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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro settimo
    • [Dissegno degli spagnuoli e de' francesi]
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[Dissegno degli spagnuoli e de' francesi]

Era l'istesso il fine de' francesi come de' spagnuoli di proveder all'ambizione et avarizia della corte, che ad arbitrio dominava con precetti inutili e di nissun frutto e cavava quantità grande de danari con le collazioni de beneficii e dispense dalle regioni cristiane. Ma li spagnuoli giudicavano che, per la devozione che il popolo de' regni loro portava all'autorità pontificia e per l'animo del re e del suo conseglio, aborrenti dalle novità, se questo si fosse fatto alla dritta et all'aperta ne sarebbe nato scandalo e non s'averebbe potuto effettuare, e che il pontefice facilmente averebbe potuto interponer tante difficoltà appresso li prencipi, che non s'averebbe manco potuto venirne alla dicchiarazione; ma che convenisse, secondo l'uso di quella nazione, pigliar la mira lontana e col dicchiarare che la giurisdizzione de' vescovi e la residenza era da Cristo e de iure divino, metter in riputazione quell'ordine appresso il popolo, impedir le violenze che la corte romana potesse usar contra le persone loro, e cosí dargli commodo che in progresso potessero riformar le chiese, con servizio di Dio e con tranquillità de' popoli, restituendo la libertà recuperata da' romani.

Ma li francesi, il natural de' quali è proceder all'aperta e con impeto, avevano queste arti per vane; dicevano che non averebbono mancato a Roma rimedii per renderle inutili e che per venir al fine avevano bisogno di tanto tempo, che non si poteva aver nissuna buona speranza; ma che il vero modo era, senza nissun'arte, alla dritta et all'aperta urtar gl'abusi purtroppo chiari e manifesti, e che non era maggior la difficoltà in ottener questo, che era il fine principale, di quella che fosse l'ottener il pretesto, che ottenuto, sarebbe stato un niente. Ma in un altro particolare ancora non erano meno differenti li loro consegli. Convenivano tutti in giudicare necessario che l'essecuzione de' decreti conciliari fosse ferma e stabile che non si potesse alterare; vi era nondimeno qualche differenza tra essi francesi e spagnuoli nel fermar il modo come li decreti di quel concilio potessero esser né derogati, né alterati dal pontefice, con pretesti di dispense, non ostanzie et altre tal clausule romane. E per ciò dissegnavano li francesi che si difinisse la superiorità del concilio al papa, overo si statuisse che li decreti del concilio non possino esser dal ponteficederogati, né dispensati, che sarebbe stato un intiero rimedio. Li spagnuoli l'avevano per punto difficile da superare e da non tentarsi, perché il pontefice averebbe sempre avuto favore da' prencipi, quando si fosse doluto che si tentasse diminuzione della sua potestà, e sarebbe favorito dalla maggior parte de' prelati italiani, per degnità della patria e per molti proprii interessi: et a loro pareva bastasse che il concilio facesse li decreti, dissegnando che poi se ne ottenesse in Spagna dal re la pragmatica sopra, e per questa via fossero stabiliti, che non avessero ingresso in Spagna le contrarie dispensazioni ponteficie.

 

 




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