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IX.
Bitto, venendomi incontro con aria carezzevole, con mille affettuose dimostrazioni, guardandomi co' suoi grandi occhi pietosi, girandomi d'intorno, fregandosi alle mie gambe, e lambendomi le mani, pareva mi accusasse d'ingratitudine verso la sua razza, e mi dicesse: - Non diffidare della vita, gli uomini sono egoisti, le donne sono leggiere... ma i cani sono fedeli!...
Uscimmo insieme come due veri amici che non si abbandonano nel dolore, e intendono dividere le amarezze della vita. Vagando pel villaggio, io dissimulava agl'indifferenti la burrasca che mi agitava tutte le passioni dell'animo. Il mio cuore, ch'io credeva morto, non era che ferito mortalmente, e dava dei guizzi turbinosi, come una balena moribonda che si rotola nelle convulsioni, e intorbida la profondità dell'oceano, mentre la superficie ne rimane tranquilla. Guai però al bastimento che naviga in quei paraggi! mentre scorre a piene vele in un mare senz'onde e sotto un cielo sereno, la balena con uno slancio supremo s'innalza dal fondo e manda in aria la nave. Toccava al dottore il rappresentare la parte del bastimento. L'incontrai per via, che andava a fare le sue visite, colla sua aria soddisfatta di sè stesso e del mondo. Il suo miele mi fece sembrare più amaro il mio assenzio. Mi arrestò per raccontarmi i suoi trionfi. Il momento era cattivo, anzi pessimo.
- Sentite, - mi disse, - un bel caso d'alienazione mentale.
- Sì, un caso di pazzia furiosa... con assalti convulsi da rompere le corde più grosse, superando le forze riunite di quattro guardiani....
- Bellissimo. Sangue, doccie e deprimenti... ho potuto domarlo... abbatterlo... risanarlo... non si muove più dal suo letto... è tranquillo come un fanciullo....
- Lo credo bene, se lo avete svenato!
- Non fa niente, il sangue ritorna... ma la pazzia è svanita. Figuratevi che il pover'uomo s'era fissato in mente d'essere un Dio!...
- E voi lo avete guarito! - io esclamai.
- Guarito perfettamente, - soggiunse con albagia.
- Ebbene! - io gli dissi, - il matto siete voi!...
Il dottore rimase per un istante sbalordito, poi mi fissò in faccia con due occhi di civetta, e fattosi tutto rosso, alzò la testa, e m'interrogò come un giudice alle assisie:
- Intendo dire che colui che d'un Dio ha fatto un uomo, è un malfattore. Voi avete trovato un essere felice, e ne avete fatto un disgraziato, un meschino. L'uomo non è realmente che quello che crede di essere. Tutte le umane felicità non sono che sogni! Chi risveglia l'uomo felice non è che un idiota o un briccone!... La vostra scienza non è che malvagità.... La vostra pretesa guarigione non è che un'insania. Dunque adesso avrete inteso che cosa ho voluto dire. Il sapiente è scomparso, il vostro trionfo non è che una corbelleria, avete fatto un infelice di più, ecco la vostra opera... il matto sussiste sempre... è colui che d'un Dio ha fatto un uomo... il matto siete voi!... Ad ognuna delle mie frasi, il medico dava uno sbalzo, e i suoi occhi mi fulminavano.
- Voi avete bisogno d'un salasso... non vi dico altro... i vostri occhi sono iniettati di sangue, la vostra ragione vacilla... la vostra vita è in pericolo....
- Andate al diavolo... voi... i vostri salassi... e la vostra pazzia!.. ma lasciate dunque vivere e morire in pace la gente, abbiate un po' di rispetto per l'umanità sofferente che vi serve di zimbello. Risanate voi stesso della vostra mania, della vostra presunzione, che vi spinge a credere di dar vita alle12 vostre vittime. Voi non siete che un flagello sociale, la malattia delle malattie, il tiranno della natura... che vi rinnega. Vero tiranno in carne ed ossa, coll'eroismo di meno, e il ridicolo di più!... Un povero tiranno in caricatura, coi solini inamidati, il cappello a cilindro, i ciondoli dell'orologio che battono sulla pancia l'ora perpetua della dabbenaggine! Un vero matto che intende guarire i matti felici, ed è più matto di loro... mille volte più matto di tutti!...
La balena aveva dato il suo balzo alla superficie.
Il dottore, barcollante come un naviglio che sta per affondare, mi faceva veramente pietà. Lo piantai sulla strada, in quella posizione disastrosa, e ritornando sui miei passi rientrai in casa; dissi alla Rosa che un urgente affare mi obbligava a partire sul momento, che non sapevo quando sarei ritornato, e camminando rapidamente, per non rispondere alle sue inquiete interrogazioni, sempre in preda d'una grande esaltazione, mi misi a correre pel villaggio, seguito dal cane, e presi un sentiero che s'inerpicava sui monti.
Gli uomini m'erano venuti in uggia, le donne in odio, la società mi faceva paura, io correva in cima alle Alpi colla speranza di trovare una tribù d'orsi fra i quali potessi eleggere domicilio, e vivere in pace e libertà. Il silenzio e la solitudine delle montagne erano i soli farmachi convenienti ai miei mali. L'Alpe è opportuna a tutte le vittime umane, ai rejetti ed ai profughi, ai derelitti che piangono, agli innamorati nell'abbandono, che cercano delle scene corrispondenti all'immensità dei loro dolori. Lo spettacolo che presentano i secoli accumulati davanti i grandi fenomeni geologici rende più tollerabile ogni affanno mortale, i disinganni della politica, dell'ambizione, dell'amore, l'ingratitudine della patria e dell'innamorata. In cima delle montagne anche i molluschi diventano fossili, il tempo e l'alito delle ghiacciaie possono forse pietrificare anche il cuore. Così pensando io vagava per le cime deserte, cercando la mia tribù degli orsi per diventare selvaggio. Non trovai che pastori, i quali, pascolando gli armenti come gli antichi patriarchi, viveano in solitudine e in contemplazione davanti le opere più sublimi della natura. Mi sedetti con loro, guardando in silenzio l'orizzonte lontano che si perdeva nella nebbia, e si confondeva col cielo. La natura parla un linguaggio che calma l'anima esagitata, e consola gl'infelici con sublimi ispirazioni.
L'acre sentore delle piante alpine sembra assopire i dolori morali, come i loro succhi sanano le ferite.
Vagai lungamente in quei deserti col mio povero Bitto, riposandomi all'ombra aromatica dei boschi, dormendo sulle foglie secche, assopito dal suono monotono delle cascate, risvegliato dal fischio acuto degli uccelli di rapina, cibandomi di latte e pane inferigno nelle capanne dei pastori. Ma l'uomo non è fatto per vivere lungamente ramingando nella solitudine; la società lo reclama, il suo destino lo condanna a lottare co' suoi simili, ad impiegare le sue forze per il bene comune. Tali saggie riflessioni mi vennero suggerite dalla cura debilitante del latte, che raccomando caldamente a tutti i giovani innamorati senza speranze.
Ritornai a casa, sfinito dalla fatica e dalla fame; gli innamorati che hanno perduto l'appetito possono tentare una salita sul Monviso o sul Monte Rosa con molta probabilità di riacquistarlo.
Appena rientrato in casa, la fantesca mi disse che il farmacista, venuto per parlarmi, era ritornato più volte per sapere se fossi di ritorno, mostrando gran bisogno di vedermi il più presto possibile, e dichiarando che mi aspettava con impazienza.
Ma io mi trovava nell'assoluta necessità di rimettere le forze esauste con qualche alimento sostanzioso: ordinai alla Rosa di farmi da pranzo, e rimisi ad altro momento la visita alla farmacia. Dopo pranzo sentii il bisogno d'un liquido corroborante, che in casa mi faceva difetto, e andai a cercarlo dove sapevo che i bevitori più intelligenti del paese lo trovavano eccellente. Mi rammentavo benissimo che anche a Como avevo trovato un valido conforto ai miei affanni amorosi nel fondo d'una bottiglia; e volli ritentarne la prova.
Aprendo la porta dell'oscura osteria, i fumi del vino e del tabacco mi resero esitante, e sarei retrocesso se la voce rauca d'Uguccione Della Fagiuola non avesse pronunciato il mio nome con accento di sorpresa.
- Oh!... oh!... avanti, avanti, caro maestro... non abbia paura.... il dottore non è qui.... egli sfugge questi luoghi tenebrosi.... venga avanti, l'asilo è sicuro....
Io entrai, ordinai all'oste il vino migliore, e mi sedetti sorridendo tranquillamente, come un idiota che non capisce nulla di quanto gli succede dintorno.
- Via da bravo, non faccia il gnorri.... tutti abbiamo cara la nostra pelle....
- Ma di che cosa si tratta? - io chiesi.
- Ah! vuol fare proprio il misterioso! ma è troppo tardi, caro lei! tutto il villaggio sa che ella ha insultato il dottore.... poi è fuggito, per paura di un duello!...
E giù tutti d'accordo con una nuova risata.
Allora compresi finalmente l'enigma, balzai in piedi d'un tratto, diedi un pugno sul tavolo, e dissi, con volto risoluto:
- Se il dottore è offeso delle mie parole, sono pronto a dargli qualunque soddisfazione. Io non sono mai fuggito in veruna occasione, perchè non ho paura di nessuno, e ne sia prova che dichiaro vile chi sostiene il contrario, pronto subito a battermi con qualunque arma, fosse anche il coltello. Invito a levarsi in piedi chi non mi crede!...
Tutti rimasero seduti e in silenzio. Allora io narrai semplicemente la mia diatriba col medico, dissi che lo credevo abbastanza punito del suo fallo dalle mie parole, che ero andato a fare un'escursione sui monti, ignorando il resto; che se il dottore non era contento, io era disposto a fare a piacer suo quanto fosse possibile per soddisfarlo.
Allora pensando alle visite reiterate del farmacista, sospettai che avessero qualche rapporto col fatto, e pregai l'organista a seguirmi per avere le prove delle mie asserzioni.
Egli si rifiutava, ma io insistetti, e dopo d'aver bevuto un bicchiere di vino, ci recammo insieme alla farmacia. Il farmacista ci raccontò come era passata la storia. Dapprima il dottore credeva ch'io vaneggiassi, e supponendomi minacciato di congestione cerebrale mi propose un salasso; ma poi, ferito sul vivo dalle mie risposte impertinenti, se n'era offeso altamente, ed esitava sul partito da prendersi.... in questo punto la balena lo aveva colpito, e andò a naufragare in farmacia.
- È entrato barellando come un briaco!... - diceva il farmacista, - ed è caduto su questa sedia con tale precipitazione, che l'ho creduto colpito d'apoplessia. Gli portai subito dell'acqua fresca, volevo bagnargli la fronte, egli me lo impedì, e tutto ansante mi raccontò le vostre invettive.... a dire il13 vero un po' troppo vivaci!... Poi, - continuò il farmacista, - mi chiese consiglio sulla condotta da tenersi. Cercai di calmarlo, gli dissi che siete un giovane dabbene, alquanto strano di carattere, ma onesto nel fondo, ch'io non dubitavo punto che ogni cosa si sarebbe accomodata senza scandali nè rancori. Egli si mostrava inquieto, agitato e ripeteva:
- È un cervello balzano!... è stata una vera provocazione!... Chi sa! Avrà forse bisogno di fare una prodezza, e mi ha scelto come capro espiatorio....
Questa idea dì capro espiatorio mi ha fatto sorridere; il farmacista abbassò gli occhi, e continuò:
- Esso ha forse sete del mio sangue! - egli esclamava, - il duello è divenuta una mania del giorno, un atto indispensabile per la gioventù alla moda.... questi giovinotti milanesi se ne fanno una necessità, guai a colui che non ha da vantare una simile fanfaronata!... È certo ch'io diventerò il suo trofeo, la vittima della sua ambizione.... io sarò assassinato!!... - Aveva gli occhi stravolti, i lineamenti alterati, la faccia accesa e il sudore gli grondava dalla fronte a goccioloni.
Per tranquillarlo mi incaricai di mettermi di mezzo, e terminare ogni cosa senza lesione d'onore e senza disgrazie....
- Andate, andate, - egli mi diceva, - cercatelo in casa, procurate di raggiungerlo prima che nascano ciarle, pettegolezzi, complicazioni.... è un esaltato, procurate di abbonirlo.... chiedetegli una ritrattazione semplice.... dichiari ch'io non sono matto.... che non ha inteso di offendermi.... non domando altro che di salvare il decoro.... che mi rispetti, ecco tutto.... tutti abbiamo il diritto d'essere rispettati.... non gli domando altro.... andate.... andate subito.
Corsi a casa vostra, e la Rosa mi disse che siete rientrato per un solo momento, molto agitato, inquieto, annunziandole un viaggio repentino.... impreveduto.... e che vi siete posto a correre, senza nemmeno prendere un sacco da notte.... e non sapeva quando sareste di ritorno. Tornai più volte per vedere se foste rientrato; ma essa mi ripeteva le stesse cose, aggiungendo ogni volta qualche nuova espressione d'inquietudine, di dubbio, sulla vostra precipitosa partenza, senza indicare nè il tempo dell'assenza, nè il luogo.... infatti, a dire il vero, le parole della vostra fantesca indicavano piuttosto una fuga che un viaggio, ed io era costretto di riferire l'avvenuto.
Alla prima ricerca il dottore rimase inquieto e mi spinse a cercarvi con maggior attenzione; alla seconda, ed alla terza volta il suo ardire si andava rialzando, e quando gli comunicai i miei sospetti sulla vostra fuga, e le precise parole della fantesca, allora ricominciò ad alzare la testa, a parlarmi con gravità magistrale, aggiustandosi il solino, rilevandosi il ciuffo, mettendo i pollici nello sparato delle maniche del vestito, gettando indietro il soprabito, soffiando lentamente dalle labbra strette, e pensando fra sè stesso se poteva arrischiarsi a proclamare la sua indignazione. Finalmente, avvicinandomisi con aria misteriosa, ed urtandomi il petto col gomito, mi disse:
- È fuggito!... fuggito... che cosa ne pensate voi? - soggiunse.
- Veramente, - gli risposi, - tutto lascia supporre che sia fuggito!...
- È fuggito, - egli ripeteva, alzando sempre più la voce, - è fuggito dalla mia giusta indignazione.... mi ero ingannato nel giudicarlo, esso è tutt'altro che un rodomonte.... esso è un vero vigliacco!... un insolente di cattiva lega, che vi getta in faccia l'oltraggio, e poi si nasconde; ma le cose non possono passare così.... non si offende impunemente il dottore Marco Canziani.... Il signor maestro Daniele Carletti mi ha offeso, esso intendeva evidentemente colle sue parole di macchiare il mio onore, e di nuocere alla mia riputazione.... io lo sfido all'ultimo sangue.... voi siete il mio primo testimonio, trovatene un secondo, stendete un processo verbale, e constatate il fatto vergognoso e disonorante pel mio avversario, che abbandonando il terreno, è fuggito vilmente, rendendosi indegno di qualunque ulteriore giustificazione....
- Vi ha detto proprio così?... - io chiesi al farmacista.
- Precisamente!... le stesse parole, aggiungendone delle altre. Eccoli, - egli diceva, - eccoli questi giovanotti, che portano la testa alta, che fanno i sacripanti coi timidi e i tapini, eccoli come si mostrano davanti chi sente la propria dignità, davanti chi non tollera ingiurie, ed alza la testa.... fuggono come tanti conigli! Caro Gaspare, voi siete stato presente alla mia sfida ed alla sua fuga, non ci rimane altro da fare che il processo verbale, nel quale dovete constatare esattamente i fatti, autenticandone le firme. Vi prego di farne varie copie.... a tutte mie spese; e vi raccomando la verità, - cioè la mia sfida ad oltranza, e la fuga precipitosa dell'avversario e basta così. Ora, come vedete, tutto è finito; il mondo pronunzierà la sentenza!...
E lasciandomi tale incarico, se ne andò, tutto gonfio e pettoruto, a fare un giro pel villaggio, raccontando a tutti, con un sogghigno malizioso, la provocazione, la sua risposta, e la vostra fuga.... e conchiudeva sempre alzando la mano, movendola rapidamente; e dicendo: - scomparso, fuggitivo, d'ignota dimora.... corre.... corre.... e non si volta nemmeno indietro. Tutto il villaggio ne fece le più grasse risate....
La condotta del medico aveva reso impossibile ogni accomodamento, ed io dichiarai immediatamente14 che una soddisfazione all'onore era divenuta indispensabile. Io non era nè un insolente, nè uno spadaccino, nè un vigliacco; io aveva una mia opinione, e la sosteneva; io dichiarava, che dato un uomo che crede essere un Dio, è pazzo colui che gli toglie una così beata illusione; io dichiarava stimare malefica la medicina che disinganna un uomo felice, dichiarava imbecille colui che sostiene il contrario. In quanto alla pretesa mia fuga, essa non era stata realmente che un'escursione sui monti durante due giorni di vacanza, ed ero rientrato nel villaggio ignorando le ciarle del dottore e le sue ricerche. Che egli alla sua volta aveva offeso gravemente il mio onore, il solo bene ch'io possedevo, e intendendo di conservarlo con ogni scrupolo, accettavo la sua sfida all'ultimo sangue, deciso di mostrargli che si è completamente ingannato sul mio conto, ch'io facevo pochissimo caso della vita, ed offrivo il mio sangue, per sostenere la mia onesta riputazione.
Pregai l'organista Tobia di volermi servire di padrino, e gli diedi l'incarico di riferire esattamente tali dichiarazioni al dottore, lasciandogli la scelta delle armi, a patto che stesse ferma la sfida all'ultimo sangue.
Il farmacista si unì a Tobia, e così Ugolino Gonzaga ed Uguccione Della Fagiuola si presentarono a Lucchino Visconti.