Edmondo De Amicis: Raccolta di opere
Edmondo De Amicis
Fra scuola e casa

LA SCUOLA IN CASA

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

LA SCUOLA IN CASA

 

C'è nella nostra società, da un po' di tempo, una nuova forma di vita domestica, e quasi una specie nuova di famiglia borghese, della quale sono il tipo i miei vicini di pianerottolo. È la famiglia invasa dalla scuola, dominata, soffocata dal ministero dell'istruzione pubblica, convertita in un istituto scientifico-letterario, nel quale il padre e la madre son ridotti a non far altro ufficio che di bidelli. Il buon capo di casa, onesto industriale, che fa quattrini a palate, e la sua buona signora, figliuola d'un ricco fabbricante di sete, hanno tre femmine e tre maschi, sei visi tondi e biondi, che si scolorano e si aguzzano tutti gli anni, dai primi di giugno a mezzo luglio, sotto l'oppressione degli esami, per tornar pieni e rosati in fin d'ottobre ad affrontar nuovi programmi scolastici e nuovi frontespizi di professori, i quali li faranno dimagrare e ingiallire come l'anno avanti, nello stesso giro di tempo. La ragazza più grande, diciannovenne appassionata del greco e del professore Graf, fa il primo corso di lettere all'Università, dove ha innamorato due studenti e un uditore; la seconda è al terzo corso della Scuola professionale, in cui c'è una maestra maligna che l'ha presa in disgrazia, e la più piccola, alla quarta elementare, nelle scuole municipali della sezione Sclopis, nella quale ha una rivale letteraria che le ruba la pace. Il figliuol maggiore studia legge, ed è il cruccio del padre perchè non ha voglia di far nulla; il secondo fa la seconda del Liceo, e amareggia la vita alla mamma perchè s'ammazza a studiare; il minore va alla Scuola tecnica, dove si danna l'anima per il disegno, a cui non è nato, e per cui s'affliggono, di riverbero, l'uno e l'altro parente. Due cameriere e un servitore, che hanno presa mezza la giornata dal servizio d'accompagnamento, portano in tasca gli orari di tre istituti diversi, donde cavan materia di chiacchiere e di pettegolezzi infiniti, poichè conoscono oramai nome, connotati e miracoli di ogni singolo membro di tutti e tre i corpi insegnanti. In casa è un continuo arrivare e partire, un aprire e chiuder continuo di zaini, d'assicelle e di tele cerate, un perpetuo rimescolìo d'oggetti di cancelleria, da parerci la bottega d'un libraio scolastico la mattina d'un giorno d'esame; e si sentono delle bizzarre conversazioni tra le persone di servizio: — Esci a quest'ora? — Sì, c'è il greco. — Bada che oggi non c'è lezione dei diritti e doveri. — Hai l'esame di matematica questa mattina? — No, esco prima perchè c'è da comperare un maledetto doppio decimetro, per il principino, e un compasso, che lo pigli il malanno.

Ma l'ora più tempestosa è quella del lavoro, la sera, prima di desinare. Ciascuno si scervella nella camera propria, e da tutte e sei le camere, che danno in un corridoio, s'odono esclamazioni di lottatori alle prese con le traduzioni e coi problemi, frammenti di soliloqui filosofici, formule chimiche, aoristi, date storiche, frasi d'antologia, sospironi, scricchiolii di seggiole scosse da moti d'impazienza, e tuffatine rabbiose di penne metalliche nei calamai sempre asciutti. E il campanello suona ogni cinque minuti. Entra il ripetitore di greco, arriva un povero diavolo del Valentino che lezioni straordinarie di trigonometria, viene una maestrina bisognosa a imbeccare il compito alla figliuola piccina, e s'intoppano per il corridoio studenti e studentesse, che galoppano da una camera all'altra ad aiutarsi a vicenda, a scambiarsi dizionari, trattati, testi di traduzione clandestini, e carta asciugante. Qualche volta s'affaccia alla camera della signorina più grande la cameriera più giovane che frequenta le scuole festive, a domandare il tempo d'un verbo per la composizione di dopodomani; e i servitori, passando in punta di piedi, si soffermano agli usci ad ascoltare le strane cose dette dalle voci gravi dei professori e dalle voci incerte degli scolari. —.... Del dialetto dorico, parlato nella Tessaglia, nella Beozia.... i frammenti d'Alceo, di Saffo, di Corinna.... — At Romae Lentulus, cum cœteris, qui principes coniurationis erant.... — Badi bene, signorina: abbiamo detto che il primo treno parte alle 4.55 e percorre 48 chilometri l'ora: se quello che lo deve raggiungere.... — Poi i ripetitori, l'un dopo l'altro, escono, interpellati nell'anticamera dal padre e dalla madre, ai quali, a voce bassa, recitano ciascuno il suo discorsetto, pieno di lodi misurate con arte fina, che li lascia racconsolati, ma persuasi profondamente che, a voler che i ragazzi profittino davvero, bisogna "ribadire, ribadire, ribadire".

Intanto, alcuni hanno finito e chiudono i libri con fracasso; la tavola è apparecchiata, il desinare è pronto. Ma in tre o quattro camere si dibattono ancora, come in tante gabbie, tre o quattro disgraziati, sbuffando, dimenandosi sullo seggiole e battendo i pugni sui tavolini: l'uno con un verso d'Orazio a traverso alla gola, l'altro impuntato nella chiusa d'un componimento che non vuol venire, un terzo che annaspa intorno ad una assaettata controprova di operazioni che delle differenze sconsolanti. Il padre, impaziente, fa le volte del leone intorno alla tavola; i ragazzi, affamati, s'impinzano di grissini; la minestra raffredda; la cuoca brontola che il desinare va a male; la signora va e viene come un'anima in pena; tutta la casa è in agitazione.... Finalmente, tutti hanno terminato. Ora ci sarà un po' di pace.... Che illusione! La scuola invade anche la mensa. Sei voci sonore e infaticabili ricadono ostinatamente sulla cronaca giornaliera dei sei istituti, criticando lavori, riferendo rimproveri e spropositi, monellerie di colleghi, passi d'autori, parole greche e latine, motti di maestri e di professori. E son dieci, venti, trenta tra professori, maestri, direttori, direttrici e presidi, continuamente citati, ritrattati, commentati, rivoltati per tutti i versi e serviti in tutte le salse. La signora vorrebbe parlare delle sue faccende di casa e delle sue visite, e l'avvocato dei suoi affari e dei suoi amici: domandano un poco di respiro, pregano, comandano: li fanno chetare alla fine e ottengono un momento d'attenzione. Ma subito dopo la scuola riprende il di su, la studentessa e il liceista s'accapigliano per la strofa alcaica, l'alunna della professionale offende quella delle elementari con una frase sprezzante, lo scolaro delle tecniche consulta l'universitario "sui mezzi di sussistenza del potere pubblico", e s'impegnano discussioni minute e interminabili sulle difficoltà comparate dei corsi e delle materie, paragoni tra i professori, controversie sull'italianità d'un vocabolo e sui confini d'un continente.... E poichè, gli uni divorando e gli altri vociando, questi cominciano a mangiare un piatto quando gli altri finiscono, il servizio procede alla diavola, alla signora salta la bizza, il padre pesta i piedi e mastica sagrati, e mentre il servitore, rientrando in cucina con l'orecchio intronato dai soliti nomi, domanda alla cameriera: — Chi sarà mai questo vescicante di Senofonteo? — la cuoca, rimproverata per il riso stracotto, sbatte le molle nel muro, gridando:— Non si campa più in questo manicomio di professori!

Ma suona anche l'ora della pace. Quando tutto l'Ateneo è addormentato, il signore e la signora tirano un lungo respiro, dimenticando a un tratto il martirio patito, poichè, in fondo, sono alteri tutti e due dell'aura intellettuale che spira nella loro casa, ed hanno per il proprio sangue un'ammirazione tenerissima, alla quale danno sfogo ogni sera, mentre s'avviano lentamente verso la camera matrimoniale. Che la lingua sciorinata con così franca disinvoltura da quei bravi figliuoli non sia che un tessuto vernacolo ritinto d'italiano e rabescato di barbarie e di pedanteria, del quale, poveretti, non si spoglieranno più per la vita; che quei giovani cervelli non siano che magazzini di fatti, di parole e di date, sotto a cui gli strumenti della ragione, non affinati dall'esercizio, rimangono informi e arrugginiscono; che da quei magazzini di cognizioni monche e affastellate scappi ogni giorno, per le spaccature del solaio sovraccarico, altrettanta roba di quanta ce n'entra, e che di mezza quella che resta essi dovranno disfarsi più tardi, con molta fatica e spreco di tempo, come d'una inutile rigatteria, per far posto a mille cose necessarie che ora disprezzano; il buon padre e la buona madre non se lo sognan nemmeno. Che sotto l'accumularsi di tutta quella borra accademica non s'ingentilisca il loro cuore, s'innalzi il loro carattere, arda una scintilla d'entusiasmo per alcuna grande idea; che anche nel boccino dei più piccoli brilli già una meta fissa d'ambizione mondana, a cui correranno a qualunque costo e per qualunque via, facendo a schiaffi e a pedate, senza veder altro scopo riconoscere altra legge alla vita; che, infine, crescendo sotto l'imminenza della rivoluzione più formidabile e più logica della storia, essi non vi siano preparati in alcun modo a scuola in casa, e le vadano incontro alla cieca, portando intatti tutti i pregiudizi ereditari e l'egoismo spensierato e le illusioni miserande della loro classe, come gente briaca che corra per una china fiorita a un abisso; di tutto questo i due onesti coniugi non hanno il più lontano sospetto.

Quei cari figliuoli sanno tante cose! Quanto son più innanzi che non fossero il padre e la madre all'età loro! Veramente, un gran passo avanti s'è fatto.... Ed essendo quella la dolce ora soporifera, in cui si cerca di ravviare tutti i fili attorti delle cure domestiche e di abbellir con l'immaginazione ogni cosa per potersi addormentare a cuor tranquillo, si mettono tutti e due all'opera piacevole con un buon accordo di concertisti. Il primogenito è una fantasia un po' sbalestrata e ribelle agli studi; ma ha tanta vita e tanta arguzia! Metterà giudizio più tardi e si leverà sugli altri con un colpo d'ala. La figliuola grande ha in orrore le faccende di casa; ma saprà tenere una conversazione da far insuperbire un marito. La seconda è dura al pianoforte, ma scrive come un angelo. Amalia è un piccolo portento di memoria. Il figliuol minore ha il dono della parola, non c'è casi: ha la gloria del Foro davanti a , certissima, come se la pagasse un tanto l'anno a una Società d'assicurazioni. E quanto al liceista, non c'è da discorrerne, perchè è sempre stato la testa forte della famiglia. E in fin dei conti, salvo qualche scartata perdonabile, sono anche tutti buoni, convien riconoscerlo, dalla punta dei piedi alla punta dei capelli. E l'uno rileva i meriti dimenticati dall'altro, si citano a vicenda le arguzie e i motti precoci, e ripetono gli elogi a prezzo fisso dei ripetitori, alternando le parole tenere e le esclamazioni ammirative, fin che adagiano il capo sui cuscini. E allora si voltano tutti e due come per confidarsi un secreto, mossi da uno stesso pensiero: — Insomma, gli affari vanno bene. Regaliamo un'altra perla alla patria.

 

 

 

Fine.

 

 

 

 



«»

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (VA2) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2010. Content in this page is licensed under a Creative Commons License