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PANT. Sior dottor, andemo de mal in pezo.
ONES. Signora, che cosa avete?
ROS. Non so... mi sento... Oimè!... ho una sete crudele.
ONES. Se ha sete, datele da bere.
PANT. No se sa cossa darghe; tutto ghe fa mal.
BEAT. (Signor dottore, fra voi e me vi dirò il suo male). (piano all’Onesti)
ONES. (Già me l’immagino, vorrà marito). (da sé) Colombina, fatevi dare quella boccia d’acqua cordiale, che ha portato ora il garzone dello speziale: prendete un bicchiere, e venite qui.
COL. Subito. (parte, poi ritorna)
PANT. La varda che no femo pezo. (al dottore)
PANT. Ho paura che no la la torrà.
ONES. Signora Rosaura, la prenderete.
ONES. Quando l’ammalato crede al medico, guarisce più facilmente.
COL. Eccomi. (con una boccia d’acqua ed un bicchiere)
ONES. Date qui. (getta l’acqua nel bicchiere)
PANT. Via, cara, per amor de to pare.
ONES. Caro signor Pantalone, lasciate fare a me.
BEAT. Lasciate fare a lui, che ha più grazia di voi. (a Pantalone)
PANT. Se no ghe la dago mi, no la la vorrà.
ONES. Signora Rosaura, se ve la darò io, la beverete?
PANT. Vustu che te la daga mi?
PANT. Via, la ghe la daga ella. Za no la ghe farà niente.
ONES. (Cara signora Rosaura, è peccato che una giovine come voi, si lasci opprimere dalla malinconia. Via, bevete quest’acqua cordiale). (piano)
ROS. (Beve, guardando con attenzione il medico, e poi sospira)
ONES. (Siete sul fior della gioventù; pensate a maritarvi). (piano)
ONES. (Quando si saprà che siete sana, sarete subito desiderata in isposa). (piano)
ROS. Oimè, quell’acqua mi ha data la vita.
ROS. Sì certamente; sto meglio assai.
ONES. Vedete, se quest’acqua è prodigiosa?
PANT. Son fora de mi dalla contentezza.
BEAT. (Oh, più dell’acqua, hanno operato le parole del medico). (da sé)
PANT. Cara ella, cossa xe quell’acqua?
ONES. È un mio segreto particolare. (A suo tempo saprà essere acqua di pozzo). (da sé)
PANT. Te sentistu più gnente? (a Rosaura)
ROS. Oh, signor dottore, mi ha dato la vita.
ONES. (Signor Pantalone, volete ch’io vi dia un consiglio da galantuomo, per far che vostra figlia stia sempre bene?) (piano)
PANT. (Via mo, cara ella, la diga).
ONES. (Fate a mio modo, e vi troverete contento).
PANT. (Me l’ha dito dei altri, e no gh’ho badà; co lo dise el miedego, sarà cussì. Bisognerà maridarla). (da sé) Fia mia, stastu ben?
PANT. Dimme, cara ti; se vegnisse occasion de maridarte, tioresistu mario volentiera?
PANT. Dimme, tioresistu mario?
ROS. Perché no?
PANT. Ben; se ti sarà sana, te mariderò.
ROS. Adesso parmi di essere risanata.
PANT. Col’è cussì, sappi, fia mia, che un certo sior Lelio Ardenti t’ha fatto domandar; gh’ho dito de no, perché ti gieri poco sana; ma adesso che ti sta ben, ghe dirò de sì, e te mariderò.
ROS. Oimè! Mi vien male, non posso più.
PANT. Sior dottor, presto, ghe torna mal. Vedeu? Gnanca el mario la farà guarir.
ONES. (Costei è innamorata di qualcheduno). (da sé) Volete un altro bicchiere d’acqua cordiale?
ROS. No, non ne voglio.
PANT. Vustu che te la daga mi?
ONES. La volete da me?
ROS. Ah, non giova. (sospirando e guardandolo)
ONES. Via, signora Rosaura, fatevi animo.
ROS. Non posso.
ONES. Via, che cosa vi sentite?
PANT. Ti pianzi? Ti me par matta.
ROS. Se son pazza, lasciatemi stare da pazza. Non mi abbadate, non mi tormentate. (parte)
PANT. Povera putta! Andè là, creature, agiutèla.
COL. (Oh, il medico non la guarirà mai, sino che suo padre sarà presente alla cura). (parte e poi ritorna)
BEAT. (Signor dottore, fra voi e me parleremo). (piano al dottore) Amore fa proprio impazzire le povere donne. (parte)
PANT. Mi resto incantà. L’è un mal che no se capisse.
ONES. Eppure io lo capisco perfettamente.
COL. Signor padrone, vi sono delle persone che vi domandano.
PANT. Sì, sì, va là, dighe che vegno.
COL. Questa casa è divenuta uno spedale. (parte)