XI.
Chiedevo invano ai boscosi poggi, ai pendii
fioriti, all'Eisack sonoro se avessero veduto Violet. Che inesprimibile senso d'incertezza
e di angoscia mi possedeva, come mi accresceva trepidazione il corso violento e
sicuro della locomotiva! Se miss Yves, pensavo, non fosse ritornata, se mi
allontanassi da lei! Era la prima volta che passavo il Brenner e ancor più mi
pareva solenne quell'uscire dalla patria, quel novo aspetto delle cose, quel
sentire al di là di tante gelose montagne enormi il mistero ormai vicino di un
grande paese non conosciuto se non per le nuvole che me ne portavan fantasmi,
per i venti che me ne portavano suoni di poesia malinconica e di musica strana.
Le acque deserte del Brennersee, vive come un occhio profondo, mi parvero,
quanto il lago di Nemi alla signorina tedesca, märchenhaft: e poco dopo,
alla stazione di Innsbrük, passeggiando lungo il treno, in un vento furioso,
tra il viavai della gente straniera, credevo veramente sognare, aver varcata la
soglia di un mondo fantastico.
Ero, durante il viaggio, in questo singolare
stato d'animo, che più mi avvicinavo alla meta lontana, a Norimberga, più avrei
voluto differire il momento di giungervi, differire i giorni in cui, se trovavo
Violet, avrei conosciuta la sorte mia. Il mattino dopo il mio arrivo a Monaco
passeggiavo per tempo le verdi solitudini dell'Englischer Garten, tutte
placido sole e sfondi nebbiosi, tutte vive d'ali per le ombre e di trilli.
Sostai in riva al lago torbido e immobile, contemplando quella pace di natura
che tanto riposa dopo un lungo viaggio. La sensazione che avevo provato ad
Innsbrük tra i rumori delle locomotive, della gente e del vento mi riprese più
forte. Il sogno era stavolta così dolce e torbido, so süss, so trüb! Ero
nel paese dove aveva vissuto miss Yves, respiravo quasi, nell'aria, i pensieri
di lei, e l'acqua opaca, i vapori in cui sfumava ogni cosa lontana mi
circondavano del mistero che circonda i sogni.
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