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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • LIBRO II
    • Cap. 14 Alfonso, ed i Compagni si legano co i Voti semplici Religiosi, e col Giuramento di Stabilità in Congregazione.
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Cap. 14

Alfonso, ed i Compagni si legano co i Voti semplici Religiosi, e col Giuramento di Stabilità in Congregazione.

 


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Fin' ora erasi vivuto in Congregazione senza legame, che obbligato avesse i soggetti a virtù Monastica; ma siccome la natura a poco a poco modifica, e perfeziona i suoi prodotti, così Alfonso disponeva anch'esso i suoi Congregati ad una vita più santa, e più perfetta.

Benchè da tutti fin' ora si fosse vivuto, come dissi, collo spirito di povertà, e di una cieca ubbidienza, e non vi fosse tra soggetti mio, tuo, quella libertà, che lusingando le passioni, schiavi ci rende di noi medesimi, tuttavolta non ci era alcun legame, che obbligato avesse a non vivere altrimenti.

Tutto era libero, e spontaneo; ma perchè lo spirito nelle case Religiose, anzicchè crescere, di ordinario manca, Alfonso volendo formare, come proposto si aveva, una comunità Apostolica e tutta santa, spesso spesso metteva in veduta de' suoi il maggior merito, che presso Dio si acquista, quando con voto se li dedica la propria volontà, e spogliati ci vediamo di ogni cosa terrena.
"Iddio, diceva, si compiace più, se ciò che spontaneamente si pratica, offerto gli sia con una volontà, che ritrattar non si possa. Un frutto regalato, soleva anche dire, è gradito; ma se col frutto vien donata la pianta, molto più aggrada: senza il voto si a Dio il frutto, ma non la pianta: col voto si la pianta insieme col frutto".

 

Compiangendo l'instabilità di tanti, che o per affetto ai Parenti, o per amore alla propria libertà, vedevansi voltar le spalle alla Congregazione, e far ritorno al secolo, non mancava insinuare quanto sarebbe grato a Dio, se con voto e giuramento di stabilità ognuno legato si fosse


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con Dio, e con la congregazione. "Il giuramento, diceva, è in mano del Congregato, come uno scudo contro del Demonio, che mette in salvo la propria incostanza, e fermo lo rende nella vocazione, e nel servizio di Dio.

Similmente, che il giuramento è, come un ancora, che benchè si vegga la nave combattuta da venti, così fermata sta salda in Porto, teme danno. Questi erano, per esser a capo de' suoi disegni, i ripetuti discorsi in privato, e nelle comuni conferenze.

 

Tra gli altri, come ho detto, ci erano in Congregazione i Padri Sportelli, Mazzini, Sarnelli, Rossi, Villani, e Cafora. Questi, che considerar si debbono, perchè di un merito tutto distinto, come tante basi della nascente Congregazione, anzicchè essere animati da Alfonso, invogliavano essi gli altri ad un tale Sacrificio, e violentavano Alfonso a volersi effettuare.

Tutti erano disposti; ma l'ultima spinta, specialmente pel voto, e giuramento di Stabilità, fu l'incostanza del P. D. Carlo Majorino della Terra di Saragnano, in Diocesi di Salerno.

Era un degno Operario il Majorino, uomo di gran virtù, e molto interessato per le Anime. Essendoli insorta nel cuore tenerezza non ordinata verso i parenti, un giorno in atto dell'Orazione vespertina, non avendo coraggio di far petto alla tentazione, con amarezza di tutti, e senza farne parola ad Alfonso, cedette il posto, e fe ritorno a casa sua.

Avendo conosciuto, ma non emendato il fallo, così scrisse ad Alfonso: "Padre mio, condanno la mia instabilità, e l'attacco ai miei; ma siccome ho sempre predicato, così predico, e sarò per decantar sempre le grandi Virtù, e i rari esempj, che in tutti ho ammirato. Felici Voi! piango, e farò per piangere la mia disgrazia; e chi non v'invidia, dimostra o non conoscer Dio, o aver poco senno". Questa instabilità in un Soggetto così esemplare, qual' era il Majorini, siccome addolorò tutti, così animò ognuno a fare a Dio il meditato Sacrificio.

 

Si stabilì rispetto alla Povertà, che ognuno ritenendo la proprietà de' beni, rinunciar dovesse all'uso de' frutti, e lasciar questi, o in mano de' Parenti, o volendo, e quelli non fossero bisognosi, si dovessero, senza aversene verun dominio, esibire ai rispettivi Superiori. Con ciò, se non potette dare Alfonso totalmente alla radice, come voleva nella Città di Scala il Dottor Tosquez, troncò per lo meno all'umana cupidigia que' rami, che infrascar potevano il cuore, e far divisione tra l'uomo e Dio.

 

Con questo Voto andò incontro anche a quella passione, e così pessima, che ha ognuno di farsi grande per picciolo che sia: voglio dire con potersi procacciare qualunque dignità ecclesiastica, o altro posto sublime. Volle, che ognuno in virtù di tal Voto, si dovesse obbligare a non poter


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pretendere direttamente, o indirettamente qualunque dignità, officio, o beneficio fuori di Congregazione; ed offertoli, quando non si vedesse obbligato con formale precetto del Papa, o del Rettore Maggiore, esser tenuto a rifiutarlo.

In questo ebbe di mira, specialmente se stesso, e così troncare ai suoi qualunque speranza si avesse di vederlo innalzato un giorno a qualche dignità ecclesiastica.

 

Ebbe anche a cuore Alfonso con questo Voto il mettere in orrore tra Congregati quel freddo mio, e tuo, unico ostacolo, che tra Religiosi raffredda la Carità cristiana. Voleva, che i suoi fossero stati un cuore ed un Anima; e che tolto di mezzo qualunque interesse, picciolo che fosse, ravvivata si vedesse tra' medesimi l'antica Carità de' primi Fedeli.

Prescrisse, che vivuto si fosse perfettamente in comune, senza distinzione di merito, o di grado, per così unirsi tutti strettamente con Dio, e stringersi tra di loro con un amore totalmente disinteressato.

 

Tolto di mezzo l'interesse, e la cupidigia umana, sopratutto ebbe a cuore Alfonso unire in uno col voto di ubbidienza la volontà di tutti, nella sola volontà de' Superiori. In senso suo questa sola virtù è quella, che costituisce lo stato Religioso, e mantiene la pace ne' Chiostri: "ove manca l'ubbidienza, soleva spesso ripetere, e la subordinazione, non può viversi da vero Religioso; e quello, ch'è Paradiso di concordia, addiviene Inferno di disparerj. Insinuò, e volle, che il volere di tutti esser doveva il solo volere de' Superiori, e che in Congregazione non ci fossero state repliche, scuse.

 

Esigette ancora una specificata volontà di esser pronto ognuno a volersi sacrificare in ajuto di quelle Anime, che ne' villaggi, e ne' luoghi disastrosi vivono disperse, ed abbandonate, e di esser pronto a portarsi, ove da Superiori venisse destinato.

 

Avendo di mira i tanti poveri Infedeli, che marciscono nell'idolatria, o che vivono ostinati in altri errori, volle che dovessero i Soggetti, pervenuti all'età di trent'anni, far voto di portarsi alle Missioni degl'Infedeli, quando venisse loro imposto dal Sommo Pontefice, o dal Rettore Maggiore.

 

Stabilì finalmente ed ottenne da tutti, che fatto il Noviziato, ognuno far dovesse voto, e giuramento di vivere, e morire in Congregazione, e non chiederne dispenza, essendoci ragionevol cosa in contrario, che al Sommo Pontefice, o al Padre Rettore Maggiore: così, per l'opposto, essere in libertà di questo mandar via di Congregazione que' Soggetti, che non fossero di edificazione.
"La vita Apostolica, di già abbracciata, diceva Alfonso, se vogliamo dirlo, propriamente consiste nel dare un addio solenne alla propria casa, senza più rivedere patria, parenti, e che ove domina la carne, ed il sangue, non ci


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può essere amore verso Dio, zelo per le Anime. Dobbiamo darci a Dio, anche dir soleva, ma con una volontà risoluta di mai più lasciare di seguitarlo: Non si può dire atto pel Regno di Dio, chi avendo posto mano all'aratro, si arbitra in cuor suo riguardar indietro, e voltar dispoticamente le spalle a Dio, ed alla Congregazione".

 

Dubitando sempre Alfonso de' proprj lumi, anche in questo, oltre l'essersi raccomandato a Dio, non lasciò chiederne consiglio a persone savie, specialmente al suo Direttore Monsignor Falcoja. Tutti furono di accordo con esso, e fu determinato, per compiacersi il P. Sportelli, di farsi questo grand'atto nel giorno di S. Maria Maddalena Penitente, di cui lo Sportelli era estremamente divoto.
Prima non però, che i soggetti presentati si fossero all'Altare dell'olocausto, volle Alfonso, che tutti per tre giorni continui trattenuti si fossero in totale ritiro, e rigoroso silenzio. In questi tre giorni sembravano anche i nostri investiti tutti di amor divino, ed altro non ispiravano, che odio santo verso se stessi, abbominio al Mondo, ed amore verso Dio.

 

La mattina de' 22. Luglio, giorno com'è noto, dedicato alla santa Penitente, essendosi tutti radunati nel picciolo Oratorio, che avevasi in Casa, Alfonso premessa una fervente esortazione, ed invocata l'assistenza dello Spirito Santo, implorando ancora il Patrocinio della Santa, che elessero Protettrice della Congregazione, ognuno professò a Dio Povertà, Castità, Ubbidienza, e Perseveranza. Perchè non vi era conferma apostolica per la Congregazione, e non avendo Alfonso una canonica caratteristica di superiorità, intesero tutti fare i Voti, e 'l Giuramento di Perseveranza in mano di Monsig. Falcoja, come Vescovo, e come Persona interessata per la Congregazione.
Mancò in quest'atto il solo P. Sarnelli, perchè ritrovavasi impiegato in Napoli presso l'Eminentissimo Spinelli. Comune fu l'allegrezza; ed Alfonso renduto a Dio i dovuti ringraziamenti, ed animando tutti ad esser fedeli nella grazia della vocazione, se subito ritorno nella Barra unito col P. Villani.




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