talmente
pigro e indolente che per indurti a
fare un passo occorrerebbe una pattuglia
di militari.
Comme jetta? Come va? Come te la
Co’ ’n occhiu guarda a ti e coll’atru
manna affanculu màmmota: si dice di
Cresce all’ombra: 1) non essere costretti
ad andare a lavorare, avere di che vivere.
2) essere persona seria (riferito per lo
più a ragazze) che non ama andare civettando
per strada.
Curre comme ’na na(v)etta: correre
come una navetta. L’immagine è ricavata
dal mondo dell’artigianato tessile dato
che quel componente del telaio che contiene
la spola e si muove ad una certa
velocità si chiama navetta. Ha forma
allungata e dà l’idea di una navicella.
Da’ de picciu a quadunu: prendere di
Da’ la servitù a lo ino: aggiungere delle
sostanze al vino per impedirne il cambio
di colore o per renderlo più limpido.
Da’ la terra spòdica: la terra era spòdica
quando su di essa non gravavano i “livelli”
che erano le tasse imposte dalla
Signoria ed era libera dal vincolo di qualsiasi
usufrutto. I genitori che donavano ai
figli un pezzo di terra cercavano di dargliela
“spòdica”.
Da lu capu vè la tigna: se i capi sono
corrotti tutto il Paese è infetto. Il male e la
corruzione provengono sempre dall’alto.
Da ‘n farajolu non facce escì manco ‘na
coppuletta: al sarto poco accorto che da
una discreta quantità di stoffa non fu in
grado di ricavare nemmeno un berretto.
Da pede: giù da basso, in fondo.
Dasse ‘na regulata: trovare una forma di
comportamento adeguata ad una certa circostanza.
Dé la fresca (volg. fregna)! espressione
di meraviglia.
Dicemo che è manicu de pippa: durante
una furiosa lite tra due persone balenò
minacciosa la lama di un coltello. A
seguito di denuncia da parte del minacciato
i due comparvero dinanzi al giudice il
quale chiese al mancato accoltellatore
come mai avesse minacciato l’altro con
un coltello. “Signor giudice”, rispose candidamente,
“io non ho usato nessun coltello
e se pur ho minacciato il mio avversario
l’ho fatto con questa pipa”. E
mostrò al giudice una pipa. “È stato tutto
un equivoco” concluse. In mancanza di
riscontri certi e di prove sicure al giudice
non rimase altro da dire “E va bene, diciamo
pure che si trattò di un manico di
pipa”. Ci fu la inevitabile assoluzione ed
un clamoroso errore giudiziario.
Di’ nero (o zello), avere un esito negativo,
È arri(v)ata la banna, tutti co’ la montura
no(v)a: è festa, c’è la banda e tutti
hanno indossato i loro abiti migliori.
È jitu Candido!, lett. è partito Candido.
Si tratta di un prestito linguistico della
vicina Palestrina, adattato a Zagarolo, per
indicare un’occasione sfumata, un’opportunità
perduta. Come a dire troppo tardi,
non è più tempo!
È mejo a piagne pe’ ll’ordini che dentr’a
lu tinellu: se si prevede una raccolta
scarsa è meglio lamentarsi prima della
vendemmia e non a raccolto ultimato
quando la situazione è ormai irreparabile.
Eo sto all’ortu e zappo li càuli: l’espressione
viene messa in bocca a chi non
intende esprimere alcun parere su determinate
situazioni: Corrisponde perfettamente
È piena la refota: è pieno come un uovo,
È proprio (v)ero, a morì e a pio(v)e non
ci (v)o proprio gnente: il commento
accompagna la notizia di una morte inaspettata
o il sopravvenire di un improvviso
Erba non fa stronzu: chi mangia solo
verdura ha ben poco da digerire.
Esse ardu ’n fregu: essere molto alto di
Esse ccisu, ti possa capitare un accidente.
Esse comme l’acqua de li gnocchi, esse
comme l’acqua zàzzula, esse ’n tasciu:
di persone ritenute poco intelligenti e
Esse cortu de pastora: avere gambe
molto corte e di conseguenza non essere
in grado di effettuare grandi passi. Essere
Esse da nasu: essere irritabile e attaccabrighe.
Esse scampisu, essere un birbante, combinarne
di grosse.
Fa’ a trocci: distruggere, ridurre in pezzi.
Fa’ l’amore con…: essere fidanzato(a)
con…
Fa’ le schiazze: essere incontenibili,
esprimersi in qualcosa in maniera straordinaria.
Fa’ li giri de Peppe: girare a vuoto, fare
il perdigiorno.
Fa’ lo vvu: sfiorare qualcuno, passargli
molto vicino.
Fa’ lu giru de leccu: andare a vuoto, non
concludere nulla di buono.
Fa’ lu guadagnu de Maria Cazzetta,
compra a otto e (v)enne a sette: si dice
della persona ritenuta incapace di combinare
Fa’ lu labberuzzu: tipico atteggiamento
di chi sta per piangere e non vuole darlo a
Fa’ lu ruspu: andare a ruspare, cioè
ripassare nei campi, a raccolta ultimata,
per racimolare qualcosa sfuggito alla
prima passata. Di noci, mandorle, castagne
ecc. Ruspare è termine italiano.
Fa’ lu spurgu: ripulire il bosco distruggendo
Facemo a capicci: cerchiamo di intenderci
Fa’ ‘na lecchetta, si dice quando piove
poco.
Fa’ ormu, nel gioco della passatella è
“ormu” il giocatore che non beve.
Fasse attaccà lu buzzicu: farsi prendere
in giro, essere lo zimbello degli altri. I
ragazzi usavano legare un barattolo alla
coda dei cani che, così conciati, suscitavano
Fasse le scarpe de (v)itella a cromo:
comprare scarpe lucidate con la cromatina.
Fasse lu bicchiere de lu stazzu: bere
l’ultimo bicchiere di vino prima di congedarsi
e sciogliere la comitiva.
Fasse menagabbe: meravigliarsi.
Fasse scrià: lasciarsi intimorire al punto
da sparire.
Fa’ tana: nel gioco del nascondino fa
tana il giocatore che si affranca e scongiura
il rischio di dover essere lui a dare la
caccia ai giocatori nascosti. (continua)