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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO   I CONTADINI
    • PARTE TERZA                       RIMEDI E PROPOSTE
      • Capitolo IV.   CONCLUSIONE
        • § 131. — L’Economia politica e le questioni Siciliane.
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§ 131. — L’Economia politica e le questioni Siciliane.

Ma chiediamo scusa al lettore di questa digressione, e torniamo alla Sicilia. Se insistiamo sulla necessità di provvedervi ad una più equa distribuzione della ricchezza tra le varie classi, e al miglioramento della condizione dei contadini, non è che noi crediamo che quando si fosse provveduto a questo soltanto, si dovesse perciò subito veder mutare i costumi e le tradizioni; che i delitti, gli odii e le mafie sparirebbero, e che sarebbe per tornare il rispetto della legge per parte dei grandi come dei piccoli, dei forti come dei deboli. Molto però si sarebbe ottenuto in questo senso; e al resto dovrebbe provvedere e l’aumento della produzione generale, e le riforme in altri rami del vivere civile.

L’Economia politica non ha mai preteso di spiegare tutto. Il desiderio della ricchezza non è il solo movente delle azioni umane, e per mutate circostanze di un altr’ordine lo stesso istinto produttore, che risulta dall’azione del libero interesse individuale, può trasformarsi in istinto predatore325. La scienza sociale deve tener conto, per spiegare i fenomeni che presenta la società umana, di ogni elemento più vario che può far deviare l’azione di una stessa forza. Così l’Economia politica potrebbe, dal solo esame delle condizioni economiche locali, arguire che nell’agro palermitano le condizioni di sicurezza, ecc., debbano essere migliori che nel Siracusano; eppure altre forze potrebbero invertire come in realtà invertono il risultato; ma non per questo l’Economia politica avrebbe avuto torto o sarebbe da ritenersi come studio inutile. Così vediamo paesi in cui, come in Inghilterra, la legislazione è per alcuni riguardi patentemente cattiva, e contraria nelle sue tendenze alle condizioni generali della civiltà nazionale, eppure esser quegli stessi paesi molto più avanzati e sanamente costituiti di altri dove le leggi sono buone: ma non si potrebbe perciò dire che ogni scienza delle leggi sia falsa o inutile. In ogni applicazione pratica dei principii di una sola delle scienze morali non si potrà mai giungere a spiegare tutti quanti i fenomeni sociali; vi rimarrà sempre, come nel crogiuolo del chimico, un residuo non spiegato: e per analizzare questo residuo, prodotto dall’azione di altre forze, dobbiamo aver ricorso ad altre scienze, ad altri principii. La legislazione, l’amministrazione, l’istruzione, l’educazione, debbono pure adattarsi meglio in Sicilia alle condizioni locali, e possono giovare a ridestare energie nascoste, e a meglio dirigere quelle esistenti.

Abbiamo finito. Per quanto noi potessimo illuderci sull’utilità pratica degli studi intrapresi, non ci potremmo del resto mai lusingare di ottenere, neanche nella stretta cerchia economica, resultati immediati e sensibili. Con buona pace del poeta, i libri non rifanno la gente; e se col nostro fossimo giunti ad attirare sulle questioni che abbiamo trattate l’attenzione di un solo pensatore, se a persuadere un solo proprietario a introdurre dei miglioramenti nei suoi contratti coi contadini, o a costruire una sola casa colonica di più, non riterremo sprecata l’opera nostra326.


 

 




325 Vedi: Leslie, Land systems and Industrial Economy of Ireland, England, and Continental countries. Londra, 1870, pag. 123.



326 Queste pagine e quelle che seguono sulle zolfare, erano già pronte per la stampa, quando potemmo prender cognizione della Relazione della Giunta per l’Inchiesta sulle Condizioni della Sicilia, in data del 3 luglio passato, ma pubblicata soltanto in questi giorni (settembre 1876). Non abbiamo creduto di dover nulla mutare a quanto avevamo scritto. Gli apprezzamenti degli onorevoli componenti la Giunta intorno alla questione agraria in Sicilia sono molto diversi da quelli che abbiamo espressi nel nostro lavoro. Essi anzi escludono l’esistenza di una qualunque questione sociale in Sicilia, fondandosi specialmente sulla ragione che molti dei mali che possono affliggere il contadino siciliano si riscontrano pure in altre provincie italiane (vedi pagg. 47-49 della Relazione). Noi non neghiamo il fatto, ma non ci sembra che se ne possa trarre la conseguenza che ne trae la Commissione. La questione sociale esiste, viva e minacciosa, oltrechè in Sicilia, nelle campagne di una buona metà d’Italia. Essa però in Sicilia come pure in una parte del Napoletano ci presenta questo di particolare, che benchè non sia causa unica dello stato di insicurezza pubblica e di corruzione civile esistente in quelle regioni, vi entra però per tanta parte, che la sua soluzione totale o parziale è la condizione imprescindibile della durevole riuscita di qualunque riforma da introdursi negli altri ordini del vivere civile. Del resto non possiamo che rimetterci al giudizio del pubblico.

Quanto a quelle differenze che corrono tra alcune notizie di fatto da noi date, e quelle esposte dalla Giunta, non possono esserne giudici che i Siciliani. I dati da noi riportati sono tratti dall’osservazione propria sui luoghi, da un grandissimo numero di appunti presi pure sui luoghi dietro le informazioni forniteci da ogni classe di gente, da risposte ad un nostro questionario scritte da persone competentissime, e infine dalle opere più pregevoli che trattano delle condizioni agricole della Sicilia, e di cui abbiamo citato alcune nel corso di queste pagine.






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