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CAPITOLO II.
Il Tieste, sua prima tragedia.
Segretario del Governo provvisorio di Venezia.
Piena la mente delle glorie dell'antica Grecia e di Roma, nudrito degli studi di que' grandi filosofi e poeti, di passioni ardentissime e delicate, caldo di amor patrio, aperse Ugo Foscolo il cuore alle più dolci speranze quando i Francesi, calati in Italia, annunziavano di renderla libera e felice, perciò prese parte attiva nelle cose politiche. Venuta poi l'ora del disinganno, l'animo suo forte ed altero non piegò; volle rimaner povero, ma intemerato; e quando più tardi (sia detto anticipatamente a sua lode), precipitate le cose nostre ad irreparabile rovina, furono le provincie Lombardo-Venete cedute all'Austria, anzichè giurarle fedeltà militare e cedere alle suggestioni di vendere a lei la sua penna, si tolse volontario esilio e riparò in Isvizzera, sacrificando all'affezione di parenti e di amici non che allo stipendio di oltre cinquemila lire annue.
De' suoi primi saggi letterari e politici, assai promettenti per una età di 18 anni, ci dà conto egli stesso con le seguenti parole: «La mia professione letteraria e politica, nè io ho mai disgiunta l'una dall'altra, comincia dall'anno 1796, quando io uscito appena di fanciullo (nacqui nel 78) scrissi il Tieste, tragedia.... E in quell'anno io scrissi un'Ode3 per Buonaparte, lodandolo. Ma, allorch'ei tornato d'Egitto s'insignorì delle cose di Francia, la ristampai con una Lettera in fronte per correttivo, ove (nè bisognava essere grande profeta) gli predissi che l'universale viltà l'avrebbe fatto tiranno, e la tirannide fatto potente ed infame.» Fin qui nella Lettera al direttore di Polizia del Cantone di Zurigo, dettata in Londra sulla fine del 1816; il quale argomento venendo ripreso nella Lettera apologetica, ei soggiugne: «De' pericoli miei che ne vennero non ho da dolermi, se non di me, e se non ebbi mozzato il capo sul palco, fu clemenza o disprezzo di Buonaparte, non so; ma per allora non gli era facile.»
La detta tragedia, rappresentata con felice successo per nove sere consecutive in Venezia al teatro Sant'Angelo nel gennaio 1797, cominciò a farlo cognito al pubblico per poeta di non comuni talenti; ma dal suo genio poetico era portato alla lirica, inspirazione che appalesavasi in ogni suo scritto. Quando poi la riputazione letteraria di lui fu meglio stabilita soleva dire: Se i Veneziani avessero fischiato il mio Tieste, com'ei meritava, quand'io aveva diciott'anni, non avrei forse più scritto nè letto; la qual cosa è lungi dal presumibile, imperocchè una predisposizione della natura il chiamava al sacro ministero delle Muse e l'anima ardente di lui anzichè far violenza alla forza irresistibile del genio che la invitava ad espandersi, reagendo, sarebbesi viepiù eccitata ai morsi della censura.
Grande ammiratore di Vittorio Alfieri, di cui calcava le orme, volle offerirgli il Tieste, alla lettura del quale si dice che, argomentando dalla giovine età dello scrittore, il celebre tragico predicesse che un giorno lo avrebbe superato: il vaticinio non si avverò. Eccone la dedicatoria.
» Al Tragico dell'Italia oso offrire la prima tragedia di un giovane nato in Grecia ed educato fra' Dalmati. Forse l'avrei presentata più degna d'Alfieri, se la rapacità de' tipografi non l'avesse carpita e stampata, aggiungendole a' propri difetti le negligenze della lor arte. Ad ogni modo accoglietela: voi avete de' diritti su tutti coloro che scrivono agl'Italiani, benchè I'Italia
non può, nè vuol forse ascoltare. Nè forse ve la offrirei se non sperassi in me stesso di emendare il mio ardire con opere più sode, più ragionate, più alte; più, insomma italiane. Addio.
I Veneziani volendo dare al giovine autore una testimonianza di lode, più solenne che non fossero gli sterili e troppo comuni applausi, ordinarono che la sua effigie venisse dipinta sul sipario del teatro della Fenice fra i ritratti dei più insigni autori drammatici.
Entrato ne' cacciatori volontari a cavallo fu, per consiglio del Parini, uno de' primi soldati della Repubblica Cispadana; ma la rivoluzione di Venezia avendo costretto il Senato a deporre il vetusto infralito dominio, vi fu chiamato a sostenere l'ufficio di segretario del governo provvisorio, l'età sua raggiungendo appena il diciannovesimo anno. Compilatore degli atti verbali, era con plauso ascoltato dall'uditorio, il quale si mostrava scontento in que' giorni che altri il sostituiva.