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I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
130.
Induzione. — Or si deve a Faraday una scoperta capitale: in
un circuito conduttore chiuso disposto in un campo, producendo una variazione
del flusso di forza abbracciato dal contorno, si sviluppa una corrente
elettrica temporanea, che dura finchè dura la variazione del flusso. E se il
circuito è interrotto in un punto, si manifesta agli estremi una forza
elettromotrice, detta d’induzione, che dura anch’essa finchè dura la variazione
del flusso.
Si abbiano ad esempio, come nella fig. 153, un rocchetto S percorso dalla corrente di una pila P, e un altro rocchetto R rilegato a un galvanometro G. Introducendo S in R si constaterà una brusca deviazione dell’ago del galvanometro, che dopo torna alla posizione normale, e resta immobile tenendo S in una posizione invariabile. Estraendo S, si ottiene una deviazione inversa, anch’essa di breve durata; e se mentre il rocchetto S è all’interno di R si interrompe o si stabilisce la corrente in S, si hanno in R gli stessi effetti come per la estrazione o l’introduzione di S.
Or è facile riconoscere che in tutti e quattro i casi, in cui si è constatato l’effetto, vi è variazione del flusso magnetico creato dal rocchetto inducente S nel circuito indotto R. Abbiamo da fare in verità, nel rocchetto R, con più spire consecutive elicoidali, anzichè con un contorno unico limitante una superficie piana; ma gli effetti ottenuti nelle singole spire, cioè le singole f. e. m. indotte, in tal caso si sommano, e ne risulta una f. e. m. complessiva tanto più grande quanto più son numerose le spire del circuito indotto. Del resto ricorrendo a un galvanometro sensibile si può constatare l’azione enunciata anche con una sola spira.
Analoghi effetti possono ottenersi introducendo in R una calamita o un’elettrocalamita, come, per es., armando il rocchetto S d’un nucleo interno di ferro. Anzi in quest’ultimo caso le correnti indotte son molto più intense che nel caso in cui il ferro non esisteva.