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Cap. 14
Alfonso, ed i Compagni si legano co i Voti semplici
Religiosi, e col Giuramento di Stabilità in Congregazione.
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Fin' ora erasi vivuto
in Congregazione senza legame, che obbligato avesse i soggetti a virtù
Monastica; ma siccome la natura a poco a poco modifica, e perfeziona i suoi
prodotti, così Alfonso disponeva anch'esso i suoi Congregati ad una vita più
santa, e più perfetta.
Benchè da tutti fin'
ora si fosse vivuto, come dissi, collo spirito di povertà, e di una cieca
ubbidienza, e non vi fosse tra soggetti nè mio, nè tuo, nè quella libertà, che
lusingando le passioni, schiavi ci rende di noi medesimi, tuttavolta non ci era
alcun legame, che obbligato avesse a non vivere altrimenti.
Tutto era libero, e
spontaneo; ma perchè lo spirito nelle case Religiose, anzicchè crescere, di
ordinario manca, Alfonso volendo formare, come proposto si aveva, una comunità
Apostolica e tutta santa, spesso spesso metteva in veduta de' suoi il maggior
merito, che presso Dio si acquista, quando con voto se li dedica la propria
volontà, e spogliati ci vediamo di ogni cosa terrena.
"Iddio, diceva, si compiace più, se ciò che spontaneamente si pratica,
offerto gli sia con una volontà, che ritrattar non si possa. Un frutto
regalato, soleva anche dire, è gradito; ma se col frutto vien donata la pianta,
molto più aggrada: senza il voto si dà a Dio il frutto, ma non la pianta: col
voto si dà la pianta insieme col frutto".
Compiangendo
l'instabilità di tanti, che o per affetto ai Parenti, o per amore alla propria
libertà, vedevansi voltar le spalle alla Congregazione, e far ritorno al
secolo, non mancava insinuare quanto sarebbe grato a Dio, se con voto e
giuramento di stabilità ognuno legato si fosse - 134 -
con Dio, e con la congregazione. "Il
giuramento, diceva, è in mano del Congregato, come uno scudo contro del
Demonio, che mette in salvo la propria incostanza, e fermo lo rende nella
vocazione, e nel servizio di Dio.
Similmente, che il
giuramento è, come un ancora, che benchè si vegga la nave combattuta da venti,
così fermata sta salda in Porto, nè teme danno. Questi erano, per esser a capo de'
suoi disegni, i ripetuti discorsi in privato, e nelle comuni conferenze.
Tra gli altri, come ho
detto, ci erano in Congregazione i Padri Sportelli, Mazzini, Sarnelli, Rossi,
Villani, e Cafora. Questi, che considerar si debbono, perchè di un merito tutto
distinto, come tante basi della nascente Congregazione, anzicchè essere animati
da Alfonso, invogliavano essi gli altri ad un tale Sacrificio, e violentavano
Alfonso a volersi effettuare.
Tutti erano disposti;
ma l'ultima spinta, specialmente pel voto, e giuramento di Stabilità, fu
l'incostanza del P. D. Carlo Majorino della Terra di Saragnano, in Diocesi di
Salerno.
Era un degno Operario
il Majorino, uomo di gran virtù, e molto interessato per le Anime. Essendoli
insorta nel cuore tenerezza non ordinata verso i parenti, un giorno in atto
dell'Orazione vespertina, non avendo coraggio di far petto alla tentazione, con
amarezza di tutti, e senza farne parola ad Alfonso, cedette il posto, e fe
ritorno a casa sua.
Avendo conosciuto, ma
non emendato il fallo, così scrisse ad Alfonso: "Padre mio, condanno la
mia instabilità, e l'attacco ai miei; ma siccome ho sempre predicato, così
predico, e sarò per decantar sempre le grandi Virtù, e i rari esempj, che in
tutti ho ammirato. Felici Voi! piango, e farò per piangere la mia disgrazia; e
chi non v'invidia, dimostra o non conoscer Dio, o aver poco senno". Questa
instabilità in un Soggetto così esemplare, qual' era il Majorini, siccome
addolorò tutti, così animò ognuno a fare a Dio il meditato Sacrificio.
Si stabilì rispetto
alla Povertà, che ognuno ritenendo la proprietà de' beni, rinunciar dovesse
all'uso de' frutti, e lasciar questi, o in mano de' Parenti, o volendo, e
quelli non fossero bisognosi, si dovessero, senza aversene verun dominio,
esibire ai rispettivi Superiori. Con ciò, se non potette dare Alfonso
totalmente alla radice, come voleva nella Città di Scala il Dottor Tosquez,
troncò per lo meno all'umana cupidigia que' rami, che infrascar potevano il
cuore, e far divisione tra l'uomo e Dio.
Con questo Voto andò
incontro anche a quella passione, e così pessima, che ha ognuno di farsi grande
per picciolo che sia: voglio dire con potersi procacciare qualunque dignità
ecclesiastica, o altro posto sublime. Volle, che ognuno in virtù di tal Voto,
si dovesse obbligare a non poter - 135 -
pretendere direttamente, o indirettamente qualunque dignità, officio, o
beneficio fuori di Congregazione; ed offertoli, quando non si vedesse obbligato
con formale precetto del Papa, o del Rettore Maggiore, esser tenuto a
rifiutarlo.
In questo ebbe di mira,
specialmente se stesso, e così troncare ai suoi qualunque speranza si avesse di
vederlo innalzato un giorno a qualche dignità ecclesiastica.
Ebbe anche a cuore
Alfonso con questo Voto il mettere in orrore tra Congregati quel freddo mio, e
tuo, unico ostacolo, che tra Religiosi raffredda la Carità cristiana. Voleva,
che i suoi fossero stati un cuore ed un Anima; e che tolto di mezzo qualunque
interesse, picciolo che fosse, ravvivata si vedesse tra' medesimi l'antica Carità
de' primi Fedeli.
Prescrisse, che vivuto
si fosse perfettamente in comune, senza distinzione di merito, o di grado, per
così unirsi tutti strettamente con Dio, e stringersi tra di loro con un amore
totalmente disinteressato.
Tolto di mezzo
l'interesse, e la cupidigia umana, sopratutto ebbe a cuore Alfonso unire in uno
col voto di ubbidienza la volontà di tutti, nella sola volontà de' Superiori.
In senso suo questa sola virtù è quella, che costituisce lo stato Religioso, e
mantiene la pace ne' Chiostri: "ove manca l'ubbidienza, soleva spesso
ripetere, e la subordinazione, non può viversi da vero Religioso; e quello,
ch'è Paradiso di concordia, addiviene Inferno di disparerj. Insinuò, e volle,
che il volere di tutti esser doveva il solo volere de' Superiori, e che in
Congregazione non ci fossero state nè repliche, nè scuse.
Esigette ancora una
specificata volontà di esser pronto ognuno a volersi sacrificare in ajuto di
quelle Anime, che ne' villaggi, e ne' luoghi disastrosi vivono disperse, ed
abbandonate, e di esser pronto a portarsi, ove da Superiori venisse destinato.
Avendo di mira i tanti
poveri Infedeli, che marciscono nell'idolatria, o che vivono ostinati in altri
errori, volle che dovessero i Soggetti, pervenuti all'età di trent'anni, far
voto di portarsi alle Missioni degl'Infedeli, quando venisse loro imposto dal
Sommo Pontefice, o dal Rettore Maggiore.
Stabilì finalmente ed
ottenne da tutti, che fatto il Noviziato, ognuno far dovesse voto, e giuramento
di vivere, e morire in Congregazione, e non chiederne dispenza, essendoci
ragionevol cosa in contrario, che al Sommo Pontefice, o al Padre Rettore
Maggiore: così, per l'opposto, essere in libertà di questo mandar via di
Congregazione que' Soggetti, che non fossero di edificazione.
"La vita Apostolica, di già abbracciata, diceva Alfonso, se vogliamo
dirlo, propriamente consiste nel dare un addio solenne alla propria casa, senza
più rivedere nè patria, nè parenti, e che ove domina la carne, ed il sangue,
non ci - 136 -
può essere nè
amore verso Dio, nè zelo per le Anime. Dobbiamo darci a Dio, anche dir soleva,
ma con una volontà risoluta di mai più lasciare di seguitarlo: Non si può dire
atto pel Regno di Dio, chi avendo posto mano all'aratro, si arbitra in cuor suo
riguardar indietro, e voltar dispoticamente le spalle a Dio, ed alla
Congregazione".
Dubitando sempre
Alfonso de' proprj lumi, anche in questo, oltre l'essersi raccomandato a Dio,
non lasciò chiederne consiglio a persone savie, specialmente al suo Direttore
Monsignor Falcoja. Tutti furono di accordo con esso, e fu determinato, per
compiacersi il P. Sportelli, di farsi questo grand'atto nel giorno di S. Maria
Maddalena Penitente, di cui lo Sportelli era estremamente divoto.
Prima non però, che i soggetti presentati si fossero all'Altare dell'olocausto,
volle Alfonso, che tutti per tre giorni continui trattenuti si fossero in
totale ritiro, e rigoroso silenzio. In questi tre giorni sembravano anche i
nostri investiti tutti di amor divino, ed altro non ispiravano, che odio santo
verso se stessi, abbominio al Mondo, ed amore verso Dio.
La mattina de' 22. Luglio, giorno com'è noto, dedicato
alla santa Penitente, essendosi tutti radunati nel picciolo Oratorio, che
avevasi in Casa, Alfonso premessa una fervente esortazione, ed invocata l'assistenza
dello Spirito Santo, implorando ancora il Patrocinio della Santa, che elessero
Protettrice della Congregazione, ognuno professò a Dio Povertà, Castità,
Ubbidienza, e Perseveranza. Perchè non vi era conferma apostolica per la
Congregazione, e non avendo Alfonso una canonica caratteristica di superiorità,
intesero tutti fare i Voti, e 'l Giuramento di Perseveranza in mano di Monsig.
Falcoja, come Vescovo, e come Persona interessata per la Congregazione.
Mancò in quest'atto il solo P. Sarnelli, perchè ritrovavasi impiegato in Napoli
presso l'Eminentissimo Spinelli. Comune fu l'allegrezza; ed Alfonso renduto a
Dio i dovuti ringraziamenti, ed animando tutti ad esser fedeli nella grazia
della vocazione, se subito ritorno nella Barra unito col P. Villani.
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